Undici università italiane, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, l’UNHCR - l’Agenzia ONU per i Rifugiati, Caritas Italiana, Diaconia Valdese e Gandhi Charity hanno aderito ad un protocollo d’intesa che darà a 20 studenti rifugiati attualmente in Etiopia l’opportunità di proseguire il loro percorso accademico in Italia attraverso delle borse di studio.
Il progetto, denominato University Corridors for Refugees (UNI-CO-RE), si avvale della partecipazione delle Università dell’Aquila, di Bologna, Cagliari, Firenze, Statale di Milano, Padova, Perugia, Pisa, Sassari, Iuav di Venezia, e Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli.
Si tratta del proseguimento del progetto pilota partito nel 2019 con la partecipazione di due università e sei studenti.
In base al nuovo protocollo, gli atenei, anche attraverso il fondamentale sostegno di un’ampia rete di partner locali, assicureranno il supporto necessario agli studenti per frequentare un programma di laurea magistrale della durata di due anni e per integrarsi nella vita universitaria.
“Nel mondo ancora troppi rifugiati non hanno accesso all’istruzione”, ha dichiarato Chiara Cardoletti, Rappresentante di UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “A livello di istruzione superiore la situazione è drammatica: solo il 3 per cento riesce ad accedere contro il 37 per cento della media globale. Grazie all’impegno delle università coinvolte, progetti come UNI-CO-RE non solo permettono ai rifugiati di arrivare in maniera sicura in Italia per sviluppare il loro talento, contribuendo alla comunità locale, ma riaccendono la speranza in milioni di bambini e ragazzi attualmente in esilio a causa di guerre e persecuzioni”.
Gli studenti saranno selezionati sulla base del merito accademico e della motivazione, attraverso un bando pubblico e da comitati di esperti individuati da ciascuna università. Entro il 2030 l’UNHCR si pone l’obiettivo di raggiungere un tasso di iscrizione del 15% a programmi di istruzione superiore per i rifugiati in paesi d’accoglienza e paesi terzi anche attraverso l’ampliamento di vie di accesso sicure che tengano in considerazione i bisogni specifici e le legittime aspirazioni dei rifugiati di costruire il loro futuro in dignità.