Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di un cittadino aquilano indirizzata all'associazione "Progetto montagna", che fa capo al comitato cittadino per la riperimetrazione del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, che ha recentemente aperto una raccolta firme nell'Abruzzo interno [leggi gli articoli].
di Augusto Frezza - E' ancora fresca la notizia del raggiungimento di un certo numero di firme per un appello per indire un referendum per la riduzione-riperimetrazione dei confini di uno dei parchi nazionali più antichi d'Italia: quello del Gran Sasso e Monti della Laga. Fiore all'occhiello di un turismo di montagna forse mai veramente decollato ma che, già oggi, produce molto di più di quel che vogliono far sembrare.
Il ritardo, ricorrente, con cui l'inverno vero, che per L'Aquila e il suo turismo significa, fortunatamente, neve, potrebbe servire per far riflettere i promotori di questa oltraggiosa proposta di ridefinizione dei confini. Infatti, come sempre più spesso accade con l'innalzamento delle temperature terrestri (e sempre più spesso accadrà), l'oro bianco difficilmente riesce ad entrare in scena per la tanto agognata data dell'otto di dicembre.
Tutti coloro che vedono solo nella realizzazione di nuove infrastrutture e nello sfruttamento intensivo del nostro fantastico tremila metri, la possibilità di sviluppare turismo, cosa staranno pensando? Arriveranno tempi migliori? Potenziamo gli strumenti per la neve artificiale?
Creiamo ulteriori vasche artificiali cui attingere per la trasformazione dell'acqua in oro bianco? Mettiamo batterie di cannoni sparaneve che manco ad Austerlitz? Facciamo danze di buon auspicio? Ma poi, tutto sommato, per far cosa? Per portare in pista quanti più sciatori, nel tempo sempre più breve dell'odierno innevamento? Per far fare loro una sciata in più, una serpentina in più, una risalita in più... Per un euro in più?
Tra bufere di vento che neanche certi tifoni, guasti e manutenzioni, possiamo davvero restare impassibili mentre cercano di violentare un Parco e la sua montagna regina che avrebbe bisogno di ben altro approccio e considerazione? 45/50 giorni all'anno di discese ardite e di risalite e poi? Trecento giorni a vedere piloni, superseggiovie, funi d'acciaio, tiranti e strutture varie? Chioschi, ristoranti, baite, rifugi, strade, parcheggi abbandonati, in attesa paziente che il cielo scarichi di nuovo la bianca manna? Mi sembra follia. Legare le sorti del nostro Parco e del Gran Sasso unicamente allo sci da discesa e agli impianti? Cercando sveltine per far passare per adeguamenti quelle che invece sono risultate strutture altamente impattanti e nuove di zecca? Su tracciati nuovi e diversi?
Perché invece non organizzare una riflessione collettiva sul tanto che c'è da fare per non dovere, forse, un giorno rimpiangere di aver lasciato carta bianca agli odierni raccoglitori di firme? Bird watching, passeggiate a cavallo d'estate, d'inverno con slitta, sleddog, gite scolastiche, rilancio orto botanico d'altura, camminate, arrampicata, corsa in salita, turismo ambientale, settimane verdi, turismo congressuale, lancio eventi, presentazione libri, film e prodotti, realizzazione promozione e sfruttamento di un merchandising di livello, promozione e gestione di location per il cinema, collegate alla promozione di territorio e turismo e alla scoperta dei molteplici set cinematografici di celebri film, favorire le produzioni per spot pubblicitari, creazione stazioni di scambio per traversate a cavallo e a piedi, potenziamento camping d’altura esistente e creazione di attività ricreative stagionali, giornate ecologiche, giornate didattiche, giornate studio flora e fauna, utilizzo dell'osservatorio astronomico per fini didattici, ricreativi e di avvicinamento alla materia, trekking, sci di fondo, skate e classico, piste per il biathlon, ciaspolate, scuole e corsi per tante delle discipline menzionate, "safari" fotografici, collaborazione e sinergia tra università dell'Aquila e Parco.
Scuola e corsi da guida nelle strutture esistenti. Quante se ne possono praticare di strade, quante che non prevedano altro bitume, cemento, impianti e piloni! Turista utente, certo, ma non inteso come un dollaro che cammina. Utente ma partecipante. Anche solo l'idea di perseguire uno sviluppo del Gran Sasso che passasse per qualcuna di queste strade indicate denoterebbe senso civico, amore per l’ambiente, rispetto per l'esistente.
E invece siamo alle prese con una raccolta firme, che si abbatte, come la spada di Brenno, sui presunti e "odiosi" laccioli del Parco che impediscono la libera iniziativa, perfino per costruire una legnaia, e intende consegnare un paradiso, pure ridotto, a ruspe e progetti avveniristici.
Un altro Gran Sasso è, invece, possibile. Anzi necessario. Fermiamoci e contrastiamo l'idea stessa che sviluppare significhi sviluppismo sfrenato. E' una montagna forte e a tratti generosa. Ospita scienziati nel ventre e amanti sia di quiete che di sfide che di sport sulle sue spalle. I tratti, oggi brulli, che ne fanno un paesaggio così straniante e particolare che sembra di stare in Anatolia o nella Mesa, un tempo erano pieni di vegetazione e boschi ma, a causa dell'intenso sfruttamento, oggi prevale un aspetto lunare, apparentemente arido ma che nel sottosuolo conserva ancora un mare di preziosissima acqua.
Possibile non si riesca a capire che, anche se sembra tanto grande e forte, questa montagna è invece delicata e va trattata come un fiore? Ho indicato una quantità di attività che prevedono, unicamente, amore e voglia di vivere esperienze belle e uniche, se non irripetibili, al posto di macchine, da far arrivare in cima a ogni cresta, cemento armato e magari una bella pista da motocross... Curiosando sulle pagine web frequentate e rilanciate dai promotori del referendum riduzionista, ci si imbatte, spesso e volentieri, nell'esaltazione per il nuovo affaccio mozzafiato vetro-acciaio sul fianco nord del Monte... o per la pensilina sospesa nel vuoto a cinquemila metri di altezza sul versante est della cima tal dei tali, per godere di panoramiche sempre più impressionanti o pranzare in ristoranti ad altissima quota e poi via su piste che sfiorano il cielo.
Più adrenalina si riesce a produrre, più cemento si riesce a impiegare, maggiore la gioia per il trionfo dell'uomo sulla montagna o sulla natura in genere. Non si capisce il senso di questa sfida continua. In una fase della storia dell'umanità in cui l'unica opzione percorribile sembra essere un'intelligente decrescita, qui da noi si preparano le basi per un assalto che non farà prigionieri. Pensiamoci tutte e tutti.
Iniziamo per tempo a elaborare una resistenza a questa idea di sviluppo scellerata che prevede che, invece di estenderli i confini di qualsivoglia parco, li si debba ridurre perché in rotta di collisione con piste, alberghi, ristoranti, strade e impianti sempre nuovi, più veloci e sofisticati. Viene ridicolizzato perfino chi parla di corridoi naturali. Sono quelli che da secoli certi animali percorrono per andare e venire, per migrazioni, accoppiamenti e riproduzione.
Si lavora alacremente per far sì che questo terzo millennio rilasci, definitivamente, per questi inutili ingombri al "progresso", un biglietto di sola andata. No, non vi renderemo la vita facile. La montagna è di tutte e tutti e va difesa. Non si tirò indietro Pier Capponi e i fiorentini davanti a Carlo VIII e il suo immenso esercito noi che siamo, da meno? Voi suonerete le vostre trombe? Noi suoneremo le nostre campane!
*avvocato aquilano e appassionato di montagna