Coinvolge anche l’Abruzzo la mega operazione della Direzione distrettuale Antimafia che in Sicilia ha portato all’arresto di 94 persone e al sequestro di 151 imprese agricole nell’ambito di un’inchiesta su presunte frodi ai danni dell’Unione europea attraverso l’ormai noto meccanismo della cosiddetta mafia dei pascoli.
Stando al lavoro condotto dalla procura della Repubblica di Messina, c'era la famiglia dei Batanesi ad occupare terreni nell'aquilano, a Barisciano, Ofena, Pettorano sul Gizio, Crognaleto, Cortino, Valle Castellana, Rocca Santa Maria, Isola del Gran Sasso, Caramanico e Castel del Monte; esponenti di spicco della mafia tortoriciana si muovevano, anche, sulle montagne abruzzesi, a conferma di un fenomeno conosciuto da tempo e che interessa tutta Italia, illecito come in questi casi o al limite della legalità, come nel caso delle aziende del nord che continuano ad affittare dai comuni appenninici i terreni ad uso civico per ottenere fondi europei - assegnati in basei ai titoli (ovvero alla tipologia delle autorizzazioni alla coltivazione) e agli ettari di cui si può disporre - sebbene non svolgano alcuna attività agricola o pastorizia sottraendo terra e risorse agli allevatori locali.
“Non agricoltura e pastorizia e qualche leggero aiuto per avere finanziamenti – scrive il Gip di Messina, Salvatore Mastroeni - ma semplice criminalità che non costituisce ricchezza per il territorio, non sviluppa agricoltura e pastorizia, ma fa ditte di carta, ingurgita profitti milionari, che come tutti i profitti di mafia spariscono e niente lasciano alla gente, al territorio, alla vera agricoltura e pastorizia”. Alla truffa ai danni dello Stato, al falso, in questo caso, si aggiunge l’associazione mafiosa: “Dove un mafioso dice, rovesciando l’ordine e il diritto – scrive ancora il giudice che ha firmato l’ordinanza – che chiunque usasse le particelle usate dalla mafia sarebbe un abusivo, ed è impossibile che succeda. Sì, impossibile perché quel che emerge è che la mafia domina e nessuno può contrastarla”.
Un fenomeno conosciuto da allevatori, imprenditori, funzionari della CAA, notai, avvocati: un fenomeno milionario.
Lo ha ribadito ieri ai microfoni di Agorà l’allevatore Adriano Marrama che l’estate scorsa aveva rilanciato la sua battaglia grazie al circolo del Pd di Sulmona che aveva sottoposto la questione all’eurodeputato Andrea Cozzolino. Ieri, la RAI è tornata ad indagare, con l’avvocato Teresa Nannarone, neo presidente del Pd di Sulmona e responsabile regionale forum contro le mafie: “La risposta all’interrogazione fatta da Cozzolino ha chiarito che i compiti di regolamentazione e controllo dei contributi sui pascoli sono dei singoli Stati membri su cui bisogna intervenire – ha spiegato Nannarone – noi crediamo che anche la Regione possa intervenire per regolamentare l’affitto dei terreni e soprattutto i Comuni possano adottare strumenti per evitare di svendere il territorio, a partire dall’indire aste pubbliche, come d’altronde prevede la legge, per l’affitto degli usi civici".
Nel giugno di quest'anno, la testata giornalistica Virtù Quotidiane - nell'ambito di una coraggiosa inchiesta firmata dalla giornalista Daniela Braccani - ha reso nota la ricerca dell'Università degli Studi dell'Aquila sulla mafia dei pascoli; una ricerca sul campo condotta, in dieci anni e nel quadro di vari progetti, dal Laboratorio Carto-lab del Dipartimento di Scienze Umane in collaborazione con il Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga attraverso interviste e approfondimenti che hanno portato alla luce situazioni inquietanti che trovano conferma, di fatto, nell'inchiesta della procura di Messina.
Scrive la ricercatrice Lina Calandra in un articolo pubblicato sul 'Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia' dal titolo 'Pascoli e criminalità in Abruzzo: quando la ricerca geografica si fa denuncia' che "la storia comincia nel 2009 con 218 interviste ad amministratori e operatori locali dei 44 comuni del Parco. L’analisi di tali interviste, però, non mette a fuoco la situazione dei pascoli in termini di criminalità. I problemi sembrano ben altri: i danni da cinghiale, le predazioni da lupo, i vincoli del Parco, etc. Eppure, a rileggerle, oggi, col senno del poi - sottolinea Calandra - quelle trascrizioni fornivano già elementi per comprendere, sebbene in numero limitato, per un areale circoscritto:
"C’è scarsità di pascoli in alcune zone perché i comuni preferiscono affittarli a gente che viene da fuori (e che può offrire di più perché si tratta di grandi aziende) ma che poi, in realtà, non ha nessun vero interesse per lo sfruttamento del pascolo. Infatti, si tratta spesso di gente che viene qui, affitta i pascoli e ci lascia qualche bestia tutto l’anno incustodite solo per avere i contributi della Politica Agricola Comunitaria. Questa assegna i contributi in base ai titoli e agli ettari di pascoli, non in base alla reale produttività che ne deriva. Perciò, si è scatenata la corsa all’affitto dei pascoli da parte di gente che non ha alcun interesse e noi che invece ci campiamo col pascolo, non sappiamo dove portare le greggi. Questa situazione è uguale un po’ dappertutto in quest’area: in alcune zone gli affittuari vengono dal Nord, nel resto del territorio soprattutto dal Sud (in particolare dalla Puglia).
Sono tre anni che perdo i pascoli, perché l’Amministrazione ha preferito darli a una società di Padova (che può pagare un alto affitto) e che a volte sub-affitta ad altri di fuori (di Foggia e di Roma). Così ho perso anche centinaia di titoli che avevo.
7-8 anni fa ci sono stati dei problemi con dei pastori del Sud e il Parco fece un’ordinanza di chiusura dei pascoli per consentire al manto erboso di rigenerarsi. Uno di questi pastori fece un’interrogazione parlamenta-re [...] Poi si è arrivati ad un compromesso....Qua si prendono la montagna; è malavita e ci fanno anche movimenti di droga".
La ricerca non ha colto quello che stava succedendo; tuttavia,il processo partecipativo che viene attivato a partire dai suoi esiti conoscitivi evidenziano la necessità di fare ordine nella gestione dei pascoli. "È così che il Parco si impegna in un nuovo progetto - prosegue Calandra - il Life Praterie (2013-2017), che prevede, tra le sue azioni più qualificanti, la redazione di Linee guida condivise per la regolamentazione del pascolo attraverso un lungo processo partecipativo". Il progetto si svolge "in un clima crescente di tensione perché accanto a chi è interessato alla regolamentazione dei pascoli e confida sinceramente nel Parco in quanto soggetto sovraordinato in grado di mettere a disposizione adeguate risorse istituzionali, politiche, organizzative, tecniche, etc., c’è anche chi, forte di un potere che trae la sua forza da una enorme disponibilità finanziaria di ingannevole provenienza e una rete di soggetti che abilmente si muovono nei meandri di cavilli e codicilli burocratici, nei sistemi informatici e, sul territorio, con prestanomi e poveri ingenui, in poche parole sostiene che:
"Non c’è bisogno di regolamentare i pascoli. Le cose vanno lasciate così come sono".
In questo scontro dissimmetrico, "a farne le spese, in vari modi, in particolare a partire dal 2017, è soprattutto chi opera onestamente nel territorio. Anche perché, va detto, in tutta questa storia la Regione Abruzzo non aiuta, sia a livello politico sia amministrativo. Essa contribuisce di fatto ad alimentare la confusione e il vuoto normativo".
A ogni modo, il Life Praterie giunge a conclusione: "le Linee guida ci sono; il numero minino di amministrazioni, previsto dal progetto, che si impegnino formalmente ad adottarle per i propri regolamenti, viene raggiunto; si procede alla rendicontazione e il tutto trasmesso alla Commissione Europea. "Tutto a posto, quindi? Niente affatto, perché chi ha partecipato e operato nel progetto prova incredulità, sconcerto, delusione, rabbia, sconforto per l’amara conclusione del percorso partecipativo:
"Benissimo il lavoro del Parco perché ha aperto questo tema che sennò non sarebbe mai esploso. Ma non ce l’abbiamo fatta. Il Parco poteva aiutarci a difenderci dalle minacce.
Quello che abbiamo capito è che il Parco, una istituzione importante, di livello nazionale, vale meno di noi singoli allevatori. Le intenzioni erano buone ma non ci siete riusciti, cioè un ente pubblico come un parco non è riuscito a coinvolgere tutti gli amministratori. Il Parco, a questo punto, vale meno di noi!".
"Eh, già... aggiunge Lina Calandra. Ma del resto, come sostiene un professionista 'il Parco si è immischiato in un affare molto più grande di lui!'. Ma cosa ci può essere di 'più grande' di una istituzione statale che coinvolge 3 regioni, 5 province, 44 comuni e un comando dei Carabinieri-forestale? Questo ci siamo chiesti. Sembrerà incredibile, ma neppure a questo punto la cornice generale di ciò che succede sui pascoli viene messa chiaramente a fuoco, forse per un inconsapevole rifiuto di credere che le nostre bellissime montagne possano essere infestate dalla criminalità. Ebbene, sarà necessario tornare sul territorio, luogo per luogo e persona per persona, percorrere decine di migliaia di chilometri e dedicare ore e ore all’ascolto per acquisire la piena consapevolezza che sui pascoli montani dell’Abruzzo – e non solo – operano da oltre vent’anni quasi indisturbate varie organizzazioni: dal Nord, dal Sud e dal Centro Italia".
Conclude Calandra: "Dopo oltre 900 interviste (da maggio 2017 a marzo 2019), noi ora non abbiamo dubbi. E per questo abbiamo deciso di rendere pubblico quanto ci è stato confidato e affidato. Perché è 'giusto' coltivare, attraverso la ricerca, la rabbia per quello che succede di profondamente ingiusto sebbene, il più delle volte, con volto 'legale'. In questa storia, ci sono eroi sconosciuti e anonimi che hanno combattuto e continuano a combattere le loro battaglie nel silenzio e nell’isolamento quasi totale: interverranno le istituzioni affinché si possa dire di aver vinto la guerra? Poi c’è chi si è arreso, chi si è lasciato incantare dal luccichio di facili guadagni per poi rimanere incastrato in meccanismi pericolosi: interverranno le istituzioni affinché si ponga fine a questo giogo mortale? C’è chi sa e tace; chi favorisce, agevola, supporta: interverranno le istituzioni?".