Giovedì, 26 Luglio 2018 00:03

Coppito, terremoto 3.0. Moretti: "I nemiken non fanno rumoren!!!"

di  Antonio Moretti

"I nemiken non fanno rumoren!!!", diceva una delle più famose strisce delle Sturmtruppen di Bonvi. E concludeva saggiamente: “Aiuten!!! Senti che silenzien”.

Eppure è bastata una scossetta 3.0 praticamente sotto Coppito, che ha fatto tremare un poco i vetri delle finestre aquilane, per gettare nel panico un’intera città, evacuare università ed edifici pubblici, allertare la Protezione civile e generare lecite preoccupazioni in gran parte delle persone che l'hanno avvertita. Comprensibile, ed anche opportuno essere sempre in allerta e pronti a reagire alle inevitabili catastrofi naturali (e non solo terremoti!) che il nostro irrequieto Pianeta ci pone di continuo, ma che dire di gran parte delle persone che abitano i territori dell’Abruzzo e della nostra bella Italia, dove le forze tettoniche si stanno accumulando lentamente e silenziosamente, pronte a liberare improvvisamente la loro immane energia senza alcun preavviso?

Perché, a differenza dei saggi soldatinen di Bonvi, non ci preoccupiamo delle tante aree silenti dell’Appennino, pur sapendo che prima o poi la furia della natura verrà a devastare le nostre vite? Perché siamo pronti a prestare fede alle idee balzane dei santoni portasfiga di turno, quasi sempre (ma non sempre) farabutti in malafede in cerca di notorietà mediatica, ma poi non ci preoccupiamo di prepararci nell’unica maniera possibile, rinforzando le nostre abitazioni? Ma soprattutto, perché i nostri governi continuano ad ignorare la drammatica realtà del nostro suolo dissestato?

Eppure la storia e la statistica ci insegnano che terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, frane, incendi ed altre catastrofi naturali sono eventi ricorrenti che si ripetono più e più volte ogni secolo. I numeri dicono che ogni legislatura ha una grande probabilità di trovarsi a dovere affrontare simili catastrofiche emergenze, che poi emergenze non sono, ma realtà assolutamente normali e prevedibili. Per quale motivo sembra che la parola d’ordine di ogni governo rimanga sempre l’italianissimo “io speriamo che me la cavo”? Per non parlare, naturalmente, di quei signori che sghignazzavano in previsione dei profitti dell’emergenza. Verrebbe quasi da sospettare che qualcuno sull’emergenza conti proprio.

Un paio di giorni fa un amico mi segnalava un articolo nel quale una certo gruppo politico, per la prima volta da che ho memoria, affronta nel proprio (futuro) programma elettorale l’argomento della prevenzione del rischio sismico a livello europeo. Ve lo ripropongo qui, anche se non sono completamente d’accordo con esso.  Pur riconoscendogli il merito di avere posto il problema all’attenzione politica, mi sembra però che le proposte fatte da questi signori siano la solita aria fritta: aggiornare le mappe sismiche, fare le nuove norme tecniche, riaprire i progetti scuola sicura etc, tutte cose opportune ed auspicabili, ma che nel migliore dei casi potranno dare risultati a lunga scadenza (oltre a nutrire schiere di ben pasciuti ingegneri), mentre a breve serviranno purtroppo mezzi di soccorso adeguati all’entità della catastrofe che, inevitabilmente, colpirà la nostra penisola.

Un solo dato: se il terremoto del 1915 accadesse oggi, avremmo oltre 200.000 persone sotto le macerie, 400.000 con le case danneggiate o distrutte e circa 1.000.000 con abitazioni inagibili.

Vi ripropongo quanto ho scritto per NewsTown qualche mese fa, qui.

Il prossimo grande terremoto coinvolgerà centinaia di migliaia di persone e farà centinaia di miliardi di euro di danni, ed anche la sola prima emergenza di soccorso e sanitaria sarà molto oltre le capacità di intervento di un singolo paese, per cui è evidente che la prevenzione dalle catastrofi deve diventare un problema sovranazionale. Occorreranno squadre di soccorso efficienti e ben preparate, un genio militare con ruspe e squadre specializzate per intervenire sotto le macerie, elicotteri, ospedali da campo, medici e medicine, cucine, migliaia di tende per affrontare la situazione immediata, e soprattutto una struttura tecnica di gestione efficiente e non burocraticizzata, perché non si può mettere la cuffietta "a norma" quando le persone stanno morendo sotto le macerie. E soprattutto dovremo essere preparati ad aiutarci da soli per preservare le nostre vite e quelle delle persone che ci sono care, aspettando il momento in cui arriveranno i soccorsi. Forse.

Ultima modifica il Giovedì, 26 Luglio 2018 00:13

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