Venerdì, 15 Giugno 2018 14:15

Acqua del Gran Sasso, l'INFN nel 2014 ammetteva di non rispettare la legge

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"L'INFN, alla faccia dei numerosi comunicati dell'ultimo anno, già nel 2014 ammetteva candidamente di non essere a norma rispetto agli obblighi di distanza dei Laboratori dai punti di captazione dell'acqua potabile usata da centinaia di migliaia di persone".

A denunciarlo è il Forum abruzzesi dei movimenti per l'acqua che spiega come "l'inequivocabile dichiarazione" sia contenuta in un verbale del tavolo tecnico del 13 ottobre 2014, "rimasto per anni nei cassetti della regione fino all'accesso agli atti svolto dagli attivisti della Mobilitazione. Il tavolo era coordinato dal vice presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli che firma il verbale. Il tutto ben due anni prima dell'incidente con il diclorometano dell'agosto 2016, per dire".

Sosteneva testualmente il rappresentante dell'INFN a verbale: "...osserva però che l'esecuzione di eventuali lavori di impermeabilizzazione non consentirebbero di essere a norma ai sensi del D.lgs.152/2006 in quanto non vi è una distanza sufficiente tra le attività del laboratorio rispetto alla punto di prelievo delle acque per i consumo umano" (ndr: gli errori di battitura sono nel testo)". La distanza è, cioè, "inferiore ai 200 metri previsti dall'Art.94 del Testo Unico dell'Ambiente D.lgs.152/2006 in attesa della perimetrazione sito-specifica delle aree di salvaguardia che le regioni avrebbero dovuto fare fin dal 2006".

Il forum H20 ricorda che "in questa fascia è vietato dal 1988 lo stoccaggio di sostanze chimiche pericolose e/o di sostanze radioattive e dal 1999 è previsto anche l'allontanamento obbligatorio per quelle preesistenti. Nei laboratori del Gran Sasso sono state introdotte irregolarmente 1.000 tonnellate di acqua ragia nel 1992 per l'esperimento LVD e 1.292 tonnellate di trimetilbenzene nel 2002 per l'esperimento Borexino. Nel 2014 i laboratori ammettevano quindi un fatto così grave ed è letteralmente incredibile che fino a pochi mesi fa la regione, da noi fortemente contestata, si limitava al mantra di proporre proprio quell'impermeabilizzazione che, comunque, non risolverebbe le violazioni di legge esistenti".

"Stenderemmo un velo pietoso sulle successive dichiarazioni messe a verbale dall'Ing. Caputi, allora dirigente della Regione - l'affondo degli ambientalisti - se non aprissero un ulteriore squarcio sull'atteggiamento tenuto negli anni dalle istituzioni in questo scandalo. Infatti, Caputi sostiene che essendo i laboratori letteralmente immersi nell'acquifero che è molto più vasto, "non assume rilevanza la distanza dal punto di prelievo". Un modo di ragionare assurdo, visto che è l'esatto contrario".

La legge prescrive alle regioni di delimitare le aree di salvaguardia sito-specifiche andando oltre i 200 metri proprio per imporre i divieti come quello relativo allo stoccaggio di sostanze pericolose o l'obbligo di allontanamento di quelle già stoccate su zone anche più vaste se necessario dal punto di vista sanitario. "Un argomento che avrebbe dovuto far aumentare l'allarme, visto che un'eventuale contaminazione può coinvolgere l'intero acquifero, e imporre l'immediato rispetto delle leggi con l'allontanamento delle sostanze pericolose stoccate in maniera totalmente illegittima, fu usato al contrario, per non farle rispettare. Solo nel luglio 2017, a 3 anni da queste dichiarazioni, l'ERSI ha approvato la proposta di perimetrazione delle aree di salvaguardia per l'acqua potabile. Ci ha messo tre mesi a trasmetterla alla regione che, da ottobre 2017, la tiene nel cassetto e non l'approva. L'esistenza della proposta è emersa anche in questo caso solo grazie ad un accesso agli atti della Mobilitazione".

Cosa dice la proposta? "Quello che Caputi dimostrava di sapere già nel 2014 e che noi avevamo, per logica e senza conoscere queste carte, sostenuto da subito rispetto ai proclami inutili di Lolli; cioè che nel Gran Sasso un limite di 200 metri è ridicolo, in quanto un eventuale incidente potrebbe coinvolgere l'acquifero per chilometri togliendo l'acqua a 700.000 persone sia sul lato teramano che su quello aquilano e, probabilmente, pure su quello pescarese e che, per questo, va applicata la legge allontanando le sostanze pericolose che costituiscono il rischio principale per la risorsa acqua".

Sabato 23 giugno la Mobilitazione per l'acqua del Gran Sasso manifesterà a Pescara, alle 10:30 davanti alla regione in viale Bovio, "per reclamare l'immediata approvazione delle aree di salvaguardia e l'allontanamento delle sostanze pericolose dai laboratori del Gran Sasso, usate in soli 2 esperimenti su circa 20".

Ultima modifica il Venerdì, 15 Giugno 2018 19:05

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