Il 15 marzo sono stati proclamati uno sciopero di 8 ore e una manifestazione a Roma di tutti i lavoratori dei settori dell'edilizia.
"Per rilanciare il Paese serve una politica industriale in grado di rilanciare l'intera filiera", affermano Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil in una nota congiunta. I sindacati hanno inoltre chiesto di sbloccare le grandi opere da Nord a Sud: "Il governo si confronti con noi e riapra i cantieri", hanno detto.
Previsti pullman anche dall'Abruzzo.
Dai segretari generali di Feneal Filca Fillea, Vito Panzarella, Franco Turri, Alessandro Genovesi, riparte l'appello "a tutti e tutte, lavoratori e disoccupati, istituzioni e forze politiche affinchè - anche in continuità con la mobilitazione del 9 Febbraio scorso sempre a Roma di Cgil, Cisl e Uil - il 15 marzo sia protagonista la voglia di futuro, la voglia di scommettere, attraverso il lavoro, su un Paese più giusto e moderno”.
I sindacati chiedono che le risorse stanziate vengano spese "presto e bene, per tutte le grandi e piccole opere necessarie a creare occupazione e rilanciare il Paese. Serve una politica industriale per far ripartire l’edilizia, la filiera dei materiali (cemento, laterizi, lapidei, legno) e dell’arredo. Servono strumenti finanziari ad hoc, anche con il protagonismo di Cassa Depositi e Prestiti, che favoriscano investimenti immediati e a medio termine, per rilanciare le grandi aziende dei nostri settori e quindi tutto un indotto di piccole e medie imprese, anche artigiane."
E allora "basta perdere tempo" proseguono i segretari di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, che da mesi hanno presentato una piattaforma "con proposte concrete e fattibili per difendere il lavoro che c’è e per crearne di nuovo, per dare risposta agli oltre 600 mila lavoratori che hanno perso il posto di lavoro in questa crisi che dura da anni.
Per queste ragioni il prossimo 15 marzo si svolgerà lo sciopero generale di tutte le lavoratrici e lavoratori dei settori delle costruzioni. Per queste ragioni saremo in piazza a Roma, in Piazza del Popolo, per dare visibilità ai tanti lavoratori, spesso di piccole imprese, che forse per le caratteristiche del settore non fanno notizia, ma dietro cui si celano le ragioni vere di una stagnazione da cui, come Paese, non riusciamo ad uscire”.
“Oramai tutti, imprenditori, amministratori locali, economisti stanno sottolineando quotidianamente come, se vogliamo far ripartire il Paese, occorre aggredire i veri nodi di fondo della nostra scarsa competitività: costi energetici troppi alti; costi logistici significativi legati alla mancanza di nuove infrastrutture per portare via mare e via treno le merci che oggi vanno su inquinanti tir; assenza di connessioni rapide, efficienti e sicure tra Nord e Sud del Paese, tra l’Italia, l’Europa e il Mediterraneo; fragilità dei nostri territori sia in termini idrogeologici che sismici; mancanza di una politica per le aree urbane basata su rigenerazione, recupero, green bulding che pure da Parigi a Barcellona, da Lisbona a Berlino ha rilanciato intere economie locali. Servono politiche mirate - concludono Panzarella, Turri e Genovesi - servono investimenti, serve mettere al centro il lavoro di qualità, sicuro e ben pagato, sburocratizzando dove serve e tutelando ciò che funziona anche del Codice degli appalti, a partire dal limite al subappalto, dal rispetto del Contratto collettivo edile, dall’introduzione della congruità contro ogni forma di lavoro nero ed irregolare”.