Giovedì, 12 Aprile 2018 15:25

Campi Flegrei, Moretti: "Io speriamo che me la cavo..."

di  Antonio Moretti

Carissimi Geocuriosi, approfitto delle pagine di NewsTown per rispondere alle domande di tanti cittadini che vivono in prossimità dei Campi Flegrei e sono giustamente preoccupati sia dell’aumentare dell’attività fumarolica che dell’inefficienza (per usare un eufemismo…) della comunità scientifica “ufficiale”, anche se dovrei meglio dire “romana”, perché a Napoli ci sono fior di scienziati che studiano la zona da quando erano bambini e che meritano tutto il rispetto [qui].

Mi scrive Paolo Galasso: “Egregio Professore, vivo sui Campi Flegrei e siccome sento parlare di dati strumentali che contrastano le mie osservazioni empiriche vorrei che lei mi dicesse, dato che la formula usate è "i dati attuali non lasciano pensare all'imminenza di un'eruzione", di fatto quali sarebbero i dati che lascerebbero pensare all'imminenza dell'eruzione? Purtroppo i bollettini sui Campi Flegrei recano una sorta di disclaimer che informa della mancata attendibilità delle letture dei sensori ai Pisciarelli, mentre non si sa se quelli all'interno del cratere Solfatara siano in funzione e, se sì, da quando e per quanto. Voglio sperare lei saprà farmi capire quali letture vengono considerate sinonimo di imminente esplosione. Si parla di valori oscillanti, quanto è ampia quest'oscillazione, e nei suoi picchi massimi quanto dista dai valori ai quali ci si attende un'eruzione?”.

Purtroppo io sono un geologo e non un vulcanologo, per cui posso basarmi solo sulla letteratura scientifica, che per essere attendibile deve essere validata da una ampia base di dati, controllata da referee accreditati e pubblicata su riviste adeguate, processo che richiede un certo intervallo di tempo, per cui i dati di cui dispongo sono “vecchi” di molti mesi. Vi prego anche di tenere presente che non sono uno “specialista”, anche se da buon pisano ho studiato nella grande scuola di vulcanologia di Barberi, Marinelli e Santa Croce.

Sulla base della conoscenza scientifica più attendibile, i dati geochimici a lungo termine indicano un progressivo aumento delle pressioni dei fluidi nel magma, ma su scala secolare. Per inciso, e tanto per sottolineare l’ignoranza di chi (anche in alte sfere) parla a sproposito di cose che non conosce, le pressioni nella camera magmatica non aumentano quando questa si riscalda, ma viceversa quando con il tempo la temperatura diminuisce. Ciò fa si che, così come succede quando mettete una bottiglia di birra nel freezer, via via che il magma (o la birra) si consolida in parte, i vapori e le fasi fluide si concentrino nello spazio rimasto aumentando le pressioni interne e portando il sistema verso le condizioni di esplodere (od il tappo di saltare).

Noi ci stiamo avvicinando lentamente a questa fase.

Quanto lentamente non lo so, si tenga però questo dato di fatto come premessa a quanto cercherò di spiegare ora. Tornando ai fenomeni superficiali di cui parla il buon Paolo Grasso (e tanti altri), sono legati prevalentemente al riscaldamento ed alla circolazione delle acque freatiche nella copertura sedimentaria, quindi condizionate tanto dalla temperatura magmatica quanto dai fenomeni atmosferici che ricaricano le falde freatiche (pioggia, stato di stress delle fratture ecc) e dalla pressione dei vapori nelle stesse. Sono queste pressioni superficiali che controllano l’attività delle fumarole, il bradisismo, la microsismicità ecc. Attenzione, il fatto che siano superficiali non vuole dire che siano di secondaria importanza, anzi il contrario!

Se le pressioni dei vapori dovessero superare il carico e la resistenza delle rocce di copertura, inizierebbero una serie di esplosioni freatiche (cioè di vapori e rocce) che potrebbero essere molto pericolose anche per chi vive a chilometri di distanza. Non solo, una volta iniziata questa fase freatica, ogni eruzione esplosiva alleggerirebbe il carico sulle falde in pressione, generando una sorta di reazione a catena con esplosioni di vapori sempre più violente e profonde. Nell’ipotesi peggiore la “reazione a catena” delle eruzioni potrebbe arrivare a coinvolgere la camera magmatica (che come detto si sta avvicinando lentamente al punto di massima pressione) ed allora sarebbero veramente guai seri.

Non per Pozzuoli ma per tutto il territorio circostante, Lazio ed Abruzzo compresi.

I Campi Flegrei sono un supervulcano. Con questo termine si intende un apparato con una grande camera magmatica profonda che raggiunge il punto critico ed esplode circa ogni 10-50.000 anni con eruzioni di una violenza inimmaginabile. Il più grande supervulcano che conosciamo è il Tora che esplose 74.000 anni fa portando il genere umano molto vicino all’estinzione. I Campi Flegrei hanno dato due supereruzioni 39.000 e 15.000 anni fa, generando strati geologici (Ignimbrite Campana e Tufo Giallo Napoletano rispettivamente) estesi dalla Toscana alla Calabria. (qui, la storia) Non si sa se e quando esploderanno la prossima volta, ma sarà un evento che coinvolgerà probabilmente buona parte dell’area mediterranea, quindi non riguarderà solo chi vive nelle immediate vicinanze. Per inciso, in Italia ci sono altri supervulcani perfettamente in salute e pronti ad esplodere, come i Colli Albani e probabilmente il Roccamonfina.

Non so se con questo ho risposto alla domanda di Paolo, ma certo i segnali precursori di una supereruzione saranno evidenti e violenti, e probabilmente cominceranno mesi od anni prima. Il Vesuvio, nel 79 d.C, cominciò a dare terremoti ed esplosioni freatiche mesi prima, e così il Peleè, la Sufriere, il Monte S Helen ed il Pinatubo. Tranne che nell’ultimo caso, la gente rimase a chiedersi cosa fare fino a che fu troppo tardi per scappare. Già, poi, che fare? Ciascuno per se e poi liberi tutti? L’eruzione del Pinatubo fu controllata mesi prima, e migliaia di persone furono evacuate forzatamente dall’esercito in un raggio di 60 km dal vulcano, operazione che si rivelò opportuna e che salvò la vita di almeno 100.000 persone. E da noi? Io speriamo che me la cavo, sembra la parola d’ordine di tutti i governi che si sono succeduti nella Penisola dal tempo di Attila fino ad oggi.

Credo che uno stato civile, (inteso come organizzazione sociale e non come governo) dovrebbe provvedere alla salvaguardia di tutti i suoi cittadini e delle generazioni che succederanno, anche se magari potranno mancare secoli o millenni ad una eruzione catastrofica (o forse no..). Per quello che riguarda le osservazioni più immediate, gli abitanti del Golfo hanno perfettamente ragione. Nella comunità “scientifica”, da quando è stata distrutta quella meravigliosa struttura di ricerca che era l’Osservatorio Vesuviano, fondato da Ferdinando II nel 1841, per dirottare finanziamenti e posti di lavoro nella melma delle istituzioni romane, si sono completamente perse le grandi tradizioni scientifiche napoletane e domina la più completa ignoranza. Basti pensare alla vergogna del recentissimo esempio di Ischia e del terremoto di Casamicciola, nome a quanto pare completamente sconosciuto ai grandi scienziati che oggi guidano l'INGV i quali ignoravano persino che Ischia fosse un vulcano, e che quindi non potessero formarsi né faglie né terremoti a 10 km di profondità nel pieno della camera magmatica; il fatto poi che lo abbiano “corretto” a 5km, sempre in piena camera magmatica, la dice lunga sulla competenza degli “esperti” di stato.

Ignaoranti, presuntuosi e farabutti, interessati solo alla loro carriera politica. Questa oramai è la classe dirigente delle istituzioni “scientifiche” italiane. In questo desolante scenario temo che sia molto difficile per i cittadini mantenere la testa lucida ed il sangue freddo per evitare il rischio, ancora peggiore, di cadere nelle mani di millantatori e santoni vari. Una soluzione però forse ci sarebbe, semplice e nelle mani di tutti i cittadini partenopei: rifondare l’Osservatorio Napoletano con la guida di scienziati di valore (ce ne sono ancora, da Peppe Luongo al neo-Senatore Franco Ortolani) e giovani di talento formati alla grande scuola dell’Università Ferdinando II (nome non casuale…) per andare, come si dice in Maremma, ‘nculo a Roma ed ai Romani.

Quelli ladroni, beninteso.

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