"Le anticipazioni del rapporto annuale sullo stato dello sviluppo del Mezzogiorno (Rapporto Svimez), riferito all'anno 2016, consegnano due informazioni importanti: da un dato, la crescita del Sud si consolida e il Pil aumenta dell’1 per cento, dall'altro in questo quadro complessivamente positivo la maglia nera spetta all’Abruzzo per i suoi dati negativi, che fanno registrare un forte calo dell’agricoltura e una contrazione della produzione industriale che scende del 2,2 per cento. Così, il prodotto interno lordo della regione, pur rimanendo a livelli più alti di tutto il Sud, è in diminuzione dello 0,2 per cento".
Ad affermarlo è il segretario regionale della Uil Abruzzo Michele Lombardo guardando i dati contenuti nell'ultimo rapporto Svimez, di cui sono uscite, qualche giorno fa, le anticipazioni.
"Per l’Abruzzo" si legge in una nota "i dati negativi risentono certamente della contrazione della spesa pubblica, determinata della fine della vecchia programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013 non compensata dall’avvio della nuova programmazione, dimostrando in questo modo quanto la spesa pubblica incida sulla crescita".
"Ma questi dati" continua la nota "sono tanto più preoccupanti se si considera che alla contrazione della produzione industriale corrisponde, nel primo trimestre del 2017, una flessione degli occupati del 3,7 per cento, pari a 18 mila unità lavorative in meno, con un aumento dei disoccupati dell’1,4 per cento: il dato peggiore degli ultimi dieci anni, di gran lunga superiore a quello nazionale, che ha segnato una diminuzione dello 0,4 per cento, ponendo l'Abruzzo al terzultimo posto nella graduatoria. I dati occupazionali sono evidentemente stati influenzati delle politiche di decontribuzione del 2015 che hanno condizionato il mercato del lavoro incentivando le assunzioni, con effetti positivi per tutto il 2016. Ma analizzando la qualità del lavoro generato complessivamente al Sud, secondo Svimez, si evidenzia come le aziende abbiano scelto soprattutto assunzioni part-time, creando occupazione a bassa retribuzione che, nonostante la complessiva fase di ripresa, non hanno migliorato lo stato di emergenza sociale che nella nostra regione resta con il 20,8 per cento degli abruzzesi a rischio povertà".
"Questo quadro - commenta Michele Lombardo, segretario generale Uil Abruzzo - ci deve far riflettere su come la crescita sia fragile se non è sostenuta da un tessuto industriale solido, alimentato da politiche capaci di conservare e rinforzare la storica ossatura industriale regionale, attrarre nuovi progetti di investimento e sostenere l’imprenditorialità giovanile. È necessario invertire la rotta cercando di migliorare la competitività delle imprese abruzzesi, soprattutto delle piccole, che da sole assorbono il 52 per cento degli occupati, ma a causa delle loro dimensioni sono limitate nell’accesso alle politiche industriali nazionali. Questo ci porta a ribadire che l’Abruzzo deve migliorare la sua capacità progettuale e realizzativa degli interventi pubblici, innovando la macchina della pubblica amministrazione. Dobbiamo utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione come il Masterplan, il Patto per lo Sviluppo, la Carta di Pescara, il Decreto per il Mezzogiorno, i Fondi Comunitari per invertire il valore negativo e riportare l’Abruzzo in vetta alle regioni del Mezzogiorno per crescita, sviluppo ed occupazione".
IL RAPPORTO
IL CONTESTO DEL 2016 – Il 2016 è stato positivo per il Sud, il cui PIL è cresciuto dell’1%, più che nel Centro-Nord, dove è stato pari a +0,8%. Ciò è la conseguenza di alcune condizioni peculiari: il recupero del settore manifatturiero, cresciuto cumulativamente di oltre il 7% nel biennio 2015-2016, e del +2,2% nel 2016, la ripresa del settore edile (+0,5% nel 2016), il positivo andamento dei servizi (+0,8% nel 2016).
PREVISIONI 2017 E 2018 - In base alle previsioni della SVIMEZ, quest’anno il PIL dovrebbe aumentare dell’1,1% al Sud e dell’1,4 % nel Centro-Nord. Nel 2018 la SVIMEZ prevede un aumento del prodotto dello 0,9% nel Mezzogiorno e dell’1,2% al Centro Nord. Il principale driver della crescita meridionale nel 2017 dovrebbe nuovamente essere la domanda interna: i consumi totali crescerebbero dell’1,2% (quelli delle famiglie dell’1,4%) e gli investimenti al Sud del +2%. Si prevede anche una crescita per l’occupazione. (+0,6%). La SVIMEZ ha stimato gli effetti dell’eventuale attivazione della clausola di salvaguardia relativa all’aumento delle aliquote Iva nel 2018 per circa 15 miliardi. Se, infatti, tale aumento diventasse operativo, sarebbe l’economia meridionale a subire l’impatto più negativo, in quanto nel biennio 2018 – 2019 il Pil del Sud perderebbe quasi mezzo punto percentuale di crescita (-0,47%), due decimi di punto in più rispetto al calo di prodotto presunto nel Centro-Nord (-0,28%).
L’EVOLUZIONE DEL PIL NEGLI ULTIMI ANNI – Nel 2016 il prodotto dell’Italia è cresciuto dello 0,9%, dopo essere aumentato dello +0,1% nel 2014 e del +0,8% nel 2015. Il recupero, però, è molto più lento se confrontato con l’Area dell’Euro, dove la crescita è stata doppia (1,8%) e con l’intera Unione Europea, dove è stato ancora maggiore (+1,9%). Si è quindi continuata ad allargare la forbice di sviluppo con l’Europa: dall’inizio della crisi nel 2008, il divario cumulato con l’Area dell’Euro è aumentato di oltre 10 punti percentuali, con l’Unione Europea di oltre 12 punti. Nel quindicennio 2001 – 2016 la caduta del Pil cumulato al Sud è stata del -7,2%, a fronte di una crescita del 23,2% dell’Ue a 28.
AUMENTO DI CONSUMI E INVESTIMENTI AL SUD NEL 2016 – La crescita del prodotto nel 2016 è stata sostenuta nel Mezzogiorno dall’aumento sia dei consumi che degli investimenti: entrambe le voci hanno mostrato, come nel 2015, un incremento positivo, dopo 7 anni di flessioni consecutive. I consumi finali interni sono aumentati al Sud dell’1%, quelli delle famiglie dell’1,2%, anche se nelle aree meridionali aumenta meno che nel Centro-Nord la spesa alimentare e quella per abitazioni. La crescita degli investimenti nel 2016, (pari al 2,9% nel Sud), è stata elevata sia nell’industria in senso stretto (+5,2%), dopo anni di flessioni, sia soprattutto nell’edilizia (+8,7%). L’andamento è stato, invece, negativo nell’agricoltura (-3%, dopo il +4,2% del 2015 che ha risentito dell’annata agraria eccezionale). Si conferma altresì la crescita dell’export, anche in un periodo di rallentamento del commercio internazionale.
FORTE CALO DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI AL SUD – Terminata nel 2015 la fase di accelerazione della spesa pubblica legata alla chiusura della programmazione dei Fondi strutturali 2007-2013, per scongiurare la restituzione delle risorse comunitarie, nel 2016 c’è stata una severa contrazione della spesa pubblica in conto capitale. Nell’anno ha toccato nel Sud il punto più basso della sua serie storica, appena 13 miliardi, pari allo 0,8% del Pil.
ANDAMENTI DISOMOGENEI DELLE REGIONI MERIDIONALI NEL 2016 - La Campania è la regione italiana, e non solo meridionale, che ha registrato nel 2016 il più
alto indice di sviluppo. La crescita del 2,4% giunge al termine di un triennio, dal 2014 al 2016, tutto all’insegna di dati positivi.
In Campania un ruolo trainante l’ha svolto l’industria, grazie anche alla diffusione di Contratti di Sviluppo, ma ha potuto altresì beneficiare del rafforzamento del terziario nell’ultimo anno, frutto prevalentemente del positivo andamento del turismo.
La Basilicata continua ad andare bene, è la seconda regione del Mezzogiorno e una delle prime d’Italia, anche se rallenta la crescita (da più 5,4% del 2015 a +2,1% del 2016). Va notato che l’industria lucana è in ripresa già dal 2014 e continua a tirare, sia pure con intensità diverse nell’ultimo triennio.
La Puglia ha molto frenato (+0,7%) rispetto al positivo andamento del 2015, perché è andata male l’agricoltura, che ha un peso notevole nell’economia regionale, e i servizi sono rimasti pressoché stazionari. Anche le costruzioni in Puglia sono cresciute poco, mentre l’industria, nonostante tutto, è in ripresa rispetto alla caduta dell’anno precedente.
La Calabria, il cui Pil si è attestato su +0,9%, ha vissuto un’annata agricola particolarmente negativa (-8,9%) mentre ha registrato un andamento favorevole nell’industria (+8,2%), con i servizi (+0,7%) che confermano l’aumento positivo registrato nel biennio precedente.
La Sicilia, che cresce dello 0,3%, sconta nel 2016 gli effetti negatici dell’agricoltura, mentre l’industria (-0,8%) e le costruzioni (-0,5%) stentano a invertire il trend, mentre il settore dei servizi ha un andamento poco più stazionario (+0,4%).
L’Abruzzo, il cui Pil nel 2016 è negativo (-0,2%), registra un forte calo dell’agricoltura e nella regione subisce una pesante battuta d’arresto l’industria, attestandosi su -2,2%, il che denota una severa contrazione della produzione industriale regionale.
Il Molise regge sostanzialmente il ritmo di crescita dell’anno precedente, (+1,6%), trainato soprattutto dalle costruzioni e, anche se in misura molto minore, dai servizi.
La Sardegna, pur se con ritardo rispetto al resto delle regioni meridionali, esce nel 2016 dalla fase recessiva e riprende a respirare, ottenendo per la prima volta un aumento del Pil (+0,6%) dopo l’andamento negativo del prodotto sia nel 2014 che nel 2015. Ciò grazie soprattutto all’industria.
RIPARTE L’OCCUPAZIONE MA NON INCIDE SULL’EMERGENZA SOCIALE – Nella media del 2016 gli occupati aumentano rispetto al 2015 al Sud di 101 mila unità, pari a +1,7%, ma restano comunque di circa 380 mila al di sotto del livello del 2008. L’aumento dei dipendenti a tempo indeterminato in termini relativi è più accentuato nel Mezzogiorno, grazie al prolungamento della decontribuzione. Ma l’incremento degli occupati anziani e del part time contribuisce a determinare una preoccupante ridefinizione della struttura e qualità dell’occupazione. La riduzione dell’orario di lavoro, facendo crescere l’incidenza dei dipendenti a bassa retribuzione, deprime i redditi complessivi. Il dato più eclatante è il formarsi e consolidarsi di un drammatico dualismo generazionale: in Italia rispetto al 2008 sono ancora un milione 900 mila i giovani occupati in meno. Per quel che riguarda i settori, nel 2016, aumenta l’occupazione nell’industria (+2,4%), mentre diminuisce nelle costruzioni (-3,9%). Significativo incremento nel turismo (+2,6%).
PERSISTENTE AUMENTO DI POVERTA’ E DISEGUAGLIANZE – Nel 2016 circa 10 meridionali su 100 sono in condizione di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro-Nord. L’incidenza della povertà assoluta al Sud nel 2016 cresce nelle periferie delle aree metropolitane e, in misura più contenuta, nei comuni con meno di 50 mila abitanti. Nelle 3regioni meridionali il rischio di povertà è triplo rispetto al resto del Paese: Sicilia (39,9%), Campania (39,1%), Calabria (33,5%). La povertà deprime la ripresa dei consumi, e, in questo contesto, le politiche di austerità hanno determinato il deterioramento delle capacità del welfare pubblico a controbilanciare le crescenti diseguaglianze indotte dal mercato, in presenza di un welfare privato del tutto insufficiente al Sud.
NUOVO DUALISMO DEMOGRAFICO – Il Sud non è più un’area giovane, né tanto meno il serbatoio di nascite del resto d’Italia: negli ultimi 15 anni, al netto degli stranieri, la popolazione meridionale è diminuita di 393 mila unità, mentre è aumentata di 274 mila nel Nord. Nel 2016 la popolazione del Sud è diminuita di 62 mila unità, calo determinato da una flessione di oltre 96 mila italiani e da una crescita di 34 mila stranieri. Nel Centro Nord il calo di popolazione è stato meno intenso: -14 mila unità. Negli ultimi 15 anni sono emigrati dal Sud 1,7 milioni di persone, a fronte di un milione di rientri, con una perdita netta di 716 mila: nel 72,4% sono giovani entro i 34 anni, 198 mila sono laureati.