Mercoledì, 31 Luglio 2019 22:16

Viaggio nello scavo archeologico di Amiternum: le ultime scoperte

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E' iniziata da pochi giorni l’ottava campagna di scavi archeologici a cura del Dipartimento di Scienze Umane dell'Università degli Studi dell'Aquila nel sito archeologico di Amiternum, a pochi passi dall'anfiteatro.

Amiternum, città abitata dai Sabini e conquistata dai Romani nel 293 a. C., vive il suo periodo di maggiore sviluppo nell'età imperiale: tra il I e il II sec. d.C. nel pianoro sorge la città con il foro, il teatro e l’anfiteatro, i cui resti sono visibili ancora oggi, acquedotti, terme e templi, grandi ville e strade lastricate. Nel 2012, l’Università degli Studi dell’Aquila ha dato inizio a scavi archeologici nell’area denominata 'Campo S. Maria' volti all’individuazione di una cattedrale altomedievale, attestata indirettamente fra V e VI secolo d.C.

Quali sono i risultati raggiunti e quali saranno le zone dello scavo archeologico su cui concentrerete maggiormente le ricerche di questa campagna?

Per scoprirlo, abbiamo raggiunto l’equipe di Archeologia Medievale dell’Ateneo.

“Le indagini archeologiche hanno portato alla luce strutture murarie, comprese tra il I secolo a.C. e il tardo XIV secolo, appartenenti ad almeno 9 edifici. In ogni fase edilizia succedutasi, i fabbricati hanno continuato a sfruttare in parte le murature precedenti, ampliandole e trasformandole”, spiega a newstown il direttore scientifico dello scavo, Alfonso Forgione.

“Con le dovute cautele, è molto probabile che l’area in oggetto sia stata coinvolta attivamente anche nelle concitate fasi di progettazione della futura città dell’Aquila. Durante le indagini, infatti, sono stati rinvenuti due bolli plumbei ascrivibili a Papa Gregorio IX, il pontefice che nel 1229 venne coinvolto dai futuri aquilani nella progettazione del nuovo insediamento.

La mole delle strutture, il numero di reperti ceramici raccolti e il rinvenimento delle due bolle plumbee confermano il ruolo strategico ricoperto dal sito dal tardo V secolo (quando viene attestata per la prima volta una cattedrale ad Amiternum) fino al suo definitivo abbandono, avvenuto dopo la fondazione dell’Aquila”.

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Negli anni si sono succeduti nello scavo studenti dell'Università dell'Aquila ma anche stranieri, creando così una occasione di scambio e confronto culturale. Quest'anno com'è composto il gruppo?

“La strategia di scavo prevede, al momento, il coinvolgimento di soli studenti dell’Ateneo aquilano, ma già a settembre aspettiamo studenti di altre Università italiane e spagnole.

Negli anni scorsi abbiamo avuto una media di 25 studenti per ogni turno (per un totale di 120 archeologi all’anno). Questa massiccia presenza ha permesso di far conoscere il nostro territorio a studenti di altre regioni e di far interagire proficuamente i nostri studenti con quelli di altri atenei.

Molti archeologi ogni anno decidono di tornare a scavare ad Amiternum, a dimostrazione di quanto il nostro patrimonio sia attrattivo verso l’esterno”.

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Sappiamo che, nella nostra regione come in tutto il Paese, sono sempre più le università estere a portare avanti progetti di ricerca archeologica, e sappiamo altresì quanto è difficile per gli atenei italiani finanziare nuovi scavi. Quanto hanno investito negli anni l'Università degli Studi dell'Aquila, il Comune ed altri enti locali, per le vostre indagini archeologiche ad Amiternum?

“Lo sforzo dell’Ateneo aquilano è stato notevole: sia il Dipartimento di Scienze Umane, sia la governance dell’Ateneo, che si è esposta in prima persona in diverse occasioni, hanno creduto fermamente in questo progetto, appoggiandolo fin dalla sua nascita. Il costante supporto ha costituito un forte stimolo per i ricercatori succedutisi nelle indagini e soprattutto per gli studenti impegnati nelle ricerche.

Anche gli Enti locali hanno svolto un ruolo determinante: il Comune dell’Aquila ha finanziato le ricerche negli anni scorsi e siamo tutt’ora in trattativa per un ulteriore cospicuo finanziamento, a dimostrazione di quanto sia importante il coinvolgimento di questi enti e quanto l’Amministrazione della nostra città sia sensibile alla ricerca e alla valorizzazione del suo patrimonio culturale.

Abbiamo avuto finanziamenti anche da istituti bancari (Banca d’Italia), associazioni professionistiche (ANCE) e ditte edili (Ditta Cingoli), ai quali va tutta la nostra riconoscenza e ammirazione.

Insomma, la campagna di scavo archeologico ad Amiternum, resa possibile grazie alla concessione rilasciata dal MIBAC, rappresenta ancora una volta il risultato della proficua collaborazione - testimoniata ad esempio dall’apertura lo scorso settembre della sezione archeologica del Polo museale d’Ateneo - tra l’Università stessa, che mette a disposizione mezzi, strumentazioni e personale qualificato per eseguire lo scavo, e la Soprintendenza dell’Aquila, che favorisce forme di diffusione e comunicazione dei risultati acquisiti. I dati raccolti dalle indagini costituiscono elementi fondamentali sia per accrescere la conoscenza del territorio che per permettere lo sviluppo di mirate azioni di tutela e valorizzazione”.

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C'è la possibilità di visitare gli scavi durante gli orari di lavoro (dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 17): l'iniziativa va letta come un segno di apertura dell'università e della ricerca verso la cittadinanza, affinché possa pian piano ricucire un rapporto con il patrimonio artistico che, almeno per il settore dell'archeologia, si è allentato nel corso degli anni?

“In realtà, la Soprintendenza di settore e in particolare negli ultimi anni la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio dell'Aquila e del cratere, a partire dalla Soprintendente, Arch. Vittorini, e dai funzionari archeologici - prima la dott. Tuteri e ora le dott.sse Cesana, Pelucchini e Moroni - si è spesa e si sta spendendo molto, a nostro avviso, nel coniugare il duplice ruolo di tutela e valorizzazione del patrimonio. I loro sforzi sono appunto volti a promuovere continuamente iniziative finalizzate ad avvicinare la cittadinanza al proprio patrimonio storico e archeologico.

L’apertura dello scavo al pubblico (tranne che nella pausa di agosto) punta verso la stessa direzione: è nostra ferma convinzione che, oltre alla ricerca e alla didattica, il nostro ruolo, e quello dell’Università, consista nel divulgare capillarmente le nostre scoperte, per far conoscere agli abitanti del territorio la propria storia e le proprie origini.

Inoltre a settembre inaugureremo una serie di iniziative congiunte (Università e Soprintendenza), come conferenze, visite guidate, sopralluoghi, al fine di continuare ad accrescere il rapporto tra il mondo della ricerca e della tutela e la società civile”.

Con il sisma del 2009 in città è iniziato un lavoro di archeologia preventiva che ha portato alla luce interessanti notizie sulla storia della città. Come vede lo stato della ricerca sul territorio e la fruizione del patrimonio culturale all'Aquila fra 10 anni?

“Siamo estremamente ottimisti da questo punto di vista. Magari oggi c’è un po' di malumore circa i presunti rallentamenti dovuti alle ricerche archeologiche preventive, ma siamo convinti che tra qualche anno verremo ripagati enormemente da questi disagi.

Queste ricerche stanno restituendo una storia sconosciuta che tra qualche anno, dopo i dovuti approfondimenti, verrà svelata e contribuirà a valorizzare ulteriormente un centro storico di assoluto valore.

A breve la nostra città sarà uno dei centri storici più belli e curati d’Italia, ma senza conoscenza, sarebbe solo un elegante involucro. Queste ricerche, dunque, contribuiranno in maniera determinante a restituire le radici della città ai suoi legittimi proprietari: gli aquilani”.

L'ultima domanda è una curiosità. Qual è a suo parere l'oggetto più prezioso rinvenuto in questi anni nello scavo archeologico e qual è la scoperta che l'ha entusiasmata maggiormente?

“Sarò banale, ma è il sito stesso una continua scoperta, che ci entusiasma ogni giorno e ci da la forza di scavare in condizioni climatiche decisamente sfavorevoli, dato il caldo di questi giorni. Da un punto di vista puramente materiale, le due bolle plumbee contribuiscono a ricostruire una storia intrigante che lo stesso Buccio di Ranallo ha egregiamente raccontato nella sua opera”.

Le foto dello scavo: archeologi a lavoro

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Ultima modifica il Mercoledì, 19 Febbraio 2020 18:09

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