All'alba di oggi, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia dell'Aquila, è scattata l'operazione "Terre d'oro" su un traffico illecito di rifiuti speciali, terre e rocce da scavo, con la contestazione dei reati di attività organizzata per il traffico illecito e la discarica abusiva.
Sono state eseguite quattro misure cautelari degli arresti domiciliari, una misura interdittiva del divieto temporaneo di esercizio d'impresa, recapitati 18 avvisi di garanzia, è stato disposto il sequestro di 7 siti e di 13 autocarri, il sequestro per equivalente di tre milioni di euro eseguito dagli uomini del Gico della Guardia di Finanza dell'Aquila e di oltre 400 mila metri cubi di materiale: la maxi operazione ha visto impegnati cento forestali, trenta pattuglie ed un elicottero.
In particolare, sono finiti agli arresti domiciliari i vertici e i tecnici della società Emoter srl, prima denominata Emoter sas, e della Eco Strade sas: Filippo Colanzi, 50 anni di Chieti, Carmen Pinti, 47 anni di Bucchianico (Chieti), Gianluca Milillo, 43 anni di Sulmona (L'Aquila), Massimiliano Di Cintio, 42 anni di Pescara. E' stata invece disposta la misura interdittiva dell'esercizio d'impresa per l'amministratore unico della Emoter Lavori, Emanuele Colanzi, 26 anni di Guardiagrele (Chieti). Sono diciotto gli indagati a piede libero che, a vario titolo e in concorso tra loro hanno partecipato all'ipotesi delittuosa (proprietari di terreni compiacenti e professionisti): Bruno Maria Bazzoni, 69 anni di Brescia, Giuliano Garavello, 56 anni di Forli'-Cesena, Alberto Voltolina, 43 anni di Chioggia (Venezia), Antonio Di Muzio, 52 anni di Chieti, Remo Alessandro Ghignone, 74 anni di Milano, Vera D'Agostino, 56 anni di Moscufo (Pescara), Enzo Perilli, 49 anni di Atri (Teramo), Carmine Rafani, 66 anni di Bucchianico (Chieti), Carla Rubino, 66 anni di Bucchianico (Chieti), Luigi Renzitti, 65 anni di Penna Sant'Andrea (Teramo), Emano Natale, 65 anni di Montesilvano (Pescara), Osvaldo Amico, 48 anni di Lecce ed infine Doriana Buccarello, 44 anni, svizzera.
Sette invece le società interessate da provvedimenti sanzionatori di illecito amministrativo dipendendente da reato: la E.co. Strade sas, la Emoter srl e la Emoter Lavori srl, la Energia Verde spa, la Soim srl, la Saline srl, la Akka srl, l'Associazione 'Fondazione Figlie dell'Amore di Gesù e Maria Onlus'.
"L'indagine nasce nel 2011 a seguito di un banale controllo in un cantiere per la realizzazione di un concessionario", ha spiegato Ciro Lungo, Comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato. "In principio è emersa una gestione poco attenta dei formulari che dovrebbero sempre accompagnare il traporto dei rifiuti. Con il prosieguo delle indagini, però, abbiamo scoperto una doppia contabilità: la prima falsa, di facciata, che soddisfaceva i requisiti di legge, la seconda nascosta, una vera e propria banca dati informatizzata sul movimento di terre e rocce da scavo".
La normativa sulle terre e rocce da scavo prevede che possano essere trasportate o spostate in sito o ex sito sulla scorta di un piano di utilizzo notificato alle autorità, altrimenti sono da considerarsi rifiuti speciali. "Nei cantieri oggetto di verifica in 'Terre d'Oro' - ha sottolineato Anna Maria Angelozzi, Commissario capo del Corpo Forestale di Pescara - il piano di utilizzo veniva completamente disatteso, ovvero si riscontrava l'assenza stessa del piano. Per limitare i costi di trasporto e, contestualmente, evitare i costi di smaltimento del materiale di scavo o quello di campionamento e analisi degli oltre 400 mila metri cubi manipolati".
Come anticipato dal Comandante regionale Lungo, "l'indagine nasce nel 2011 a seguito di un controllo a Pescara che ha accertato delle irregolarità sulla manipolazione di rocce e terre da scavo e sulla relativa documentazione accompagnatoria. In particolare - ha chiarito Anna Maria Angelozzi - la ditta esecutrice dei lavori ha prodotto formulari che hanno insospettito gli inquirenti. Le indagini hanno poi scoperto la contabilità occulta dove venivano registrati, cantiere per cantiere, tutti i reali movimenti di terre e rocce da scavo, specificando data, autista impiegato per il trasporto, quantitativo giornaliero trasportato, sito di carico e scarico che, solitamente, non erano lontani".
Lo smaltimento dei rifiuti - nel tempo - ha dato luogo a diverse discariche, sia su terreni sottoposti a vincolo idrogeologico e paesaggistico, sia su terreni ad elevata pericolosità idrogeologica ed idraulica. Il caso più eclatante riguarda il 'Megalò', a Chieti, dove sono state riempite aree a monte e a valle del centro commerciale, tra cui una cassa di espansione del fiume Pescara, per una superficie complessiva di circa 8 ettari. "Dai rilievi del Genio Civile sono stati stimati riempimenti fino a 3-4 metri in destra idraulica del fiume, a valle del centro commerciale, alterando in modo significativo l'equilibrio idraulico del corso d'acqua", ha spiegato ancora Anna Maria Angelozzi.
Inquietante, pensando alla piena del fiume che ha sconvolto Pescara nel 2013. "Non siamo riusciti a dimostrare pienamente la connessione tra i riempimenti e gli eventi alluvionali", ha precisato Ciro Lungo. "Certo è che c'è stata una sensibile alterazione, nel tempo".
La vicenda 'Megalo', tra l'altro, si è arricchita di ulteriori particolari. Nel corso delle indagini, infatti, la Forestale si è imbattuta in un illecito ben più strutturato che riguarderebbe lo sfruttamento di alcuni terreni nell'area vasta dove sorge il centro commerciale e dove sono previste nuove speculazioni edilizie. Nell'ambito di questo stralcio di indagine, gli investigatori hanno evidenziato alcuni particolari che farebbero pensare a veri e propri fenomeni di corruzione per la realizzazione dei lavori. Si indaga da mesi, sulla base di denunce circostanziate e documentate.
Il procedimento penale 'stralcio' vede coinvolto - con l'accusa di corruzione - il sindaco di Cheti, Umberto Di Primio.
I due procedimenti, in carico agli stessi pubblici ministeri, hanno in comune un indagato, Enzo Perilli, titolare della 'Akka', società legata al progetto 'Megalò', il presunto corruttore. La squadra mobile di Pescara e il Corpo Forestale, che hanno cominciato ad indagare su Perilli partendo da un altro filone di indagine, avrebbero rilevato, tra l'altro, degli elementi di responsabilità in merito allo smaltimento illecito di rifiuti (tra marzo 2010 e aprile 2013), incrociando così l'attività di indagine relativa all'altro procedimento, sfociato nell'operazione 'Terre d'oro'. Per l'ipotesi di corruzione, secondo la ricostruzione degli investigatori, Perilli avrebbe corrotto il sindaco di Chieti ed un funzionario regionale con la promessa di utilità economiche per la realizzazione di 'Megalò tre', il progetto di ulteriore sviluppo del grande centro commerciale di Chieti Scalo.
La squadra mobile di Pescara ha effettuato perquisizioni sia nel Comune di Chieti sia nell'abitazione privata del primo cittadino, tra Francavilla al Mare e Chieti. Risulta indagato in questo filone di inchiesta, sempre per corruzione, anche Michele Colistro, segretario generale dell'Autorità dei bacini, oggetto di perquisizioni a casa e negli uffici.
Tra il 2012 e il 2013, l'Autorità di Bacino (prima della nomina di Colistro) e il Genio civile regionale avevano emesso una serie di provvedimenti ostativi in merito a 'Megalò tre', essendo stata rilevata la variazione delle quote altimetriche delle aree golenali, avvenuta a seguito degli illeciti reinterri di materiali su cui ha indagato il Corpo Forestale dello Stato. Colistro, sempre stando a quanto emerso durante le indagini, avrebbe emesso un parere discordante con il suo predecessore escludendo che l'area in questione fosse soggetta a rischi idraulici e si sarebbe detto disponibile a variare il 'Piano stralcio difesa alluvioni' vigente seguendo, in questo modo, le indicazioni di Enzo Perilli.
In cambio, avrebbe ricevuto dall'imprenditore una carta 'Poste pay' ricaricabile, la possibilità di utilizzare un immobile a Montesilvano e la concessione di incarichi professionali a titolo oneroso. Il sindaco Di Primio, invece, allo scopo di permettere la realizzazione del progetto imprenditoriale di Perilli, si sarebbe impegnato ad adottare o far adottare dagli uffici comunali tutti i provvedimenti amministrativi di competenza, quali i permessi a costruire. Avrebbe inoltre promosso e votato favorevolmente una delibera di Giunta, a ottobre 2013, con cui veniva autorizzato a costituirsi nel giudizio promosso dinanzi al Tar Abruzzo dalla società Akka per l'annullamento del provvedimento del Genio civile che cancellava, di fatto, il precedente parere di compatibilità geomorfologica.
In cambio, avrebbe ricevuto la promessa di un sostegno economico (non meglio quantificato) per la campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative del 2015 per il rinnovo del Consiglio comunale di Chieti e la promessa di un sostegno economico (anche in questo caso non meglio quantificato) per le sue pendenze debitorie.
Questo, almeno, il quadro ricostruito fino ad oggi dagli investigatori.
Le reazioni
Di Primio: "Sereno perché ho agito nella regolarità"
Il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, accusato di corruzione, si dice "sereno" poiché avrebbe sempre agito "nella regolarità".
"Questa mattina - ha spiegato il primo cittadino - sono stato raggiunto da un decreto di perquisizione e contestuale sequestro nell'ambito di un procedimento penale incardinato dinanzi la Procura della Repubblica di L'Aquila, direzione distrettuale antimafia, nel quale risulto essere, insieme ad altri, indagato. Nel corso della perquisizione effettuata presso il mio domicilio e presso l'ufficio del Comune ho messo a disposizione degli agenti di polizia giudiziaria tutto quanto era in mio possesso, sia in termini di documenti che di supporti informatici. Pur se per professione sono abituato a vivere situazioni come quella capitatami questa mattina - prosegue Di Primio - non posso negare il dispiacere nel vedermi tirato dentro una indagine le cui circostanze, in parte non conosco assolutamente, mentre per le altre, quelle che mi riguarderebbero, mi vedono assolutamente sereno perché convinto di aver fatto tutto nel massimo della regolarità e della trasparenza senza aver creato vantaggio per alcuno, né aver ottenuto alcunchè. Al di là dell'amarezza personale, perché coinvolto in questioni per le quali, ripeto, o sono totalmente estraneo o comunque ho certezza di non aver fatto nulla che valicasse il limite della legittimità, il primo pensiero va alla mia famiglia e alle tante persone che credono in me e che, inevitabilmente, loro malgrado, saranno toccate da questa vicenda".
Rifondazione Comunista: "Inchieste confermano le nostre battaglie"
"Anche in questo caso avevamo visto giusto. Come al solito le nostre battaglie vengono confermate da inchieste della magistratura che disvelano gli intrecci tra politica, dirigenti pubblici e affaristi. Noi siamo partiti da uno scandalo alla luce del sole, quello del Prusst Megalo' gia' realizzato e dal cercare di bloccare gli altri due progetti che per farmi capire sono denominati Megalò 2 e Megalò 3".
Si legge in una nota firmata dall'esponente di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo, già consigliere regionale, intervenendo sull'inchiesta che vede coinvolto anche il sindaco di Chieti Umberto Di Primio. "Ricordo lo scontro polemico che ebbi col sindaco Di Primio che stranamente schierò il Comune a difesa di interventi che avrebbero ulteriormente danneggiato, anche dal punto di vista socio-economico, il commercio di Chieti nonché di Pescara. Pensavo - prosegue Acerbo - che la posizione del sindaco derivasse da quella rozza mentalità condivisa dagli esponenti politici di centrodestra e centrosinistra che hanno consentito negli anni che l'area metropolitana Chieti-Pescara diventasse quella con la maggiore densità di grande distribuzione d'Abruzzo. Pare emergere, come in altre occasioni, che quelli che si scontrano con noi sovente non lo fanno solo per motivi politici. Ricordo anche che quel Prusst partì col centrodestra ma che non fu cancellato nei 5 anni di amministrazione di centrosinistra di Chieti e che solo noi di Rifondazione con il Wwf lo abbiamo contrastato evidenziandone le molteplici incongruenze. Probabilmente - aggiunge ancora l'esponente di Rifondazione - quelli emersi sono soltanto un pezzo degli intrecci tra politica, dirigenti di enti pubblici e interessi privati che hanno consentito nel corso degli anni un'operazione speculativa in zona di esondazione del fiume. Ora bisogna esigere che Comune e Regione cancellino definitivamente quel Prusst della vergogna e che quelle aree siano definitivamente risanate e vincolate. Ancora una volta - commenta infine Maurizio Acerbo - si conferma che la questione morale è un'emergenza in Abruzzo e che una politica di saccheggio e avvelenamento del nostro territorio si accompagna sempre al clientelismo e alla corruzione".
WWF: "Seguiamo con attenzione gli sviluppi del procedimento giudiziario"
"Il Wwf segue con attenzione gli sviluppi del procedimento giudiziario che ha portato questa mattina ad arresti, perquisizioni e denunce in relazione a un presunto traffico di rifiuti in qualche modo connesso anche al cosiddetto 'Megalò 3', uno dei due maxi progetti di cementificazione dell'area a ridosso del centro commerciale già esistente, assurdamente realizzato in un'area golenale del fiume Pescara".
Così l'associazione ambientalista in una nota. Il Wwf aveva presentato in proposito un proprio esposto, protocollato il 5 febbraio dello scorso anno, alla Procura della Repubblica di Pescara e a quella di Chieti. Nell'esposto, corredato da una ampia documentazione, si segnalavano una serie di fatti sui quali si chiedeva di far luce, sia in relazione a Megalò 3 che a Megalò 2. Tra l'altro si evidenziava la persistenza di un deposito di terra non autorizzato già oggetto di una denuncia e del sequestro dell'area e si segnalavano alcune incongruenze amministrative in relazione ai procedimenti autorizzativi.
"Non sappiamo se il nostro esposto sia o meno uno di quelli che hanno generato l'inchiesta - sottolinea il presidente del Wwf Chieti, Nicoletta Di Francesco - ma questo poco conta: è importante invece che sia intervenuta la magistratura per fare chiarezza in un procedimento, quello della cementificazione di fatto di una vasta area golenale, nato male e gestito peggio. In quella zona non si sarebbe mai dovuto edificare; nel quadro di una saggia gestione del territorio si dovrebbe pensare eventualmente a delocalizzare il mal costruito, mai e poi mai ad aggravare la situazione con altre costruzioni. In ogni caso ci tengo a precisare che gli eventuali guai giudiziari nei quali potrebbero essere coinvolti vari personaggi sono generati da comportamenti illegali da parte degli stessi, sempre che siano accertati, e non gia' da chi segnala in un esposto quei comportamenti illegali. Ricordo infine che il Comune di Chieti nella causa di fronte al Tar su Megalo' 3 aveva dato mandato ai propri legali di schierarsi accanto agli imprenditori, una scelta che il Wwf censurò duramente".
"Bisogna attendere con fiducia gli sviluppi dell'inchiesta in corso - afferma l'avvocato Francesco Paolo Febbo, che tutela gli interessi del Wwf - confidando che si faccia chiarezza su tutti gli aspetti di una vicenda che ha palesemente evidenziato come in certi ambienti della politica abruzzese ci sia stata una eccessiva attenzione agli interessi di pochi a discapito di quelli della gran parte dei cittadini e della tutela del territorio".
"Il Wwf - si legge ancora nella nota dell'associazione ambientalista - in questi anni ha portato avanti un'azione costante contro i devastanti progetti sul fiume: a Chieti si è verificata l'incredibile vicenda di un Prusst (acronimo di: 'Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio'), che è stato 'utilizzato per danneggiare il territorio anziché per riqualificarlo', come sottolineato anche in una interrogazione del deputato Gianni Melilla al ministero delle Infrastrutture. Un Prusst che dovrebbe essere definitivamente cancellato per evitare ulteriori devastanti colpi di coda".