Non intendiamo entrare nel merito di una polemica stucchevole, convinti che vada tutelata, innanzitutto, la libertà d'insegnamento, l'autonomia educativa degli istituti scolastici e la tranquillità di presidi, studenti e insegnanti. Tuttavia, è bene ribadire che Bella Ciao è un canto universale: "assorbe tutte le libertà negate e per questo non ha confini" ha spiegato Carlo Pestelli dialogando con la giornalista di Left Donatella Coccoli.
Cantautore torinese con studi linguistici alle spalle e una passione per la cultura popolare, Pestelli ha sentito versioni varie della canzone e ascoltato storie e testimonianze della resistenza. E poi ha cercato in Francia e in tanti altri Paesi. Alla fine ha scritto il libro Bella Ciao, la canzone della libertà (add editore), pubblicato nel 2016.
"Bella Ciao non è una canzone datata nel tempo, non è relegabile a qualcosa di ormai passato; è una canzone 'rifunzionalizzabile'. E’ come se avesse lasciato i contorni storici alle spalle venendo continuamente 'rifunzionalizzata': dai bambini, dagli studenti, dalle femministe, fino ai lavoratori in sciopero alla fine degli anni '60 che avevano voglia di nuove parole d’ordine".
La canzone, quasi silenziosamente è andata per gemmazione a costituirsi tra il 1943 e il 1944 in Emilia, in Piemonte, ma anche in Veneto e qualcuno ritiene in Abruzzo, visti i partigiani della brigata Maiella che liberarono Bologna insieme agli alleati. "La guerra finisce e tutti si misero a cantarla", racconta Pestelli. "Storici come Cesare Bermani, Roberto Leydi, Franco Castelli, Franco Coggiola, hanno indagato per decenni su Bella Ciao, anche alla ricerca di un autore; si sono arresi, perché Bella Ciao è la 'carta assorbente' di diverse versioni di canto popolare che poi sono confluite in questa canzone".
D'altra parte, "ha una forte ritmicità tanto che colpisce anche i bambini piccoli, poi ha delle parole fondamentali della nostra cultura: 'bella' che è l’aggettivo petrarchesco per antonomasia e 'ciao'. E inoltre riesce a tracciare una storia ideale di partecipazione popolare a una causa, quella della libertà, la più amata da tutti in un modo, per così dire, circolare. Inizia come in una fiaba, 'stamattina mi son svegliato', che già ti pone all’ascolto con una certa facilità. E poi, è vero, nel finale c’è uno che muore, ma muore per la libertà, non muore per la rossa bandiera o per il sol dell’avvenire: anche in questo riesce a slegarsi dall’utopia resistenziale".
E' stata la canzone un po’ di tutti. "Lo è stata dell’antifascismo, che negli anni '50 era un concetto che sonnecchiava, e che poi è stato risvegliato negli anni '60 ma da una generazione diversa. Ma non dimentichiamo che negli anni '70 Benigno Zaccagnini concludeva le assisi dei lavori della Dc con Bella Ciao".
La canzone ha avuto molta fortuna all’estero, ne esistono una quarantina di versioni ma se ne producono continuamente. "In Grecia l’hanno cantata per la vittoria di Tispras, in Turchia la cantano in chiave anti Erdogan. Ci sono i russi putiniani che stanno nel sud est ucraino e la cantano in chiave anti ucraina e i nazionalisti ucraini che la cantano in chiave anti russa. Tra le minoranze berbere viene cantata in chiave antialgerina o antitunisina".
Bella Ciao è una creazione collettiva. "Un autore non c’è. Qualcuno come Ivan Della Mea – ma non è proprio lui la fonte diretta – sosteneva che l’autore forse era un medico ligure che viveva a Montefiorino nel Modenese, ma di fatto la canzone comincia a diffondersi a Bologna, a Montefiorino. Intanto nel 1944 a Torino una donna racconta che sentiva cantare una canzone sull’aria di Bella Ciao con parole leggermente diverse nelle Carceri nuove. C’è poi chi nell’immediato dopoguerra racconta che ai festival della gioventù di Berlino di Nizza e di Praga, la cantavano tutti. C’erano delegazioni di giovani comunisti, tra cui anche Enrico Berlinguer che la insegnavano agli altri compagni. E la cantavano davvero tutti. Ad un certo punto c’era chi diceva che l’autore fosse Enzo Biagi che è stato partigiano e che era proprio della zona dove sarebbe nata. Anch’io dopo un po’ mi sono arreso. Invece ho scoperto che il Paese che più di tutti ha contribuito alla diffusione della canzone è stato la Francia grazie a un cantante di origine italiana, Yves Montand".
Per quanto riguarda il testo, ci sono dei progenitori. Un canto in particolare intitolato 'Fior di tomba', che diceva 'mi son svegliato e ho trovato il mio amor', risale al XIX secolo, molto noto in Piemonte e in Veneto. Il finale è drammatico perché è l’amore non corrisposto. "Bella Ciao, insomma, assorbe tutte quelle libertà negate che fanno parte del canto popolare: il condannato, l’amore non ripagato, la famiglia come prigione… Il fiore lasciato sulla tomba è il simbolo del ricordo. Un po’ come l’albero della libertà. Dove c’è una minoranza che rivendica dei diritti si può essere sicuri che c’è anche Bella Ciao".