Nessun aquilano dimenticherà mai il 6 aprile 2009. Ma c’è anche chi ricorderà per sempre il 4 aprile. Infatti è stato proprio il sabato precedente al terremoto che di buon mattino e di buonissimo umore Manuela si è recata dal notaio per firmare il rogito dell’acquisto di alcuni terreni a Cese di Preturo.
E' così, dopo mille peripezie, che ha avuto inizio l’avventura che stiamo per raccontarvi. Lei è aquilana, lui, Paolo, è di Bologna, ma stanno insieme da un po’ e vivono all’Aquila. Si sono conosciuti nell’azienda dove lavorano, che ha sede a Milano: informatore farmaceutico specialist lei, manager lui. Vivono viaggiando in realtà, si vedono solo nel weekend, spesso sono costretti a lasciarsi biglietti sulle rispettive macchine parcheggiate in aeroporto perché lei rientra e lui parte. E quando non viaggiano per lavoro viaggiano per piacere, costruendo le vacanze tra musei e cantine. Perché hanno una forte passione che li unisce, il vino.
Hanno in mente di sposarsi, ma vorrebbero trascorrere più tempo insieme. Nasce da qui l’idea di un “doppio salto mortale”, come lo definisce Manuela quando ci sediamo a tavola con lei per una chiacchierata. Una scelta a dir poco coraggiosa. Lei dà le dimissioni dal lavoro - non senza un interrogatorio dell’incredulo sindacato che le chiedeva se fosse vittima di mobbing o simili - per acquistare dei terreni e metter su un’azienda vinicola. “All’inizio volevamo dar vita a questo sogno nelle Marche. I terreni qui costavano molto, e in più eravamo scettici sulla possibilità di poter vinificare in questo territorio. Ma Paolo ha insistito, allora abbiamo fatto diversi prelievi per analizzare i terreni, che sono risultati identici per composizione a quelli del Trentino Alto Adige”.
Così Manuela e Paolo hanno comprato due ettari incolti, oggi tutti dedicati a tipologie di vigneto di montagna tutelati dal CERVIM, un’istituzione con sede in Val d’Aosta che difende la cosiddetta “viticoltura eroica”. Una forte escursione termica tra il giorno e la notte e la maturazione precoce sono i fattori che caratterizzano il clima ideale per traminer, pinot nero, riesling renano e chardonnay.
E’ questa la particolarità dell’Azienda Castelsimoni: non vigneti abruzzesi ma vigneti perfettamente adatti al clima e al territorio. Una scelta coraggiosa ma anche un grande investimento economico perché i nostri amici fanno tutto da soli: cura del vigneto, di cui Paolo sembra essere gelosissimo, vendemmia, imbottigliamento ed etichettatura. “Ho avuto paura all’inizio e ho paura ogni giorno”, ci racconta Manuela sulla splendida terrazza che si affaccia sul vigneto. “Soprattutto nel dover affrontare una mentalità poco aperta e pronta a criticare chi si muove per fare qualcosa di diverso. Ma avevamo molta fiducia nella qualità del nostro vino, ed è andata bene”.
Così, l’anno scorso, Manuela e Paolo hanno imbottigliato la prima annata: 2.500 bottiglie tutte vendute, sul mercato regionale e non solo. Ora la produzione è aumentata, siamo a 7.000 bottiglie. Manuela ci tiene a raccontare una storia che sia vera, che non sia una costruzione per il mercato. Lei era informatore farmaceutico, Paolo è un manager. Entrambi non sapevano minimamente cosa volesse dire dedicarsi alla terra e vivere in base ai ritmi della natura. E’ stato un cambiamento di stile di vita radicale. “Ho fatto alcuni corsi di gestione dell’azienda, che sì servono, ma sono noiosi. Il più l’ho imparato frequentando laboratori tematici e stando ore seduta nel vigneto con un panino e una bottiglietta d’acqua a curare una ad una le piantine. Certo, la mia vita di prima mi manca un po’, viaggiavamo molto, e quando eravamo all’Aquila nel tempo libero non mancavano aperitivi, teatro, cinema. Adesso ci si alza presto e si va a letto presto. La cosa che accomuna il prima e l’oggi è proprio il vino. Però adesso è il nostro!”.
Nell’azienda, oltre alla cantina scavata nella montagna, c’è una casa ristrutturata con un piccolo agriturismo e due camere da letto. Un salone con camino e pochi tavoli, un ambiente accogliente ma non troppo rustico, dove è possibile fare degustazioni guidate o pranzare ma solo su prenotazione: Manuela non ha il congelatore, per i suoi ospiti fa’ la spesa volta per volta presso le aziende agricole locali.
Facciamo un giro nelle stanze e in cantina: ci colpisce che l’intera azienda sia priva di barriere architettoniche: dalla cantina alla sala da pranzo, alle camere e i bagni non c’è un solo gradino. Una caratteristica non di poco conto che merita di essere segnalata. “E poi il passaparola va da sé, ed è la migliore pubblicità per avere clienti che si affezionino al nostro vino e a noi”, ci racconta Manuela.
Rientra Paolo dal lavoro, si toglie giacca e cravatta e sparisce nel vigneto. Ci sembra di poche parole, ma ha un gran bel sorriso soddisfatto che ci basta. Facciamo scorta di bottiglie: ogni vino ha ovviamente un nome scelto in base ad una storia. Il nostro preferito è Altair, un traminer chiamato come la stella più luminosa della costellazione dell’aquila la cui disposizione ricorda il rapace simbolo della nostra città. D’altronde questa azienda doveva nascer nelle Marche, e siamo particolarmente felici che sia invece nata qui. “Il nostro progetto a breve termine è realizzare un passito da abbinare ai dolci. L’obiettivo più ambizioso, o meglio il nostro sogno, è produrre uno spumante”. Allora facciamo un grande in bocca al lupo a Manuela, sicuri che l’uva in questo caso ha fatto un doppio dolce miracolo: ha prodotto un vino di ottima qualità, che dà lustro al nostro territorio, ma ha anche fatto la felicità di una coppia aquilana.