Nei giorni scorsi, l'Istat ha pubblicato i dati sulla diminuzione della popolazione nel nostro Paese che restituiscono un quadro preoccupante per la provincia dell'Aquila: in soli 9 mesi del 2019 (periodo gennaio-settembre), la nostra provincia ha perso 2158 residenti rispetto al 1° gennaio 2019, di cui 1265 dovuti al saldo naturale morti-nascite e 893 al saldo migratorio verso altri territori. Di questi ultimi, il 60% sono uomini e il 40% donne.
Con un indice percentuale di incidenza rispetto alla popolazione dello 0,7% in meno rispetto all’anno precedente (quello relativo alla popolazione dell’intero Paese si attesta a un indice percentuale pari allo 0,19%), l’Abruzzo si attesta allo 0,46%, con una diminuzione complessiva di popolazione regionale pari a 6072 residenti, di cui 4753 per saldo naturale e 1319 per saldo migratorio. In sostanza, la tendenza alla diminuzione di residenti per la provincia dell’Aquila è circa quattro volte maggiore di quella riferita all’intero paese, di quasi il doppio se ci riferiamo invece alla regione Abruzzo.
Il segretario generale della Cgil, Francesco Marrelli, ha espresso la preoccupazione della Camera del Lavoro chiedendo una nuova stagione di confronto politico, che ponga al centro le possibilità legate ai finanziamenti europei e la possibilità che la nostra provincia possa proporsi come un laboratorio d’iniziativa, dove sperimentare i temi dello sviluppo sostenibile, dell’inclusione sociale e dell’innovazione tecnologica. Una preoccupazione condivisa dalla FLC Cgil dell’Aquila che sottolinea come i dati forniti dall'Istat siano "in tendenza con una situazione diffusa da anni e che, pertanto, non dovrebbero stupirci; tuttavia, ripropongono pesantemente ed inesorabilmente le difficoltà di garantire la permanenza delle istituzioni scolastiche sui territori interni della nostra vasta provincia".
Come è stato più volte evidenziato, "le scuole delle nostre aree interne sono presidi di cultura e socialità che non possiamo permetterci di perdere - sottolinea la segretaria generale Miriam Anna Del Biondo - ma ogni anno, soprattutto al momento della definizione degli organici, dopo la chiusura delle iscrizioni, ci ritroviamo a fare i conti con numeri insufficienti relativamente a parametri nazionali che non sono adeguati alle piccole realtà interne".
L’impossibilità di sopravvivere alla rigidità dei parametri per le nostre zone fragili è stata più volte manifestata anche alla politica "con la reiterata richiesta di impegnarsi perché tali parametri, contenuti nel DPR 81 del 2009, siano rivisti, sia relativamente al numero minimo di iscritti/e per la formazione delle classi, sia relativamente al tetto minimo di alunni per l’autonomia delle istituzioni scolastiche che, ricordiamo, ammonta a 400 alunni per i comuni di montagna e a 600 per tutti gli altri. Sono numeri inadeguati per le nostre scuole, dove, quando si riesce a non chiudere, si ricorre comunque alla formazione delle pluriclassi".
Molte delle istituzioni scolastiche della provincia dell'Aquila sono a rischio di chiusura da Navelli a Pescasseroli (ormai in deroga da anni), solo per citarne un paio, "e non si può pensare che il problema sia solo della scuola o degli uffici scolastici che ogni anno si ritrovano a dover tirare da ogni lato la coperta che si restringe", aggiunge Del Biondo; "perché la scuola, ribadiamo con forza, è parte di un progetto sociale più ampio e il problema dello spopolamento che la coinvolge pienamente non si risolve senza una convinta contrattazione sociale territoriale che coinvolga tutti i soggetti del nostro territorio sia su temi sociali che di sviluppo locale, al fine di coniugare i diritti di cittadinanza, tra cui quello allo studio e all’istruzione, con i diritti del lavoro. A tal fine ricordiamo che l’11 settembre 2019, proprio perché preoccupati dalla situazione della zona della Valle Peligna che in termini di spopolamento è una della più fragili, durante una conferenza stampa tenuta a Sulmona, abbiamo invitato la politica all’apertura di tavoli per confrontarci su possibili azioni per arginare il rischio di desertificazione di uno dei territori paesaggisticamente e culturalmente più ricco della nostra provincia. Così come, ad esempio in occasione della paventata, tamponata ma non risolta chiusura del Convitto Nazionale all’Aquila, abbiamo rivolto lo stesso invito alla politica del capoluogo. Chiaramente non abbiamo avuto risposte".
La FLC Cgil ribadisce la convinzione che "solo quando sulle aree interne si agirà con nuove proposte e non con vecchie dinamiche e solo quando si comprenderà che i nostri territori possono essere oggetto di programmazioni differenti anche sperimentando modalità e possibilità comunitarie, che tengano presenti le risorse che tali aree rappresentano e non i problemi che preferiamo leggervi, non potrà esserci un’inversione di tendenza. Comprendiamo e condividiamo, dunque, l’appello del sindaco di Navelli Paolo Federico ma, relativamente alle proposte, una domanda sulla loro fattibilità, in assenza di un patto politico territoriale forte, forse dovremmo farcela. Soluzioni random non risolvono il problema. Le nostre scuole tengono ancora in vita i paesi ed i borghi e, come abbiamo più volte affermato, perderle significherebbe perderci, perché rappresentano l’identità del nostro territorio".