Domenica, 13 Giugno 2021 22:32

Di gentrificazione, effetto Airbnb e residenzialità: riflessioni sul centro storico

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Gentrificazione è un concetto sociologico che indica il progressivo cambiamento socioculturale di un'area urbana da proletaria a borghese a seguito dell'acquisto di immobili, e loro conseguente rivalutazione sul mercato, da parte di soggetti abbienti. Sinteticamente, può essere definita come processo di imborghesimento di aree urbane un tempo appannaggio della classe operaia, la quale è progressivamente rimpiazzata non potendo più economicamente sostenere i nuovi standard qualitativi del luogo di residenza.

GENTRIFICAZIONE E’ la definizione che trovate su wikipedia del concetto di gentrificazione.

Da Williamsburg a Brooklyn a New York, dal Pigalle a Parigi a Shoreditch a Londra fino a Kreuzberg a Berlino: le prime persone a trasferirsi nei quartieri all’epoca proletari furono artisti, intellettuali, bohemien, attratti dai prezzi bassi, dall’autenticità dei luoghi e dalla scelta anticonformista di andarci a vivere. Con l’aumento delle persone che si trasferivano, però, arrivò anche chi voleva guadagnarci: le case, spesso vecchie e in cattive condizioni, vennero ristrutturate, edifici industriali in disuso vennero trasformati in appartamenti, e vennero costruiti nuovi palazzi. Il prezzo delle case iniziò a salire. Arrivarono nuovi negozi, dai supermercati a quelli più piccoli e alla moda.

Così, col tempo i quartieri gentifricati sono rimasti vittime del loro stesso successo.

I primi “nuovi abitanti” dei quartieri, gli artisti, sono stati spesso anche i primi a lasciarli: le nuove costruzioni, l’aumento dei nuovi residenti e dei nuovi negozi, e la scomparsa di quelli vecchi, hanno portato la maggior parte dei quartieri a perdere la loro autenticità e la loro identità originale, che era stata uno dei motivi che aveva innescato il fenomeno.

Una lunga premessa per dire che no, il centro storico dell’Aquila – di cui si sta discutendo in queste settimane – non è ‘vittima’ di un processo di gentrificazione, non recente almeno e non nel senso qui descritto.

Già prima del terremoto, il centro non era certo un posto popolare, con prezzi accessibili per i giovani e per le famiglie; e di certo, non sta accadendo che i vecchi abitanti siano costretti ad andarsene. Sta accadendo altro però, di difficile definizione considerato che L’Aquila è in fase di ricostruzione dopo un sisma che ha gravemente danneggiato il suo centro storico; un fatto unico, nella storia recente e non solo italiana.

Sta accadendo che il centro storico si stia riconfigurando senza che siano state scritte delle regole condivise, senza che sia stata individuata una precisa vocazione, senza che si sia discusso di ciò che dovrà essere in futuro.

Paradossalmente, il terremoto poteva rappresentare una opportunità che non è stata colta: guardando a ciò che accadeva altrove, L’Aquila avrebbe potuto sperimentare politiche pubbliche innovative capaci di ripensare il cuore pulsante della città nei termini di uno sviluppo economico, sociale e culturale sostenibile.

Una occasione persa, e oggi lo stiamo toccando con mano.

CENTRI STORICI ED EFFETTO AIRBNB Abbiamo già scritto che, in questi anni, si è pensato alla ricostruzione fisica senza che ci si preoccupasse della ricostruzione immateriale; abbiamo sottolineato come il centro storico, oggi, offra poco altro rispetto ad una bevuta in compagnia.

E a pagarne le spese sono soprattutto i giovanissimi che stanno crescendo in luoghi senza identità che non restituiscono il senso di comunità, e di cura dei beni comuni. Purtroppo, le risposte che arrivano vanno esclusivamente in senso securitario.

Tra gli spunti di riflessione più interessanti, in queste ore, c’è una mappa – la vedete in alto, a destra – pubblicata da Roberto Laglia, direttore d'albergo, che indica le soluzioni proposte in affitto su Airbnb nel centro storico dell'Aquila.

Proviamo a spiegarvi il motivo per cui la mappa di Laglia ci pare così interessante.

Oltre la gentrificazione, dovremmo concentrarci sul tema della residenzialità. Già prima del terremoto, erano relativamente pochi i residenti in centro storico: al marzo 2009, erano 10.161 e, tra questi, il 28% aveva più di 65 anni. In sostanza, c’era un patrimonio immobiliare doppio rispetto agli effettivi residenti.

Tuttavia, c’erano un gran numero di abitazioni affittate agli studenti che rendevano il cuore della città vivo e pulsante.

Oggi, gli studenti fuori sede che affittano casa in centro sono diminuiti drasticamente; alcuni degli abitanti storici hanno deciso di non rientrare, per svariati motivi. In più, e qui sta la specificità aquilana, l’edilizia è stata quasi completamente riqualificata con fondi pubblici, trasformando, in alcuni casi, vecchi palazzi in veri e propri gioielli, con un certo numero di cittadini che ha fiutato l’opportunità di rendere le abitazioni ricostruite con i soldi dello Stato vere e proprie strutture dell’ospitalità, da affittare per brevi e brevissimi periodi piuttosto che a lungo termine.

Il Ladest (Laboratorio dati economici, storici e territoriali) dell’Università di Siena ha studiato la penetrazione di Airbnb, e sistemi simili, in 13 città italiane dimostrando come l’uso di queste piattaforme digitali per gli affitti temporanei stia trasformando il tessuto urbano. 

Se la pratica di prendere in affitto una casa privata o una stanza per un breve periodo di vacanza è sempre esistita, la sua accelerazione elettronica ha prodotto effetti dirompenti in giro per il mondo: impennata dei prezzi degli affitti a Berlino, crisi abitativa a Los Angeles, rivolte dei residenti a Barcellona. E anche quella che viene definita “disneyficazione” in Italia. Un fenomeno tutt’altro che nuovo per le città d’arte del nostro Paese: centri storici popolati sempre più da una popolazione variopinta e transeunte, e sempre meno da residenti stabili; attività commerciali che si rivolgono sempre più a questa popolazione a scapito di quella residente; ridicole caricature di “tipicità” e “tradizione” mai esistite spacciate, a ogni angolo di strada, a turisti dai gusti facili.

La letteratura su questi temi è vasta: il sociologo Giovanni Semi ha documentato come i centri storici delle città italiane, non solo quelle “d’arte”, siano sempre più luoghi adibiti alla vita notturna e al turismo e sempre meno luoghi di residenza stabile.

Airbnb non crea certo il fenomeno bensì, attraverso un sistema facile e veloce per affittare un appartamento ai turisti, non fa altro che esacerbarlo e produrre delle dinamiche economiche potenzialmente esiziali per una città. E’ documentato, infatti, che a una densità particolarmente alta di appartamenti offerti su Airbnb in una determinata zona corrisponda un innalzamento del costo degli affitti a lungo termine, il che contribuisce a disincentivare i residenti permanenti. Uno dei paradossi della diffusione di Airbnb è quello di invogliare i turisti a scegliere di alloggiare in un appartamento privato, invece che in un albergo, per immergersi nell’autenticità della cultura locale; autenticità che, così facendo, contribuisce però a distruggere, riempiendo le abitazioni dei centri storici di turisti e svuotandole di residenti.

E’ un fenomeno negativo, dunque? Sì, per alcuni aspetti; è vero anche, però, come dimostra uno studio di Banca d’Italia pubblicato nel 2018 – “Turismo in Italia: numeri e potenziale di sviluppo” – che, in questi anni, si è assistito ad una polarizzazione ‘verso l’alto’ dell’offerta alberghiera, da 4 stelle in su, con il sistema dei piccoli alberghi economici che è andato in crisi; Airbnb e le piattaforme simili hanno dato una risposta a questa nicchia di mercato, offrendo alloggi a prezzi più o meno contenuti ma di qualità maggiore rispetto alle strutture ricettive tradizionali.

Non solo.

In alcune città, le piattaforme hanno contribuito ad aumentare il numero di posti letto destinati all’offerta turistica, potenziando l’offerta e, così, stimolando la richiesta.

La mappa pubblicata da Laglia ci racconta che il così detto fenomeno Airbnb si sta sviluppando anche all’Aquila, con numeri certamente più piccoli rispetto alle grandi città d’arte ma con dinamiche che, nei suoi aspetti positivi e negativi, andrebbero analizzate e opportunamente governate attraverso una pianificazione attenta ad evitare che possano degenerare verso la “disneyficazione”, come è stata definita.

E ciò si fa in un solo modo, stimolando la residenzialità: vanno messe in campo, per tempo, politiche pubbliche innovative che possano incentivarla.

E’ soltanto con un aumento dei residenti che potranno riaprire botteghe, negozi di vicinato, attività di prossimità che non sono sostenibili laddove non ci sono abitanti fissi; non è un caso che proliferino bar, pub, ristoranti che rispondono alle esigenze dei turisti (in un numero ancora relativo), di coloro che lavorano negli uffici pubblici e privati (ancora pochi) e dei cittadini aquilani che, per lo più, frequentano il centro storico in orari serali.

STIMOLARE LA RESIDENZIALITA' Le principali città interessate dall’esplosione degli short term rentals in giro per il mondo stanno adottando approcci diversi: Berlino ha limitato l’affitto turistico ad una sola stanza per casa; Amsterdam ha posto un limite di 90 giorni all’anno per l’affitto a breve termine di proprietà residenziali.

In Italia un certo numero di città ha siglato accordi con la piattaforma per la riscossione della tassa di soggiorno, trattenuta da Airbnb su ogni pernottamento e versata ai comuni, sostanzialmente assimilando gli appartamenti affittati attraverso Airbnb agli alberghi. Al tempo stesso, è stata introdotta anche una cedolare secca del 21% da applicare a tutti i ricavi derivanti dalla piattaforma, assimilando così gli affitti a breve termine a quelli a lungo termine. Insomma, quello che l’Italia prova a fare è racimolare qualche soldo rinunciando anche solo a tentare di governarlo.

Eppure la natura della piattaforma, che dispone di dati aggiornati in tempo reale su tutte le stanze e abitazioni offerte, occupate e libere, permetterebbe di sperimentare tecniche di pianificazione che potrebbero servire ad evitare la trasformazione urbana dei centri storici e ad estendere i benefici del turismo anche ad aree e categorie sociali che ne sono attualmente esclusi.

Alcune proposte visionarie sono state avanzate per la città di Londra. Si è proposta, in particolare, l’introduzione di diritti di “sharing” assegnati e revocati dinamicamente dall’amministrazione cittadina a chi sia interessato ad offrire i propri spazi ai turisti. Collaborando con la piattaforma, le amministrazioni potrebbero così indirizzare i flussi spostando i diritti di sharing da una zona all’altra della città, in modo da scongiurare la concentrazione di affitti turistici nelle stesse zone, e indirizzare un certo numero di turisti (e i relativi benefici economici) in zone che difficilmente questi sceglierebbero autonomamente.

E’ una ipotesi interessante.

C’è poi il caso di Parigi, con l’amministrazione della sindaca Anne Hidalgo che si è messa da tempo di traverso ad Airbnb e alle altre piattaforme. Qui, due proprietari sono stati condannati dalla Corte d’Appello a pagare una multa rispettivamente di 15mila e di 25mila euro, oltre al ripristino dell’uso abitativo di due appartamenti che avevano destinato a canoni di locazioni brevi ma senza aver ricevuto autorizzazione da parte dell’amministrazione cittadina. Nella sentenza si legge che il codice dell’edilizia e dell’abitazione francese prevede che per Comuni al di sopra di 200mila abitanti, così come nella periferia interna di Parigi, il cambio di destinazione d’uso delle seconde cose per affitti brevi sia sottoposto all’autorizzazione da parte del Comune.

Una sentenza confermata dalla Corte di giustizia europea, a ribadire che la legislazione nazionale può autorizzare o meno i canoni di locazione di breve durata se la decisione è volta a contrastare la carenza di alloggi destinati ad affitti di lunga durata. Il pronunciamento va quindi nella direzione di tutela del diritto alla casa nelle grandi città turistiche contro la pratica degli affitti brevi che si diffondono tra i proprietari di seconde case: è stato chiarito che un’autorizzazione agli affitti brevi da parte delle amministrazioni è pienamente compatibile con la normativa europea.

I giudici hanno anche aggiunto che “la lotta contro la carenza di alloggi destinati alla locazione a lungo termine costituisce un motivo imperativo di interesse generale che giustifica tale normativa”.

Come detto, all'Aquila siamo ancora lontani dai fenomeni che si riscontrano nelle grandi capitali europee e nelle città d'arte italiane; d'altra parte, le soluzioni in affitto su Airbnb e le altre piattaforme stanno avendo il pregio, da un lato, di aumentare l'offerta di posti letto e, dall'altro, di dare risposta ad una specifica nicchia di turisti. Eppure, la tendenza agli affitti brevi è da monitorare, una spia di ciò che potrebbe accadere nei prossimi anni.

I fenomeni non si subiscono, si dovrebbero governare.

Sarebbe impensabile che il Comune dell’Aquila imponesse un limite ai giorni d’affitto a breve termine di proprietà residenziali nel corso di un anno? Forse no. Più difficile sarebbe introdurre i diritti di sharing come si sta ipotizzando a Londra. Tuttavia, andrebbe almeno avviato un dibattito pubblico partecipato sulle politiche da mettere in campo per provare a gestire fenomeni che rischiano di diventare ingovernabili, sul lungo periodo, stravolgendo completamente il senso del centro storico cittadino.

A leggerla così, è più che positiva l’intuizione del collegio di merito che, riportando un certo numero di studenti in centro, contribuirà a dare una piccola spinta alla residenzialità, con l’auspicio che l’effetto sia di far riabitare il centro dagli universitari; è altrettanto positiva la scelta del GSSI che ha reso dato vita ad uno studentato alla Villa Comunale. Al contrario, è assolutamente negativa l’idea di ‘portare fuori’ dal cuore della città i residenti delle case popolari, come accaduto nel caso di Porta Leoni, e per giunta con l’obiettivo di realizzare dei parcheggi.

Ci sarebbe la leva fiscale da attivare; si dovrebbe discutere della possibilità di ridurre la tassazione a chi affitta una abitazione per periodi lunghi a prezzi concordati, tenendo le imposte comunali al massimo per gli immobili sfitti. E ancora: si dovrebbe approfondire attentamente il tema della rigenerazione, in termini di residenzialità, dell’ingente patrimonio immobiliare pubblico acquisito a seguito del terremoto, o in ricostruzione, per favorire coloro che volessero vivere in centro storico.

Lo ribadiamo: va stimolata la residenzialità, altrimenti il rischio è che il centro storico si ripensi soltanto in termini turistici, o comunque venendo incontro alle esigenze dei cittadini che finirebbero per viverlo soltanto di sera: è una legge di mercato.

Iniziamo a discuterne ora, prima che sia troppo tardi.

Ultima modifica il Lunedì, 14 Giugno 2021 17:00

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