Secondo i dati più recenti dell’Istat, in Italia sono 7 milioni le donne che, nella loro vita, hanno subito qualche forma di violenza fisica o sessuale. E anche se le denunce sono in calo – meno 13% tra novembre 2015 e novembre 2016 – rimangono sempre molte: 4 mila l’anno, quasi 11 al giorno. E 6 volte su 10 gli autori sono italiani.
Le denunce, tuttavia, non fotografano la realtà poiché molte donne – per paura di non essere prese sul serio, di subire delle ritorsioni o delle vendette, di essere messe sul tavolo degli inquisiti invece che delle vittime o anche di perdere il lavoro in un momento storico dove quest'ultimo o non c'è o è precario – decidono di non rivolgersi alle autorità o ai centri antiviolenza, col risultato che il fenomeno resta per lo più sommerso.
Anche per questo la Cgil ha deciso di lanciare una nuova campagna nazionale contro la violenza sulle donne con una serie di iniziative, iniziate ieri, sabato 30 settembre, con circa 100 cortei che si sono tenuti in altrettante città italiane.
A sfilare sono state migliaia di donne dietro lo slogan “Cosa indosso? La libertà”, per protestare contro quel pensiero, ancora largamente diffuso, che spesso trasforma le donne da vittime a imputate e le colpevolizza per attenuare le responsabilità degli uomini. E’ quell’idea secondo la quale lo stupro e le altre forme di violenza sessuale sono dovute a comportamenti provocanti delle donne, che in fondo "se la sono andata a cercare". Ma è anche quella retorica che porta a etichettare gli stupratori come “mostri”, “malati”, soggetti aberranti, geneticamente diversi da noi, facendo dimenticare che, invece, a picchiare, violentare e uccidere sono, nella stragrande maggioranza dei casi, mariti, fidanzati, compagni o ex.
I cortei e le manifestazioni di ieri costituiscono solo la tappa iniziale di una nuova battaglia che verrà condotta su più fronti e con vari strumenti, tanti quante sono le facce che la violenza sulle donne può assumere.
Perché non c’è solo la violenza fisica (abusi, lesioni), c’è anche lo stalking e ci sono forme più subdole, come il ricatto economico. Tutte accomunate da una caratteristica comune: la violenza psicologica, l’inferiorizzazione delle donne, la loro riduzione a soggetti privi di desiderio e autodeterminazione, da tenere in uno stato di paura e sui quali esercitare il potere.
A scendere in campo in questa nuova mobilitazione saranno in primis le donne di tutte le categorie della Cgil, dalla Fiom alla Fillea allo Spi fino alle Camere del lavoro.
E’ una lotta che vuole passare anzitutto attraverso una sorta di “bonifica” del linguaggio e della comunicazione – non ultima quella veicolata dai media – di restituzione del giusto significato alle parole, di abbattimento dei tanti luoghi comuni che ancora condizionano i dibattiti e i ragionamenti sulla violenza di genere. Ma che mira anche a costruire una nuova cultura del rispetto - a partire dalla scuola, dall’educazione primaria, e dalla famiglia – e a chiedere una reale applicazione delle leggi, delle convenzioni (come quella di Instanbul) e degli altri strumenti normativi di deterrenza e contrasto del fenomeno, che spesso rimangono lettera morta.
“Bisogna dare più risorse ai centri antiviolenza” chiedono le rappresentanti del sindacato “che i tagli al sociale di questi anni hanno privato di fondi e mezzi. A che serve aprirli se poi non li si mette in condizione di operare seriamente?”.
Nelle prossime settimane, seguiranno diverse iniziative, soprattutto giornate di raccolta firme (ne è stata già avviata una on-line sul sito www.progressi.org) e dibattiti.
L’Aquila: ancora tempi lunghi per la nuova Casa delle donne
Si prospettano tempi ancora molto lunghi per la realizzazione della nuova Casa delle donne dell’Aquila, che sorgerà in uno degli edifici dell’ex complesso dell'ospedale psichiatrico di Collemaggio.
Stando a quanto appreso da NewsTown, si sarebbe appena conclusa la fase della progettazione esecutiva, gestita dal Provveditorato alle opere pubbliche. A breve, dunque, si potrà passare alla gara d’appalto e quindi all’assegnazione dei lavori. Per i quali sono disponibili circa 3 milioni di euro, provenienti dai cosiddetti fondi Carfagna (l’ex ministro delle Pari opportunità) stanziati nel 2009. Finanziamento che, prima di arrivare a destinazione, ha conosciuto un iter travagliatissimo, che ha rallentato di molto i tempi [QUI la ricostruzione dell'intera vicenda].
In attesa che inizino i lavori a Collemaggio, sia la Casa delle donne che il centro antiviolenza che la biblioteca intitolata a Donatella Tellini continueranno dunque a svolgere le loro attività nella sede provvisoria di via Colagrande, nei locali forniti in comodato d’uso gratuito due anni fa dal comune dell’Aquila.
In dieci anni di attività, il centro antiviolenza ha trattato una media di 50 "contatti" l’anno, donne che si sono rivolte al personale volontario per denunciare casi di violenza.