Oggi inizia la discussione in sede di V Commissione di Regione Abruzzo il disegno di legge numero 203, ad oggetto "Riconoscimento e tutela del diritto alla sepoltura dei bambini mai nati", depositato nel luglio scorso dal capogruppo di Fratelli d'Italia nel Consiglio regionale d'Abruzzo Guerino Testa, dal consigliere e presidente della commissione Sanità Mario Quaglieri e dal consigliere e sottosegretario alla presidente della Giunta Umberto D'Annuntiis.
La proposta prevede che per ogni aborto che si verifica prima delle 28 settimane e dopo i 90 giorni, qualora i genitori non provvedano o non lo richiedano, il seppellimento sia disposto dalla ASL in una specifica area cimiteriale. Di fatto, quindi, la sepoltura in un cimitero cattolico diventerebbe obbligatoria a prescindere dalla volontà della donna, in quanto o la donna acconsente a fare la sepoltura o la sepoltura sarà comunque effettuata.
"Riteniamo che il provvedimento abbia un valore umano e simbolico incommensurabile", hanno spiegato i proponenti. L’obiettivo è quello di "intervenire in materia funeraria e di polizia mortuaria per legittimare il diritto alla sepoltura dei bimbi mai nati di età gestionale inferiore alle ventotto settimane, non solo in presenza della formale richiesta dei genitori ma anche laddove questa risulti mancante".
"Nel pieno rispetto della Legge 194/78, che regolamenta l’interruzione volontaria della gravidanza - hanno inteso sottolineare gli esponenti di FdI - intendiamo colmare una rilevante lacuna normativa di questa Regione (modificando la legge n. 41 del 10 agosto 2012) affinché venga affermato il diritto ad una degna sepoltura a tutte quelle creature che non sono riuscite a venire al mondo, identificandole come vita. Contestualmente, con il provvedimento si intende rivolgere la massima attenzione e tutela a quelle donne che abbiano già subito un importante trauma con la perdita del proprio figlio, impedendo che ne patiscano un altro con la scoperta, spesso tardiva, che il feto verrà smaltito tra i rifiuti speciali".
Avverso il provvedimento si sta mobilitando un ampio fronte politico e sociale.
La protesta delle opposizioni in Consiglio regionale
I consiglieri regionali di centrosinistra hanno definito la proposta "inutile e strumentale". La sepoltura dei bambini non nati, infatti, è già un diritto nella legislazione italiana: "in una regione che non aiuta i giovani con iniziative e progetti affinché trovino lavoro e non siano costretti a fuggire, che non sostiene le donne con incentivi e risorse in grado di assicurare loro parità reddituali e professionali e dove proprio donne e giovani sono i soggetti più toccati dagli effetti della pandemia, per Fratelli d’Italia diventa prioritario un gesto che interviene a gamba tesa su situazioni dolorose e intime e umilia le donne e su cui ci prepariamo a fare ostruzionismo", l'affondo dei consiglieri d'opposizione.
Sui diritti civili, "è necessario un confronto aperto e trasversale – hanno ribadito – che resti attuale e non faccia fare all’Abruzzo passi indietro sui diritti acquisiti e, soprattutto, non nasconda strumentalizzazioni come quelle sull’efficacia e la valenza della legge 194, o la somministrazione della pillola del giorno dopo, su cui il centrodestra ha sempre puntato il suo mirino. Ad oggi, non riscontriamo nessuna politica reale per sostenere la responsabilità genitoriale e rendere la famiglia non un sogno irrealizzato ma una scelta; nulla per favorire il diritto alla casa, per un nuovo welfare regionale, per promuovere e sostenere l’occupazione femminile. Anzi, le donne abruzzesi perdono il lavoro e sono professionalmente meno garantite ed economicamente le più svantaggiate della società".
Durissima la capogruppo del Movimento 5 stelle Sara Marcozzi. "Con il progetto di legge regionale presentato sui bambini mai nati - le sue parole - Fratelli d'Italia utilizza la politica per entrare a gamba tesa nella vita privata degli abruzzesi con imposizioni vergognose. Evidentemente i proponenti Testa, Quaglieri e Liris intendono passare alla storia come i peggiori legislatori di tutti i tempi. Nessuno può conoscere quale dolore e quale sofferenza ci sia alle spalle di un aborto, e certamente non dovrebbero essere dei consiglieri regionali a imporre obblighi di legge che scavalcano libertà che bisognerebbe garantire, soprattutto nei momenti di estrema difficoltà. Purtroppo questo è il modus operandi del centrodestra, che continua a portare l'Abruzzo indietro, a navigare in direzione contraria rispetto alla storia e alle conquiste civili ottenute negli ultimi decenni. Bene fanno le numerose associazioni a scendere in piazza per far sentire la propria voce contro questo progetto di legge inaccettabile".
La battaglia delle associazioni femministe: sit-in all'Emiciclo
Ed in effetti, sono previste manifestazioni di protesta a Pescara e all'Aquila; il collettivo Fuori Genere ha organizzato un sit-in alle ore 13 a Palazzo dell'Emiciclo. "Il nostro - spiegano - sarà un sit-in per chiedere che si prenda posizione contraria rispetto a questo scempio che calpesta i nostri diritti e la nostra libertà di scelta annientando il nostro diritto all’autodeterminazione. Piuttosto riteniamo che sia urgente rendere chiari i consensi informati inserendo tutte le eventuali possibilità sul destino del feto o del prodotto del concepimento, che sia necessario garantire la piena libertà di scelta sull’eventuale sepoltura e pretendere l’abolizione di tutti gli accordi tra ospedali e ASL con le associazioni cattoliche".
D'altra parte, le realtà femministe abruzzesi Zona Fucsia Pescara/Chieti, Collettivo Malelingue Teramo, Rete 8 Marzo L'Aquila, Presenza Femminista Avezzano, in queste settimane, non hanno mancato di far sentire la loro voce contro un provvedimento che "va ad attaccare in maniera manipolatoria e subdola una delle leggi più fragili e screditate durante questo periodo storico, ovvero la legge 194/78 che garantirebbe l’interruzione volontaria di gravidanza presso le strutture sanitarie pubbliche. Un vero e proprio attacco violento e aggressivo, in quanto attecchisce sulla nostra autodeterminazione nel decidere della nostra maternità scambiando, di nuovo ed erroneamente, un diritto inalienabile, come quello di decidere sui nostri corpi, per un assassinio, paragonando delle semplici cellule fecondate con un bambino o bambina 'mai nato/a'".
Sulla stessa lunghezza d'onda la Conferenza delle Democratiche: "Ancora una volta Fratelli d'Italia, la forza politica di destra che amministra la Regione ostenta tutta la sua subcultura forse sperando di rimediare volgarmente alle figuracce finora collezionate: dai contestatissimi spot sul turismo alla totale assenza di consapevolezza dei problemi degli abruzzesi. Pensare di 'intervenire in materia funeraria e di polizia mortuaria per legittimare il diritto alla sepoltura dei bimbi mai nati di età gestionale inferiore alle ventotto settimane, non solo in presenza della formale richiesta dei genitori ma anche laddove questa risulti mancante' è semplicemente medievale. Strumentale e vergognosamente fuorviante giustificare il ritorno di proposte retrive riferendosi alle donne come coloro 'che abbiano già subito un importante trauma con la perdita del proprio figlio impedendo che ne patiscano un altro' ma in realtà additandole come colpevoli".
Cgil chiede audizione e annuncia: "Porremo in essere ogni azione di contrasto riservandoci di agire anche legalmente"
Annuncia battaglia anche la Cgil che ha avanzato richiesta di audizione in Commissione e, in una nota firmata da Rita Innocenzi della Segreteria regionale e da Loredana Piselli, del Coordinamento Donne SPI, ha anticipato che porra in essere ogni azione di contrasto riservandosi di agire anche legalmente a tutela dei diritti delle donne abruzzesi. "Le prime battute della relazione illustrativa parlano del ‘riconoscimento del diritto alla sepoltura dei bambini mai nati di età gestionale inferiore alle ventotto settimane’: una falsità, fake news come si direbbe di questi tempi. Il diritto a richiedere la sepoltura dei ‘prodotti abortivi’ infatti esiste già ed è esercitabile dai genitori. In altri termini, su richiesta di questi ultimi e, quindi, giustamente, solo ed esclusivamente con il loro consenso espresso ed in presenza di certificato medico che riporti tutte le indicazioni del caso, è possibile procedere con l’eventuale seppellimento del prodotto abortivo".
In pratica i genitori, secondo la disciplina dello Stato, sono gli unici soggetti abilitati a chiedere la sepoltura del feto. La normativa vigente rende sempre possibile, quindi, la sepoltura, garantendo alle famiglie una libertà di scelta. "E allora quale novità vuole introdurre questa ‘straordinaria’ proposta di legge? La risposta è terribile e risiede nel voler introdurre l’obbligo, una volta captata la notizia di un aborto – ‘ad ogni aborto’ recita la macabra proposta – di disporre da parte della ASL la sepoltura dei prodotti del concepimento, anche in assenza di una richiesta da parte della madre ed in generale dei genitori, e quindi all’insaputa della donna. Terribile se si pensa che possano essere arbitrariamente fornite a soggetti terzi notizie sull’intervenuta interruzione di gravidanza, in evidente contrapposizione con qualsivoglia principio di tutela".
Ma come si può pensare ad una tale inciviltà? "La circostanza, infatti, che al fuori dalle procedure previste dalla legge vigente, soggetti terzi estranei ai fatti, vengano a conoscenza dell’interruzione di una gravidanza, al fine di predisporre gli atti amministrativi aventi ad oggetto l’inumazione del feto in una area indicata quale ‘campo di sepoltura dei bambini del territorio comunale’ è lesiva della privacy espressamente tutelata dalla Legge 22 maggio 1978 n. 194 - Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza; più precisamente l’art. 5 comma 2 della L.194/1978 recita: “Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie”.
La proposta di Legge contrasta, quindi palesemente, con i principi ispiratori della Legge 194/1978 quali la tutela, la dignità, la libertà di scelta e la privacy della donna e del padre, principi secondo cui l’interruzione volontaria della gravidanza, rappresenta appunto una libera scelta della donna, spesso sofferta e necessaria. "Al di fuori dai casi previsti dalla L. 194/1978 dalla normativa nazionale in nessun modo possono essere acquisite informazioni relative all’interruzione di gravidanza e per questi profili tale proposta appare lesiva di diritti fondamentali anche di rilevanza costituzionale quali la riservatezza, Va inoltre sottolineato come la scelta, libera e consapevole, non può essere additata dalla società come una colpa di cui vergognarsi".
La finalità della Legge 194/1978 è stata allora ed è oggi quella di garantire e legittimare l’atto interruttivo della gravidanza senza che questo sia connotato in modo negativo sotto il profilo etico, tutelando ed affermando il principio di autodeterminazione delle donne. "La proposta di legge si pone quindi in contrasto, contrariamente a quanto si tenta di sostenere nella relazione illustrativa, con il principio di solidarietà sociale".
Infine, emblematico è che proprio in queste settimane, anziché rinnovare la promozione di azioni volte al contrasto di ogni forma di violenza contro le donne, si avvii una discussione su un progetto di legge che nulla ha a che fare con quanto nella Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne adottata dalle Nazioni Unite nel 1993 che definisce la violenza contro le donne come "qualsiasi atto di violenza di genere che provoca o possa provocare danni fisici, sessuali o psicologici o la sofferenza delle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che si verifichino nella vita pubblica sia nella vita privata. "Imporre la sepoltura del feto, senza la richiesta e il consenso della madre, oltre a rappresentare una palese violazione della sua libertà personale, contrasta con i diritti riconosciuti dall’ordinamento giuridico italiano nonché dal diritto comunitario e internazionale. Seppellire il feto senza aver acquisito alcun consenso vuol dire violare la volontà della donna, rappresenta una grave forma di violenza idonea a determinare una sofferenza. Ogni donna, a prescindere dalle appartenenze politiche, in caso di una sua interruzione di gravidanza non sarebbe affatto contenta di sapere di una ingerenza esterna di chi indaga e dispone di suoi diritti che sono esclusivi e assolutamente personali. La politica che non si preoccupa del pensiero delle Donne fa male i conti: su queste materie delicatissime andrà a sbattere".