"Ricostruire com'era e dov'era è sacrosanto ma non il com'era e dov'era dell'abuso edilizio, dello sfascio, dello sfregio. Anche sugli edifici storici si vedono cose, dai colori al trattamento dei palinsesti architettonci, che forse si potevano fare meglio".
A parlare è lo storico dell'arte Tomaso Montanari, ospite di un convegno sul restauro e la ricostruzione organizzato da Italia Nostra L'Aquila presso l'aula magna del Dipartimento di Scienze Umane.
Montanari - uno dei relatori del convegno insieme allo storico Raffaele Colapietra, al responsabile del Cnr L'Aquila Giandomenico Cifani e al professore della facoltà di Ingegneria dell'Università dell'Aquila Mario Centofanti - è tornato all'Aquila due anni e mezzo dopo la giornata degli storici dell'arte "L'Aquila 5 maggio - Ricostruzione civile", organizzata insieme a Salvatore Settis; un evento al quale partecipò anche l'allora ministro dei Beni culturali Massimo Bray.
Pur riconoscendo i passi avanti fatti nella ricostruzione, con le centinaia di cantieri partiti in centro storico, Montanari non lesina critiche, soprattutto per l'assenza di un disegno, di un'idea di città: "Indubbiamente ritrovo una città in cui si sta lavorando molto. Ma due anni fa noi chiedemmo una ricostruzione civile, non solo una ricostruzione dei monumenti. A parte il fatto che molti monumenti mi sembrano ancora molto indietro, quello che mi colpisce è che in centro non stiano tornando i cittadini. Ho visto e mi hanno detto che ci sono interi aggregati restaurati pronti per tornare a essere abitati. Quando ho chiesto perché fossero ancora disabitati, mi hanno risposto che non ci sono i servizi, non ci sono i negozi ed è difficile avere l'allacciamento del gas. Quello che manca è una politica, un governo, un progetto per la città. Allora noi provammo a spiegare che le città non sono fatte solo di pietre. Se la politica è l'arte di costruire la città, questa ricostruzione non può essere solo materiale".
Senza un progetto urbano definito e lungimirante, afferma lo storico dell'arte, si va avanti per iniziative estemporanee e interventi spot, come quelli dei parcheggi interrati con annessi centri commerciali.
Montanari, anni fa, si era espresso in maniera molto critica sull'idea, avanzata da Massimo Cialente e poi accantonata, di realizzare un parcheggio sotterraneo a piazza Duomo, con negozi, ristoranti e boutiques. Progetto riproposto praticamente uguale per la Fontana Luminosa.
Secondo Montanari, L'Aquila è, da questo punto di vista, una sorta di laboratorio del futuro, una palla di vetro dove è possibile scorgere l'avvenire di tutte le città d'arte italiane: "Anche a Firenze e a Roma abbiamo visto progetti analoghi. Queste opere servono soprattutto a chi le fa. Abbiamo il vizio di pensare ai centri storici come a dei contenitori che non sappiamo bene come usare, da riempire di funzioni che sono spesso funzioni private. Quando non c'è un progetto di città, ci sono solo spezzoni ispirati a singoli interessi e non all'interesse generale".
Un'altra battaglia intellettuale combattuta in questi anni da Montanari - che ha ispirato anche il suo ultimo libro, Privati del patrimonio - riguarda la privatizzazione, declinata in varie forme, del patrimonio culturale pubblico.
Per questo gli chiediamo cosa pensi dell'operazione di restauro della basilica di S. Maria di Collemaggio finanziata dall'Eni, che, pur non essendo un'azienda privata, persegue comunque, come obiettivo principale, quello del profitto.
"Siamo tutti grati all'Eni" dice Montanari, che però poi precisa "Sarebbe stato meglio non consentire all'Eni di pagare le tasse in Olanda e in Inghilterra e con i soldi delle tasse far sì che fosse lo Stato a occuparsi direttamente del restauro. Eni ha un ruolo oscuro in tante parti del mondo, come la Nigeria. Siamo sicuri che mettere il patrimonio al servizio dell'immagine dell'Eni sia un affare, non per Collemaggio ma per la democrazia italiana? E' questa la vera domanda".