La nostra Costituzione istituisce il sistema statale pubblico con l'obbligo scolastico per garantire ai giovani l'Istruzione che permetta loro di sviluppare in libertà e civiltà la propria personalità superando gli ostacoli sociali ed economici. Si tratta di un diritto di accesso ad un servizio pubblico, pagato con le tasse da tutti i cittadini e come tale deve essere identico in ciascun luogo della nazione.
"Oggi dobbiamo mobilitarci per contrastare la minaccia di regionalizzare la scuola", si legge in un appello lanciato dal Comitato spontaneo nazionale cittadino comparto scuola, cui aderiscono sindacati, associazioni e comitati. "E' indispensabile che le richieste avanzate dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna siano portate ad una discussione pubblica e parlamentare, siano quindi trattate come materia legislativa e non di mero accordo tra governo e regioni. Sappiamo che lo stato non riesce a controllare e costringere le Regioni ai livelli essenziali di prestazione (LEP), perché oggetto di negoziazione con le Regioni che chiedono soldi per soddisfarli. Dobbiamo capire che livello essenziale significa sostenibile economicamente, quindi significa che i LEP saranno un livello di qualità miserevole, molto più bassa di quella che ci viene garantita oggi dalla scuola statale. Inoltre il trattenimento dei fondi sarà solo per le Regioni, ai comuni (nido, materne) non arriverà nulla".
Per questo, i promotori dell'appello hanno indetto una manifestazione per martedì 25 giugno, alle 14, in piazza Montecitorio a Roma.
"Abbiamo visto che la narrazione dell'inefficienza del servizio pubblico statale è servita e serve a manipolare il consenso, mettendo falsamente i cittadini delle diverse regioni uno contro l'altro e serve a giustificare il pagamento delle strutture private in sostituzione di quelle pubbliche, male amministrate di proposito. Abbiamo anche visto che la regionalizzazione ha portato la corruzione politica dentro la sanità, con nomine di incompetenti disposti a soddisfare in modo anche illegale gli interessi privati a danno dei cittadini. Vogliamo che quanto avvenuto con la sanità non avvenga anche con la scuola, vogliamo tenere fuori la corruzione politica dalla scuola: in caso contrario, le Regioni potranno nominare i dirigenti scolastici (vi ricordate cosa è successo nei tre anni della chiamata diretta dei docenti?), fare assunzioni per il personale scolastico, costruire, mettere in sicurezza e manutenere gli edifici scolastici e tante altre spese, dividendo di fatto sempre più il Nord ricco dal Sud, per non parlare dei programmi di studio".
Il 'NO' alla scuola regionalizzata è fatto di proposte per migliorare la qualità della scuola ed invertire questa tendenza a trattare in modo approssimato e deleterio questa funzione primaria per il presente ed il futuro del nostro Paese:
- più risorse per la scuola: raggiungere il 6% del PIL a partire dalla prossima finanziaria;
- messa in sicurezza degli edifici;
- riduzione degli alunni per classe;
- adeguamento degli stipendi alla media europea per il personale scolastico (dirigenti, docenti, non docenti);
- assunzione in ruolo solo per concorso statale con obbligo di conoscenza lingua e cultura italiana;
- privilegiare la formazione curriculare sulla progettazione;
- scuola-lavoro, fuori dall'orario scolastico e solo con retribuzione al discente;
- controllo della qualità del servizio solo attraverso l'ispettorato ministeriale statale;
- estensione dell'obbligo scolastico da 16 a 18 anni;
- incremento dei nidi e scuole materne gratuiti;
- stabilità pluriennale nell'organizzazione formativa e discipline di esami;
- mantenimento del valore legale del titolo di studio;
- formazione dei docenti di qualità solo presso le università statali, con programmi standard certificati e con esame di abilitazione professionale;
- ultimo ma non meno importante, riportare le competenze della formazione professionale, allo stato.
Della così detta 'autonomia differenziata ci siamo occupati diffusamente nei mesi scorsi. La vicenda, d'altra parte, andrebbe affrontata con estrema cautela, trattandosi, stando a diversi esperti, di una riforma che rischia di dar vita ad una vera e propria secessione della parte più ricca del paese a discapito delle regioni del centro Sud, con effetti potenzialmente devastanti per i servizi pubblici e la sanità nazionale. Per i critici, il risultato sarà che le regioni che hanno più risorse ne otterranno ancora di più, e le otterranno prima che si decida a livello nazionale cosa serva fare per quelle che invece hanno di meno.
Da mesi i sindacati della scuola - cui ha inteso unirsi la FLC CGIL Abruzzo e Molise - esprimono il loro più netto dissenso riguardo la richiesta di ulteriori e particolari forme di autonomia, in particolare nel mondo dell'istruzione. "Si tratta di un'ipotesi che pregiudica la tenuta unitaria del sistema nazionale in un contesto nel quale già esistono forti squilibri fra aree territoriali e regionali", hanno spiegato. "I diritti dello stato sociale, sanciti nella Costituzione in materia di sanità, istruzione, lavoro, ambiente, salute, assistenza, vanno garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Ci opporremo in ogni modo a questo progetto di secessione dei ricchi, che aggrava le difficoltà delle scuole del mezzogiorno, rompe l'unità del sistema di istruzione e introduce vere e proprie gabbie salariali. Insieme alle altre OO.SS, alle associazioni ed agli studenti, rivolgiamo pertanto un appello alla mobilitazione al mondo della scuola e alla società civile, per fermare un disegno politico disgregatore dell'unità e della coesione sociale del Paese".