Mercoledì, 11 Febbraio 2015 00:11

Appello Grandi Rischi, le motivazioni: "Non erano gli scienziati a dover informare"

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Le 389 pagine di motivazioni della sentenza d'appello 'Grandi rischi' demoliscono quella di primo grado, mettono gli scienziati al sicuro in una botte di ferro e individuano nell' 'operativo' Bernardo De Bernardinis, allora Vice Capo della Protezione Civile, l'unico capro espiatorio (condannato a due anni con pena sospesa, ma solo per una parte dei decessi e delle lesioni coplose riconosciute in primo grado).

Gli altri imputati Franco Barberi, Enzo Boschi, Michele Calvi, Claudio Eva Giulio Selvaggi e Mauro Dolce accusati di omicidio e lesioni colpose plurime (e assolti in secondo grado perché "il fatto non sussiste") per la Corte stavano semplicemente svolgendo una riunioncina che va "ricondotta al paradigma delle 'ricognizioni, verifiche e indagini' che 'in ogni momento' il Capo della DPC può richiedere ai componenti della CGR".

Qualcosa insomma che in assenza del numero legale di 10 membri (solo i primi quattro dei nomi citati sopra sono ufficiali componenti della Cgr) per i giudici "non risponde a nessuno dei criteri legali che valgono a identificarla come riunione della Commissione Nazionale Grandi Rischi". Peccato che gli aquilani non lo sapessero.

Ma non solo. In ogni caso - si legge sempre nelle motivazioni - "come da convocazione" si chiedeva agli scienziati "un'attenta disamina degli aspetti scientifici e di protezione civile relativi alla sequenza sismica e quindi 'senza finalità di informare la cittadinanza'".

Se per il Tribunale Bertolaso ha convocato la riunione a L'Aquila per porre in essere quella che lui stesso aveva definito un'"operazione mediatica" al fine di attuare una comunicazione diretta tra gli scienziati e la cittadinanza, come rinvenibile nel comunicato stampa diffuso dal DPC la sera del 30 marzo ("...con l'obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane"), per la Corte "non vi è prova che tale intento fosse conosciuto e condiviso dagli esperti".

Per il colleggio giudicante - che a pagina 215 dedica all'argomento uno specifico paragrafo denominato 'la condotta di informazione' - solo De Bernardinis aveva il compito di informare. Solo a lui e al dipartimento di Protezione Civile, andrebbero quindi ricondotti i titoli usciti sui giornali che riportavano messaggi rassicuratori attribuendoli alla CGR, ma che in realtà - scrive la Corte - sono attribuibili al solo De Bernardinis per quanto detto "prima della riunione" nella fatidica intervista all'emittente TVuno (quella del Montepulciano).

Ecco alcuni lanci del primo aprile 2009:

Il Corriere della sera:"CGR riunita in fretta e furia per rassicurare la popolazione che non c'è alcun pericolo in corso"

Studio aperto: "Il pericolo non c'è"

TG4: "Gli esperti invitano la popolazione a stare tranquilla"

TG1: "179 scosse dall'inizio dell'anno, la terra trema a L'Aquila. E' solo uno sciame sismico: così rassicurano gli esperti. Ma la paura c'è".

La Corte dunque, sostiene che il Tribunale "ha fatto confusione scambiando il piano comunicativo esterno - valorizzato dal comunicato stampa diramato dal DPC - con quello valutativo interno - delimitato dalla lettera di convocazione".

Eppure Barberi, presidente della Commissione, era presente anche nella conferenza stampa seguita alla riunione, quella di cui non si ha l'audio tranne che per un piccolissimo stralcio recuperato dalla trasmissione Presa diretta in cui sempre De Bernardinis afferma: "...[le scosse] potrebbero durare parecchio... ma non ci si aspetta una crescita della magnitudine rispetto agli eventi..."

Quindi anche in seguito alla riunione con gli scienziati il vice capo della Protezione civile con al fianco Barberi e con Dolce e Calvi presenti in platea, non sembrava aver abbandonato una retorica rassicuratoria priva, evidentemente, di alcun valore scientifico.

D'altronde anche nella bozza di verbale (agli atti) della riunioncina, che riporta nell'intestazione "Commissione grandi rischi" senza alcun cenno al numero legale, Enzo Boschi afferma: "Escluderei che lo sciame sismico sia preliminare di eventi" e Franco Berberi: "Questa sequenza sismica non preannuncia niente". Elementi che la Corte evidentemente non ha ritenuto sufficientemente importanti a differenza del contenuto delle interviste rilasciate dopo la conferenza stampa da Barberi, Cialente e De Bernardinis in cui invece, sottolineano nelle motivazioni, non sono contenute (più) espressioni di segno rassicurante nemmeno dal vice capo della Protezione Civile. 

Ma De Bernardinis viene giudicato colpevole perché viene riconosciuto il nesso di casualità tra le sue affermazioni e le morti e le lesioni di alcune delle parti civile anche se "a prescindere dalla legge di copertura individuata dal primo giudice nel cosiddetto 'modello delle rappresentazioni sociali' e da qualsiasi altra legge di copertura".

Un nesso di causalità dunque riconosciuto solo per le morti di Carosi Claudia, Liberati Vezio, Ciancarelle Elvezia, Visione Daniela, Cinque Matteo, Massimino Patrizia, Cora Alessandra, Cora Antonella, Placentino Ilaria, Spaziani Claudia, Vittorini Fabrizia e Alloggia Silvana.

Mentre a differenza del primo grado di giudizio tale nesso non viene più riscontrato secondo la Corte per le morti di Berardini Giovanna, Giugno Luigi, Giugno Francesco, Bonanni Anna Bernardino, Fioravanti Claudio, Ianni Franca, Tomei Paola, Russo anna Maria, Germinelli Rosa, Chiara, Giuseppina e Michela, Parisse Domenico, Parisse Maria Paola, Rambaldi Ilaria, Husseim Hamada, e le lesioni procurate a Fulcheri Ana Paola, Di Bernardo Cinzia, Shaim Hisham, Cacioppo Stefania.

"Prima dell'inizio della riunione - si legge nelle motivazioni in riferimento a De Bernardinis - diede ai cittadini senza prima verificarne la fondatezza scientifica, notizie non corrette e imprecise sia sulla rilevanza dell'attività sismica in atto, sia suoi suoi possibili sviluppi, affermando che lo sciame in corso si collocava in una fenomenologia senz'altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si dovevano aspettare, che non vi era pericolo e che la situazione era favorevole perché era in atto uno scarico di energia continuo", attuando dunque "una condotta negligente e imprudente nel fornire alla popolazione informazioni sull'attività sismica che era in corso nella zona di L'Aquila alla data del 31 marzo 2009".

Parole dure infine nelle 389pagine verso il giudice di primo grado Marco Billi che "trae conclusioni incerte e fallaci" e "inidonee a costituire la base dell'accusa di omicidio colposo plurimo".

Non sono da meno i riferimenti verso i Pm Fabio Picuti e Roberta D'Avolio, e alla legge di copertura di natura sociologica del professor Antonello Ciccozzi, fatta propria dal primo giudice.

Insomma il caso dell'Aquila che poteva essere una "lezione" per la scienza - come si è detto in alcuni ambienti scientifici - così non è (più), parola della magistratura, che invece piuttosto ha dato una lezione a sé stessa ribaltando completamente il primo grado di giudizio (in attesa del terzo ed ultimo) e rafforzando il dubbio che la commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009 fu solo una finta, una messa in scena, un "operazione mediatica". Una truffa?

 

Il testo completo delle motivazioni.  

Grandi Rischi

Ultima modifica il Mercoledì, 11 Febbraio 2015 22:25

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