"I lieti giorni di Napoli" è il suggestivo titolo di una raccolta di brani vocali composti nel 1611 da Girolamo Melcarne detto il Montesardo e rappresenta da parte del musicista pugliese il tentativo di riprodurre e diffondere a Napoli il nuovo stile monodico sperimentato negli anni trascorsi a Firenze. Girolamo Montesardo, così chiamato dal nome della località in cui nacque intorno al 1580, Montesardo di Alessano, prima di arrivare a Napoli infatti, svolse l’attività di musicista, cantore e maestro di cappella in diverse città italiane e la prima testimonianza musicale che lo riguarda risale al febbraio del 1603, anno in cui ricopre il ruolo di organista presso la basilica romana di S. Maria in Trastevere.
Tra il 1606 e il 1607 lo troviamo a Firenze ma già nell’aprile dello stesso anno si trasferisce a Bologna dove fu cantore nella basilica di S. Petronio. Nel 1608 cambiò nuovamente città divenendo da aprile a novembre del 1608 maestro di cappella nella cattedrale di Fano mentre nel 1609 si sposta ancora per assumere il ruolo di maestro di cappella del duomo di Ancona.
Nel corso di questi intensi anni tra un incarico e l’altro e da una città all’altra, comincia a dare alle stampe le sue composizioni. Le sue due prime opere pervenuteci risalgono al periodo in cui si stabilisce a Firenze perché era «desiderosissimo di sentire, e godere li canori Cigni, del nuovo Parnaso di questa virtuosissima città» e di servirne la «virtuosa nobiltà» come dichiara nella lettera di dedica a Francesco Buontalenti che accompagnava il suo primo lavoro pubblicato nel 1606 con il titolo di Nuova inventione d’intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola.
Nel 1608 viene pubblicata, sempre a Venezia, un’altra opera che rivelava nel titolo L’allegre notti di Fiorenza, il suo coinvolgimento nel progetto musicale che si andava affermando: la monodia accompagnata.
In quest’opera, dedicata a Piero Francesco Bardi, figlio di Giovanni, noto soprattutto per la lettera a Giovanni Battista Doni in cui racconta della celebre «camerata» del padre, dimostrava la comprensione verso i nuovi generi che si stavano affermando in quegli anni a Firenze.
L’allegre notti di fiorenza ... dove intervengano i più eccellenti musici di detta città musiche a una, due, tre, quattro, e cinque voci è una raccolta brani musicali da una a cinque voci ed il Montesardo immagina che queste musiche vengano eseguite durante veglie notturne nelle piazze fiorentine da una nobile brigata di gentiluomini e musicisti importanti della Firenze del tempo tra cui: G. Del Turco, A. Malvezzi, G. Bardi ed anche Jacopo Peri e Giulio Caccini.
Gli spostamenti di Girolamo proseguono probabilmente alla ricerca di un’affermazione professionale più appagante e nel 1611 si stabilisce a Napoli dove pubblica nel 1612 un nuovo libro di musiche: I lieti giorni di Napoli, concertini italiani in aria spagnuola a due, e tre voci con le lettere dell’Alfabeto per la Chitarra…. Opera XI. Sempre in quell’anno lasciò probabilmente Napoli per far ritorno a Lecce, è infatti dedicata ad Angelo Gallone, barone di Tricase, una raccolta di musica sacra pubblicata a Venezia nel 1612. Montesardo ricoprirà infine l’incarico di maestro di cappella del duomo di Lecce come afferma in un libro di mottetti, oggi perduto, stampato a Venezia nel 1619, dove rimase sicuramente fino alla morte avvenuta prima del 1643.
L’opera "I lieti giorni di Napoli", dedicata dal Montesardo al viceré Pedro Fernández de Castro, conte di Lemos, è realizzata, come dichiarato nella prefazione come contraltare alla precedente opera fiorentina con il chiaro intento di lodare Napoli e la sua bellezza. Girolamo infatti scrive: "Ampie e illustre Città sono per l’Italia: ma fra tutte la più vaga, e più gentile (dicono) sia Napoli, che se ben in un’altra Opera di Musica lodai Fiorenza, per le notti allegre, non mi pareva conveniente tacer le devute lodi della mia bella, e gentile Napoli…".
I lieti giorni è una raccolta di diciotto brani vocali composti da Montesardo mentre il penultimo brano dal titolo “O felice quel giorno” appartiene a Francesco Lambardi, compositore napoletano del tempo. I brani scritti da Girolamo nel nuovo stile fiorentino sono sette, tra questi il primo brano “O fortunati giorni”, in stile recitativo, ricorda fortemente quello della Dafne di Ottavio Rinuccini, mentre nel brano Ite sospiri – La stratiosa, un amante rivolge il suo pensiero ad una fanciulla di nome Amarilli di cacciniana memoria. La raccolta riveste inoltre anche un ulteriore interesse in quanto i brani vocali sono per la prima volta corredati dall’alfabeto per chitarra per la realizzazione del continuo.