In un territorio abruzzese che ha un'estensione di oltre 10mila chilometri quadrati, la provincia dell’Aquila, che contiene la parte preponderante delle aree interne della regione, supera i 5mila chilometri quadrati, con circa 300.000 abitanti (in 108 comuni) e una bassa densità di popolazione.
Nel biennio 2012-2014 la provincia dell’Aquila è passata da 124.000 a 107.000 occupati, con una perdita secca di 17.000 posti di lavoro, circa il 15% dell’occupazione complessiva, nonostante il ricorso massiccio all’utilizzo degli ammortizzatori sociali difensivi. A denunciarlo sono i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil.
La perdita consistente di occupazione ha riguardato tutti i settori, con esclusione del solo comparto dell'agricoltura, ed ha coinvolto tutte le aree della provincia: l'area aquilana, la Valle Peligna-Alto Sangro e la Marsica. In particolare nella Valle Peligna, che già prima della crisi aveva subito un processo di inesorabile deindustrializzazione, successivamente si sono aggiunte altre drammatiche vertenze con cessazioni di attività e massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali che hanno coinvolto anche lo stabilimento Fiat Magneti Marelli. Nell'area della Marsica, che fino a qualche anno fa aveva conosciuto fasi anticicliche e investimenti industriali significativi, si è innescata una fase di pesante deindustrializzazione, che ha riguardato tutti i settori produttivi e dei servizi. Analoga situazione si è verificata nell'area aquilana dove, ad esclusione del comparto farmaceutico, che si conferma ancora anticiclico, sono aperte numerose vertenze con drammatiche ricadute occupazionali. Un esempio significativo, nel territorio provinciale, è rappresentato dalla condizione che vede a rischio tutti i centri di ricerca pubblici e privati. Tutti gli indicatori confermano quindi la drammaticità della grave situazione economica e sociale.
"Da un'attenta lettura dei dati si evince che la provincia dell'Aquila passa da un'incidenza sul totale regionale dell’export dal 20,5% nel 2001 al 10,5% nel 2008, fino al 5,6% nel 2015, con una riduzione nel periodo 2008-2015 pari al 52,43%", si legge nella nota firmata dai segretari provinciali Umberto Trasatti (Cgil), Paolo Sangermano (Cisl) e Michele Lombardo (Uil).
Analizzando i dati relativi agli ammortizzatori sociali riferiti a novembre 2015, si rileva che nella regione Abruzzo le ore complessive di cassaintegrazione guadagni (cig) autorizzate nel periodo gennaio-novembre si riducono del 31% rispetto allo stesso periodo del 2014, e tuttavia gli stessi dati riferiti alle singole province certificano che la provincia dell'Aquila è l'unica ad aver registrato un incremento del 12,7% di ore autorizzate (circa 7.320.000 ore) rispetto al 2014. Ed ancora, gli stessi dati evidenziano un ulteriore significativo aumento della cigs (cassa integrazione straordinaria) con oltre 5 milioni di ore nel 2015, inoltre si evince che la provincia dell'Aquila ha avuto un ulteriore significativo aumento dei lavoratori coinvolti dagli ammortizzatori, passando dai 13.122 nel 2014 a 15.572 nel 2015. Anche i dati del Cresa relativi al 2015 certificano una ulteriore pesante perdita di occupazione (-6,6%).
Inoltre dalla lettura del Bilancio Sociale dell'Inps emerge con evidenza il divario socio economico tra l’area metropolitana Chieti-Pescara e le zone interne montane, quasi totalmente rappresentate dalla provincia aquilana, dove si registrano 95.766 pensioni con importo medio mensile pari a 599 euro (-20% rispetto alla media regionale).
Dal contesto emerge che neanche gli interventi relativi ai Contratti di sviluppo con l'utilizzo del 5% dei fondi per la ricostruzione - da noi richiesti e previsti dalla Legge Barca - hanno invertito la tendenza negativa, e ciò anche a causa dei tempi di realizzazione rivelatisi lunghi e delle procedure farraginose. Inoltre le ricadute occupazionali legate agli investimenti previsti non hanno coperto, se non in minima parte, gli effetti drammatici delle numerose crisi industriali, delle procedure concorsuali e dei fallimenti delle aziende operanti nell’intero territorio provinciale.
"Neanche il processo di ricostruzione edilizia post-sisma ha rappresentato, per l’intero territorio provinciale, un volano per lo sviluppo - si legge nella nota - a causa della naturale presenza di imprese e lavoratori provenienti da altri territori non divenuti stanziali. Non è un caso che i dati demografici dell'intera provincia certificano un processo di lento e inesorabile spopolamento. A tutto ciò dobbiamo aggiungere le ricadute legate ai tagli al sistema dei servizi e alla riorganizzazione della Sanità nonché, in questo ambito, le conseguenze che deriverebbero dalla rigida applicazione del Decreto Lorenzin". A tal proposito, proprio per via della conformazione del vastissimo territorio e della bassa densità di popolazione, i sindacati credono necessario "ridefinire con la Regione Abruzzo gli ambiti territoriali di riferimento a cui garantire necessari servizi di qualità".
"Riteniamo inoltre - continuano Cgil, Cisl e Uil - che si debba operare all'interno del processo relativo al Disegno di Legge sulla ricostruzione, che non ha visto ancora avviato il suo iter parlamentare, per facilitare sia in termini di governance, sia in termini di procedure, l’utilizzo del 4% dei fondi della ricostruzione (divenuto strutturale), con l'obiettivo di facilitare investimenti ad alto contenuto tecnologico e di Ricerca, che abbiano importanti e certe ricadute occupazionali. In conclusione richiamiamo un'attenzione particolare agli effetti che la riforma degli ammortizzatori sociali avrà nel nostro territorio, a partire dalle prossime settimane, non solo a causa della cancellazione dello strumento della Cassa in deroga, ma anche sulla riduzione effettiva dei periodi e dei trattamenti degli ammortizzatori ordinari, in una provincia in cui la crisi sta manifestando ancora tutta la sua drammaticità".
Trasatti, Sangermano e Lombardo chiudono la nota chiedendo alla Regione Abruzzo di aprire con urgenza la "vertenza delle aree interne", con l’obiettivo di definire una vera e propria "strategia per le aree interne abruzzesi" che riguardi tutti i comparti a partire dall’industria, i servizi, la ricerca e la formazione, l’ambiente e il territorio, la cultura.
"In questo senso - conclude il comunicato - riteniamo che l'avvio di questa vertenza debba comportare, a fronte della condivisione della strategia, l’apertura di una interlocuzione e di un confronto anche con il Governo con l’intento di impegnare le risorse economiche necessarie al perseguimento degli obiettivi di crescita sociale ed economica".