La pandemia di COVID-19 affligge il mondo ormai da un anno e mezzo.
Dall’identificazione del primo caso nazionale di infezione da Coronavirus a Codogno nel 2020, la pandemia sta interferendo pesantemente con la quotidianità degli Italiani.
Ricerche nazionali ed internazionali hanno dimostrato come il sonno risulti essere una delle vittime privilegiate della attuale emergenza sanitaria.
Nel mese di marzo 2020, due settimane dopo l’inizio del primo lockdown, il laboratorio di Psicofisiologia del Sonno e Neuroscienze Cognitive del Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche dell’Università degli Studi dell’Aquila ha avviato la prima indagine nazionale volta a comprendere l’impatto su larga scala della pandemia in corso sulle abitudini di sonno e sul benessere psicologico della popolazione italiana, attraverso la somministrazione online di una batteria di questionari.
Lo studio ha previsto tre misurazioni: durante l’intero periodo di lockdown hanno partecipato alla ricerca circa 14mila Italiani. Di essi, oltre 2mila hanno preso parte ad una seconda misurazione, effettuata durante la penultima settimana di lockdown. Infine, oltre 2 mila partecipanti sono stati ritestati longitudinalmente durante le due settimane che hanno seguito il picco di contagi della seconda ondata di infezione da COVID-19 (novembre-dicembre 2020).
L’intero progetto, denominato “Il sonno ai tempi del Coronavirus”, ha consentito di approfondire le conoscenze sulle ripercussioni della pandemia sul benessere degli italiani, apportando un prezioso contributo alla ricerca scientifica.
In un primo lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista Neurobiology of Stress (https://doi.org/10.1016/j.ynstr.2020.100259), è stato dimostrato come i due generi hanno reagito differentemente al prolungamento delle misure restrittive. In particolare, gli uomini sono andati incontro ad un deterioramento dei disturbi del sonno e psicologici nel corso del periodo di confinamento forzato. Ma probabilmente il dato più interessante è stato pubblicato in questi giorni (https://doi.org/10.1093/sleep/zsab080) dalla rivista SLEEP, giornale scientifico leader mondiale nel campo della ricerca sul sonno, nonché rivista ufficiale della Sleep Research Society.
Durante l’attuale periodo di distanziamento sociale e limitazioni delle attività all’aperto, il pervasivo aumento di utilizzo di dispositivi elettronici (smartphone, computer, tablet e televisione) è un dato incontrovertibile. "Soprattutto durante il periodo di lockdown della scorsa primavera, le tecnologie (in particolare i social media) hanno avuto un ruolo determinante nel fronteggiare il lungo e stressante periodo di isolamento. Tuttavia, l’esposizione a schermi retroilluminati nelle ore precedenti l’addormentamento può avere serie ripercussioni sul benessere del sonno, da una parte mimando gli effetti dell’esposizione alla luce solare, e quindi interferendo con la ritmicità circadiana dell’ormone melatonina, e d’altra parte andando a contrastare la sonnolenza serale a causa dei contenuti emozionalmente e psicofisiologicamente attivanti" spiega il Prof. Michele Ferrara, responsabile del progetto di ricerca e Direttore del Laboratorio di Psicofisiologia del Sonno e Neuroscienze Cognitive dell’Università degli Studi dell’Aquila.
Lo studio ha dimostrato che i partecipanti che hanno riportato, tra l’inizio e la fine del periodo di lockdown, un aumento dell'utilizzo di apparecchi elettronici nelle 2 ore pre-sonno, hanno mostrato un peggioramento della qualità del sonno, un’esacerbazione di sintomi di insonnia, una riduzione della durata del sonno, un aumento della latenza di addormentamento, e uno spostamento in avanti della fase di sonno (orari di addormentamento e risveglio ritardati). Al contrario, la riduzione di esposizione a schermi elettronici è risultata associata a un miglioramento generale della qualità del sonno e dei sintomi di insonnia, mentre nessuna differenza è emersa nel gruppo che ha mantenuto invariato il proprio rapporto con la tecnologia
"La sovraesposizione a dispositivi elettronici, in particolare gli smartphone, nelle ore pre-addormentamento è un'abitudine profondamente radicata nella nostra società sin da prima della attuale emergenza pandemica, soprattutti tra i giovani. A nostro parere, l’attuale periodo di distanziamento sociale ha gettato ulteriore benzina sul fuoco" spiega il dott. Federico Salfi, dottorando di ricerca in Medicina Sperimentale presso lo stesso laboratorio e primo autore degli articoli.
L'evidenza di una stretta relazione tra il cambiamento di abitudini di utilizzo di dispositivi elettronici e il decorso dei disturbi del sonno suggerisce che, ora più che mai, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui rischi associati a tali comportamenti potrebbe rivelarsi cruciale per limitare gli ormai ben noti e pervasivi effetti della pandemia da COVID-19 sul sonno degli Italiani. Infatti, lo stesso gruppo di ricerca ha già dimostrato, in un articolo pubblicato nel marzo 2021, che la seconda ondata di contagi dell’autunno/inverno 2020 è stata caratterizzata da una prevalenza di disturbi del sonno comparabile a quella del primissimo lockdown, in un contesto di aumentato stress percepito della popolazione generale (dati pubblicati sulla rivista ufficiale dell’European Sleep Research Society, Journal of Sleep Research, https://doi.org/10.1111/jsr.13313).