Venerdì, 29 Gennaio 2021 16:32

Capitale italiana della cultura, la stucchevole polemica su Procida e l'urgenza di confrontarsi sui progetti e non sui titoli

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“L’amministrazione di Procida non è schierata con l’attuale governo, a differenza di altre città come Bari o Taranto, quindi non parlerei di scelta politica”.

Così il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, aveva commentato a caldo la decisione della giuria Mibact di assegnare il titolo di Capitale italiana della cultura 2022 a Procida. “Faccio i miei complimenti al comune di Procida” aveva aggiunto Biondi; “sono contento anche perché è stata premiata una piccola comunità, segno che si può fare cultura anche al di fuori delle grandi metropoli”.

Sono passati dieci giorni e, a seguito di un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità, che ha messo in luce presunti conflitti d’interesse tra la commissione esaminatrice e i curatori del dossier di candidatura di Procida, all’Aquila si è voluta alimentare una polemica su un altrettanto presunto scippo ai danni della città.

Ora, se ci sono ombre sull’assegnazione del titolo è giusto che si faccia piena chiarezza; pare francamente un poco artificioso, però, sollevare dubbi per la presa di posizione della ex eurodeputata del Pd, Silvia Costa, che ha esultato alla notizia del riconoscimento a Procida intravedendo la possibilità di una collaborazione con l’isola di Ventotene laddove è commissaria del governo per il recupero dell’ex carcere borbonico. D’altra parte, sul progetto di Ventotene l’esecutivo ha stanziato una somma di 70 milioni di euro, a fronte del milione riconosciuto alla Capitale della cultura. Tra l’altro, persino Vasto ha festeggiato la scelta di Procida, con la proposta di un progetto di collaborazione che abbia come filo rosso la storia della famiglia d’Avalos che ha governato l’isola fino al ‘700. A dire che è lecito che territori che sentano assonanze con Procida provino a sviluppare collaborazioni sfruttando il traino del riconoscimento.

E poi, come ha giustamente sottolineato Biondi, c’erano altre candidature – quella di Bari, in particolare, col sindaco dem Antonio Decaro che è anche presidente dell’Anci, l’associazione nazionale dei comuni italiani – più vicine politicamente al Pd e al ministro Dario Franceschini.

Ma non è questo il punto.

Pure ci fossero ombre, non si capisce come mai la scelta di Procida dovrebbe essere ‘sentita’ come uno scippo all’Aquila: chi l’ha detto che sarebbe stata la nostra città la Capitale italiana della cultura, non si fosse preferita la candidatura dell’isola campana? E ancora: come mai la polemica, al momento, trova risonanza soltanto all’Aquila e non nelle altre 8 città che pure erano in corsa, e con dossier piuttosto convincenti?

L’Aquila ha ottenuto il titolo di città europea dello sport 2022: ci si è domandati come si è arrivati a questo riconoscimento, in una città che ha visto le sue squadre professionistiche di calcio e rugby precipitare negli abissi e con impianti sportivi assolutamente inadeguati ad un capoluogo di Regione?

Ora, il punto è un altro: quando faremo uno scatto in avanti, quando smetteremo di sentirci il centro del mondo, la città dalle sorti magnifiche e progressive scippata continuamente di ciò che gli dovrebbe spettare? Quando inizieremo a parlare di progetti piuttosto che di titoli di cui fregiarsi?

L’Aquila ha fatto un percorso importante confezionando il dossier di candidatura a Capitale italiana della cultura; si è affidata a professionisti di altissimo spessore, Pier Luigi Sacco e Alessandro Crociata, che hanno disegnato traiettorie di rilancio possibili e concretamente perseguibili. Ha messo in campo una proposta credibile, diversamente da ciò che accadde allorquando la città si candidò a Capitale europea della cultura.

Si riparta dal lavoro fatto, si lascino stare le polemiche.

Procida è stata favorita? Non sta a noi dirlo: certo è che aveva un dossier ben costruito, con un messaggio che, fortuna loro - essendo stato pensato prima della pandemia - è parso centratissimo sul momento storico particolare che stiamo vivendo; la cultura non si isola, costruisce ponti: quale messaggio più potente in un periodo in cui siamo tutti isolati, impossibilitati alla piena vita sociale e comunitaria, ed in cui la cultura, fruita in modi diversi, riesce a farci sentire, tuttavia, ancora connessi? E che dire del dossier di Taranto, che aveva lavorato sulla cultura come volano di rilancio anche ambientale in una terra martoriata dall’inquinamento?

L’Aquila non ha avuto il titolo, ma ha un dossier su cui lavorare; un dossier che ci interroga, su ciò che si è fatto in questi anni e su ciò che si dovrà fare nei prossimi per essere davvero una città di cultura, oltre i riconoscimenti formali. E’ giusto ricordare che in palio c’era un milione di euro: ebbene, se si fossero sommate le risorse - ad oggi ancora congelate - stanziate dal Governo per il decennale, per l’organizzazione del discusso Festival degli Incontri fatto saltare per motivi ideologici, con i fondi impegnati per le Luci d’Artista si sarebbe arrivati alla stessa somma.

Non solo.

A valere sui fondi Restart, il Comune dell’Aquila è amministrazione titolare dei progetti per lo sviluppo delle potenzialità culturali del cratere: sull’asse sono stati stanziati 13 milioni e 200 mila euro fino al 2020 – altro che Capitale italiana della cultura – di cui 3 milioni appostati sul 2016, 3 milioni e 100 mila sul 2017, 2 milioni e mezzo su 2018 e 2019, 2 milioni e 100 mila sul 2020, spalmati su diversi filoni.

Che cosa hanno prodotto e che cosa lasceranno sul territorio?

Di questo bisognerebbe discutere, non del presunto scippo di titoli e di riconoscimenti formali.

Le risorse ci sono, e ne sono state stanziate dai diversi governi che si sono succeduti come in nessun altro territorio d’Italia; ora, abbiamo anche un progetto su cui investire. E che ci indica delle strade precise: “dovremo concentrarci su come la cultura permette di innovare”, ha sottolineato in una intervista a newstown Pier Luigi Sacco; “uno dei temi sui quali l’Europa spenderà tante risorse è proprio il rapporto tra cultura, benessere psicologico, salute e coesione sociale. Se L’Aquila provasse a porsi come capitale ideale delle aree interne, rappresentativa di tanti altri territori italiani, e cominciasse a sviluppare progetti innovativi in queste direzioni, non semplicemente continuando ad organizzare il solito calendario di attività culturali tradizionali – per quanto di altissimo livello – ma esplorando nuove modalità attraverso cui la cultura possa creare impatto sociale e migliorare la qualità della vita dei cittadini, questo sì che sarebbe un passo avanti importante per diventare una delle città della cultura italiana”.

In una chiacchierata col nostro giornale Alessandro Crociata, che al GSSI si occupa di verificare empiricamente e di studiare l’impatto dell’accumulazione di capitale culturale, in termini di accessi e consumi, sui comportamenti degli individui - l’idea alla base dei suoi studi è che l’accumulazione di capitale culturale induca gli individui ad essere più aperti mentalmente e in grado di sostenere comportamenti pro-attivi nei confronti del mondo che li circonda – ha chiarito che il sistema culturale “deve essere lasciato libero di produrre, com’è ovvio, imparando però a ragionare in termini più ampi di ‘pubblici’ della cultura, portando la produzione culturale a contatto con le altre dimensioni, con gli altri pezzi che fanno parte della struttura socio-spaziale-relazionale che fa la città”.

E’ questo il senso dello sviluppo a base culturale.

Non basta investire centinaia di migliaia di euro sugli eventi culturali, come è stato fatto all’Aquila negli ultimi anni – dalla Perdonanza ai Cantieri dell’Immaginario fino al sostegno alle Istituzioni culturali per le loro attività – ragionando semplicemente in termini di pubblico che ‘consuma’ cultura nei termini classici cui siamo abituati, al teatro assistendo ad uno spettacolo o davanti ad un palco per un concerto. “Non bisogna ragionare per compartimenti stagni, per politiche settoriali”, ha ribadito Crociata ai nostri microfoni; “se si investe nel settore culturale, dentro un disegno ampio di coinvolgimento della base sociale, con un’idea di sviluppo micro-fondato, basato sul comportamento dell’individuo, si ottengono impatti rilevanti su altre dimensioni. Ecco il motivo per cui è importante sostenere anche la domanda, dare incentivi alla partecipazione, fare progetti culturali dal basso che sappiano mettere insieme più attori del sistema città”.

E’ su questi principi che si fondava il dossier di candidatura dell’Aquila. La strada è segnata.

Un’ultima riflessione: la cultura costruisce ponti, era il sottotesto della candidatura di Procida; è proprio così: è necessario aprirsi in ambito culturale, non essere autoreferenziali, contaminare e farsi contaminare, fuori dalle ideologie politiche. Negando screzi col ministro Franceschini in merito al Festival degli Incontri, il sindaco Biondi ha detto che, semmai, si è confrontato con altri “per un progetto un po’ stravagante, che avrebbe voluto insegnare a L’Aquila cos’è la cultura”.

Averne di progetti che insegnino cos’è la cultura: di imparare non si dovrebbe smettere mai. E sì, anche L'Aquila ha bisogno di imparare che di gloriosi passati si riempiono i libri di storia non i giorni futuri. In questo senso, è stato un errore grave perdere l’esperienza del Festival della Partecipazione, ‘scippato’ da Bologna che l’ha fortemente voluto, evento nato e cresciuto all’Aquila e che, in città, ha portato migliaia di ospiti in centinaia di eventi capaci, appunto, di generare partecipazione dal basso, a partire dalle scuole, alla costruzione del processo culturale.

Ultima modifica il Sabato, 30 Gennaio 2021 22:39

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