Giovedì, 16 Ottobre 2014 10:40

'Sblocca Italia': l'Abruzzo in piazza per dire 'no' al futuro nero dell'Adriatico

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"Un attacco all’ambiente senza precedenti e definitivo".

Comitati, organizzazioni e reti sociali di tutta Italia sono alle porte di Montecitorio, in presidio per due giorni, per dire 'no' al così detto decreto 'Sblocca Italia', varato dal governo Renzi. Un provvedimento che - denunciano - condanna il paese all’arretratezza di un’economia basata sul consumo intensivo di risorse non rinnovabili e concentrata in poche mani. "È un vero e proprio assalto finale delle trivelle al mare che fa vivere milioni di persone con il turismo; alle colline dove l’agricoltura di qualità produce vino e olio venduti in tutto il mondo; addirittura alle montagne e ai paesaggi sopravvissuti a decenni di uso dissennato del territorio. Basti pensare che il Governo Renzi rilancia le attività petrolifere addirittura nel Golfo di Napoli e in quello di Salerno tra Ischia, Capri, Sorrento, Amalfi e la costiera Cilentana, dell’omonimo Parco Nazionale".

In effetti, si sta arrivando al paradosso che le produzioni agricole di qualità, il nostro paesaggio e i tanti impianti e lavorazioni che non provocano inquinamento, compresi quelli per la produzione energetica da fonti rinnovabili quando realizzati in maniera responsabile e senza ulteriore consumo di territorio, non sono attività strategiche a norma di legge. Lo sono, invece, i pozzi e l’economia del petrolio che, oltre a costituire fonti di profitto per poche multinazionali, sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento. Eppure l’industria petrolifera non ha portato alcun vantaggio ai cittadini ma ha costituito solo un aggravamento delle condizioni sociali ed ambientali rispetto ad altre iniziative legate ad un’economia diffusa e meno invasiva.

"Nel Decreto - hanno tentato di spiegare gli attivisti riuniti a Montecitorio - la gestione dei rifiuti è affidata alle ciminiere degli inceneritori, mentre l’Italia dovrebbe puntare sulla necessaria riduzione dei rifiuti e all’economia del riciclo e del riutilizzo delle risorse. Tanti comuni italiani hanno raggiunto percentuali del 70-80% di raccolta differenziata coinvolgendo intere comunità di cittadini. Bruciare i rifiuti significa non solo immettere nell’ambiente pericolosissimi inquinanti producendo ceneri dannose alla salute e all’ambiente ma trasforma in un grande affare, concentrato in poche mani, quello che potrebbe essere una risorsa economica per molti. Le grandi opere con il loro insano e corrotto 'ciclo del cemento' continuano ad essere il mantra per questo tipo di 'sviluppo' mentre interi territori aspettano da anni il risanamento ambientale".

Il dramma è che il 'sistema Mose', l'approccio emergenziale ben noto ai terremotati aquilani, diventa la regola, con commissari e 'general contractor' che gestiranno grandi aree urbane in tutto il Paese. "Questo Decreto anticipa nei fatti le peggiori previsioni della modifica della Costituzione accentrando il potere in poche mani ed escludendo le comunità locali da qualsiasi forma di partecipazione alla gestione del loro territorio. Il provvedimento si configura come un primo passaggio propedeutico alla piena realizzazione del piano complessivo di privatizzazione e finanziarizzazione dell’acqua e dei beni comuni che il Governo sembra voler definire compiutamente con la legge di stabilità. Riteniamo che il Parlamento debba far decadere le norme di questo Decreto chiarendo che le vere risorse strategiche del nostro paese sono il nostro sistema agro-ambientale con forme di economia diffusa, dal turismo consapevole all’agricoltura, dalle rinnovabili diffuse alle filiere del riciclo e del riutilizzo".

cameraPer questo, già ieri mattina, i membri delle Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato (Ambiente e Attività Produttive) sono stati chiamati al confronto e alla riflessione sulle forzature normative e costituzionali contenute nel decreto da Alessandro Giannì, responsabile Campagne di Greenpeace Italia, Stefano Lenzi, responsabile dell’Ufficio relazioni istituzionali del WWF Italia, e Giorgio Zampetti, responsabile del Comitato Scientifico di Legambiente nazionale. All’incontro è intervenuto anche il costituzionalista abruzzese Enzo Di Salvatore, esponente del movimento “No Triv”. Con lui, più di trecento attivisti arrivati a Roma dalla nostra regione.

"L'Abruzzo non si vende!", si leggeva su alcuni striscioni. Lo Sblocca Italia - contro cui anche la Regione Abruzzo si è detta pronta ad opporsi in sede di Corte costituzionale - potrebbe infatti dare il via libera a numerosi progetti di estrazione petrolifera su 4.200 chilometri quadrati interessati da istanze di permessi di ricerca in terraferma, e ai tre procedimenti in corso per l’attivazione delle piattaforme off shore Ombrina Mare 2, Elsa 2, Rospo Mare 2. Riconosciute dal decreto come 'strategiche' e meritorie di procedure 'chiare ma commisurate alla natura di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità' per portare attuare la strategia energetica nazionale.

Un vero e proprio scempio. "Ci sono state aperture del tutto insufficienti da parte della maggioranza a modifiche dei testi", ha spiegato Augusto De Sanctis del Forum abruzzese per l’acqua. "Gli stessi esponenti della maggioranza hanno ammesso che sugli idrocarburi il testo del Governo non convince sotto molti aspetti, anche di carattere strategico per quanto attiene l'energia. I cittadini presenti hanno quindi chiesto di stralciare queste norme che loro stessi ammettono essere sbagliate. Purtroppo, la fedeltà al Governo appare essere più forte del buon senso e della difesa dei valori del territorio. Sono stati promessi non meglio precisati interventi sugli articoli; un approccio del tutto insufficiente per fermare la deriva petrolifera".

Una deriva che - almeno in Abruzzo - sta creando dei problemi in seno al Partito Democratico. Se è stata ribadita l'intenzione della Giunta regionale di opporsi in ogni modo allo 'sblocca trivelle' in Adriatico, ad oggi l'unico candidato alla successione del segretario regionale Silvio Paolucci, l'aquilano Paolo Della Ventura, ha chiesto al partito di prendere una posizione ufficiale. E di essere autonomo dalle decisioni del Pd nazionale: "E’ arrivato il momento - si legge in una nota - in cui il Partito democratico regionale prenda ufficialmente posizione sullo scempio che sta delineando lo Sblocca Italia, anche lungo la costa abruzzese. Ombrina Mare 2 ed Elsa Mare 2 non sono parchi di divertimento ma due progetti che rischiano di mettere a repentaglio in un solo colpo l’ambiente marino di una delle coste più belle d’Italia (quella dei Trabocchi) e, di conseguenza, il turismo balneare regionale. Semmai si faccia promotore affinché si spostino e si accrescano fondi per la tutela del territorio e per la sua messa in sicurezza. E’ quella l’opera pubblica più importante. Le amministrazioni locali sono contrarie, gli abruzzesi sono contrari ai rischi che porrebbero le trivelle. Il partito regionale, pertanto, sia rappresentativo di queste voci. Di recente anche il presidente D’Alfonso, tra l’altro, si sta dicendo contrario, come ha sottolineato anche qualche giorno fa a Bruxelles".

Staremo a vedere. Molto del futuro della nostra Regione si sta decidendo in queste ore. Intanto, per approfondire le criticità dello 'Sblocca Italia', Altreconomia ha immaginato una iniziativa editoriale unica: un istant book, con le firme di 16 autorevoli personalità, che smonta - pezzo per pezzo - il decreto varato dal Governo. Potete scaricarlo gratuitamente a questo link

"Il decreto Sblocca Italia è un doppio salto mortale all’indietro", scrive Tomaso Montanari in prefazione. "Un terribile ritorno a un passato che speravamo di aver lasciato per sempre. Un passato in cui 'sviluppo' era uguale a 'cemento'. In cui per 'fare' era necessario violare la legge, o aggirarla. In cui i diritti fondamentali delle persone (come la salute) erano considerati ostacoli superabili, e non obiettivi da raggiungere".

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