Sabato, 13 Luglio 2019 22:53

"Caro Bruce ti scrivo...". Dieci anni fa la dedica di Springsteen "alla gente dell'Aquila". Tutto merito di una lettera, scritta da un aquilano

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Roma, stadio Olimpico, 19 luglio 2009.

E' la sera del primo concerto italiano del Working on a dream Tour di Bruce Springsteen, che farà tappa, qualche giorno dopo, anche a Torino e Udine.  

Lo show si sta avviando verso la fine, Springsteen ha appena finito di suonare Born in the USA, uno dei suoi grandi classici. Senza tante cerimonie e senza finti rientri nei backstage, parte il bis.

Springsteen si ferma un attimo, si avvicina al microfono e dice, in inglese: "La prossima è una canzone che non suoniamo da un po' di tempo", aggiungendo, poi, in italiano: "Questa è una canzone per la gente dellAquila".

Subito partono le note di My city of ruins (Mia città di rovine), un brano che Springsteen scrisse nel 2000 come lamento per la decadenza in cui si trovava allora Asbury Park, la sua città natale, e che ben presto, dopo l'11 settembre, divenne un inno all'unità e alla volontà degli Stati Uniti di rialzarsi dopo gli attentati terroristici alle Torri Gemelle e al Pentagono.

In quel tour, My city of ruins fu suonata solo quella sera. Trattandosi di una canzone che invita a sperare dopo una catastrofe (grazie soprattutto alla potente invocazione contenuta nella strofa finale, che dice "Avanti, (ri)alziamoci!"), non è un pezzo che Springsteen suona sempre nei suoi tour, pur essendo uno dei suoi brani più intensi e toccanti di sempre. L'ha sempre cantato in occasioni speciali, come ad esempio al New Orleans Jazz and Heritage Festival nel 2006 dopo l'uragano Kathrina o al Concert for Sandy Relief nel 2012 in favore delle vittime dell'uragano Sandy. 

Comunque sia, il merito dell'indimenticabile dedica dell'Olimpico è di un aquilano, Vittorio Pasquali (nella foto qui sotto, il primo a destra).

vittorio pasquali

Nativo di Castel di Ieri, da anni trasferitosi, per motivi di lavoro, nelle Marche, grande amante di musica e ideatore di un festival che gli appassionati di rock abruzzesi conoscono bene, "Castel di Ieri rock nights", Pasquali scrisse, qualche giorno prima del concerto (era il 21 giugno), una lettera, dove si rivolgeva direttamente a Springsteen (trovate il testo integrale alla fine dell'articolo): "La nostra città è in rovine, Bruce, così qualche giorno fa mi sono ritrovato a pensare che mi piacerebbe tantissimo ascoltare “My City of Ruins” al concerto di Roma, e lo stesso vale per i miei amici dell’Aquila e dintorni, perché in molti saremo là per te".

"L'idea" racconta oggi, a dieci anni di distanza, "mi venne una sera di maggio a Grottammare parlando con il mio amico Lorenzo “Miami” Semprini, musicista della band "Miami and the groovers". Eravamo a cena e stavamo parlavando del terremoto che un mese prima aveva sconvolto L'Aquila ma anche dell’imminente arrivo in Italia di Bruce. A un certo punto Lorenzo mi disse: 'Perché non scrivi una lettera a Bruce e gli chiedi una canzone per le vittime del terremoto al concerto di Roma?'".

"L’idea mi piaceva" racconta Vittorio "avevo in mente una canzone decisamente adatta all’occasione, My city of ruins appunto, ma ero abbastanza scettico sulla sua realizzabilità: “Ok, io la scrivo, ma come facciamo a fargliela arrivare?”.

“'Tu non preoccuparti'" mi disse Lorenzo "'scrivila e poi troverò io i canali giusti. E così facemmo: io buttai giù una paginetta nel miglior inglese che mi riuscì, quindi spargemmo la voce (e la lettera) fra tutti i nostri amici sperando che qualcuno di loro riuscisse, attraverso amici di amici, ad arrivare fino a Bruce".

"Il miracolo avvenne grazie a Leonardo Colombati, autore del libro “Like a killer in the sun”, che durante un’intervista a Little Steven a Radio Città Futura alla vigilia del concerto romano gli parlò della nostra iniziativa e gli consegno' una copia della mia lettera; Steve promise di trasmettere il messaggio al Boss, e a quel punto la missione sarebbe chiaramente riuscita. Era infatti ovvio, com’è perfettamente ovvio a qualsiasi springsteeniano, che se Bruce riceve un messaggio di quel tipo non rimane indifferente, perché questa sua umana sensibilità è una delle cose che, al di fuori di ogni retorica, lo rende “speciale” per tutti noi. Insomma, avevo fondate speranze che il “fuori programma” da noi architettato sarebbe andato in onda: ma quando, all’inizio del primo bis, il Nostro esordì dicendo “We haven’t played this in a while” ho capito che era fatta; quando poi ha aggiunto, in italiano, “Questa è una canzone per la gente dell’Aquila!” ho avuto un leggerissimo mancamento...".

Ecco il testo completo della lettera

Caro Bruce,

come la maggior parte dei tuoi fans ho sempre sognato di avere la possibilità di chiederti qualche canzone che sia per me particolarmente importante; beh, se stai leggendo questa lettera vuol dire che ho trovato un modo per mettermi in contatto con te, ma oggi non ti chiederò una delle canzoni a cui pensavo fino a tre mesi fa, canzoni che non ho ancora sentito dal vivo in 50 e più concerti...

No, oggi ti voglio chiedere una canzone che ho ascoltato molte volte nei tour di The Rising e delle Seeger Sessions, una fra le canzoni che più amo e che ha purtroppo acquistato un nuovo e più forte significato per me e per molti dei miei amici dopo il 6 aprile scorso.
Quel giorno, nelle prime ore del mattino (le 3:32), la nostra zona è stata colpita da un tremendo terremoto; mi sono svegliato con il letto che tremava e il rumore delle bottiglie che si rompevano cadendo per terra nella stanza accanto, la scossa è durata 23 secondi...

Sono stato abbastanza fortunato perché la mia vecchia casa è ancora in piedi, anche se molti muri ora hanno qualche crepa, ma io vivo in un piccolo paesino che è a circa 30 km dall’epicentro. Il quale, disgraziatamente, era vicinissimo al nostro capoluogo, L’Aquila, un’antica e bella città ricca di storia dove vivevano più di 70.000 persone.

Oggi L’Aquila, che si trova circa 80 km a nord-est di Roma, è una città fantasma. Circa 300 persone sono morte, migliaia sono rimaste ferite, decine di migliaia sono senza tetto e non sanno quando potranno tornare alle loro case. Il centro storico, con le sue chiese e gli antichi palazzi, è in gran parte distrutto, così come molti villaggi dei dintorni; in un paese di nome Onna hanno perso la vita 41 persone su 350, le vecchie case non hanno resistito alla violenza del terremoto.

Molte delle vittime erano ragazzi, specialmente studenti della locale Università: la Casa dello Studente, dove molti di loro risiedevano quando si trovavano all’Aquila, è crollata e non hanno avuto scampo.

Ci sono tante storie che si potrebbero raccontare, storie di disperazione e coraggio, di destino avverso e voglia di sopravvivere, ma te ne racconterò solo una, che ben rappresenta il carattere della nostra gente: una vecchietta di 98 anni è stata trovata viva dopo più di 30 ore sotto le macerie della sua casa e ai soccorritori ha detto “Tutto a posto, ho passato il tempo lavorando all’uncinetto”.

In italiano il nome della città significa “l’aquila”: tutti noi siamo sicuri, e lo diciamo, che la nostra città tornerà a volare, un giorno, perché la nostra gente è famosa per la sua forza e la sua perseveranza, ma oggi siamo ancora troppo tristi e sotto choc... La maggior parte delle persone vivono ancora nelle tendopoli; le fabbriche, gli uffici, le scuole, l’università, tutto è andato perduto ora, ed è dura pensare al domani.

La nostra città è in rovine, Bruce, così qualche giorno fa mi sono ritrovato a pensare che mi piacerebbe tantissimo ascoltare “My City of Ruins” al concerto di Roma, e lo stesso vale per i miei amici dell’Aquila e dintorni, perché in molti saremo là per te.

Grazie e un grande abbraccio,

Vittorio e i tuoi fans dell'Aquila

Ultima modifica il Sabato, 13 Luglio 2019 23:38

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