Della società partecipata Asm, l’azienda pubblica che si occupa della raccolta dei rifiuti, ci eravamo occupati qualche giorno fa, scrivendo del contratto di servizio da 14.5 milioni sottoscritto col Comune dell’Aquila per il triennio 2019/2021, e prorogabile per altri due anni, che era stato vagliato in Commissione bilancio.
Ebbene, la stessa Commissione - presieduta da Luigi Di Luzio – si è riunita stamane, alla presenza dell’assessore delegato Fausta Bergamotto e dell’amministratore unico Paolo Federico, per discutere “situazione, criticità e prospettive” dell’azienda. E i problemi che erano già stati evidenziati in fase di approvazione del contratto di servizio sono finiti sul tavolo, nella loro problematicità.
Ma partiamo dai numeri.
Ad oggi, Asm conta su 153 dipendenti divisi tra operatori (96), autisti (26), meccanici (4), impiegati (18) e impiegati tecnici (9); di questi, 67 – quasi il 44% - presentano una prescrizione medica, 27 per problemi muscolo scheletrici. D’altra parte, l’età media dei dipendenti è piuttosto alto, 48-50 anni. Gli automezzi sono 102: 85 tra camion e mezzi più piccoli, 4 spazzatrici e 12 autovetture, con una vita media di 8 anni. Le sedi operative sono 3: la sede principale e il centro raccolta ingombranti a Bazzano e la sede in affitto dall’Ama a Pile; di recente, l’azienda ha presentato un progetto per la realizzazione di un secondo centro di raccolta, a Pile, a servizio della zona ovest della città, approvato dalla Giunta comunale: si andrà a gara nelle prossime settimane.
Col bilancio approvato l’anno passato, si è registrato un avanzo d’amministrazione di 15mila euro circa; l’amministratore unico Federico ha confermato che segna un avanzo, sebbene di qualche migliaio di euro, anche il documento finanziario da poco depositato.
Sui 14 milioni e mezzo di bilancio circa, il costo del personale ha una incidenza di 7.5 milioni, più del 50%: i costi di conferimento si attestano sui 3.6 milioni, i restanti 3.4 milioni vanno a coprire i costi di gestione.
Per completare il quadro, Asm è entrata a far parte del Cogesa attraverso l’acquisto di una quota societaria, così da poter conferire l’indifferenziato negli impianti società; l’operazione ha portato ad un risparmio di circa 300mila euro, riassorbiti in parte, però, da un maggior conferimento di rifiuti rispetto al previsto e dai costi di gestione dell’azienda. Il risparmio netto si aggira sui 124 mila euro. Non solo. L’azienda ha ceduto l’1% di quote al Comune di San Pio delle Camere in cambio del riconoscimento ad Asm di 96 mila euro l’anno per la raccolta dei rifiuti in quel territorio, un ulteriore 1% al Comune di Montereale, a fronte di un contratto d’affidamento in house del servizio di 7 anni per oltre 400 mila euro, e - a quanto svelato stamane - anche l’amministrazione comunale di Capitignano ha chiesto di entrare in società per affidare il servizio all’azienda.
Per concludere, l’amministratore unico Federico ha ricordato come sia stata finalmente avviata la piattaforma ecologica per la selezione dei materiai provenienti dalla raccolta differenziata che, ad oggi, consente di lavorare circa 4mila tonnellate di rifiuto.
A tirare le somme, ci sono evidenti problemi d’organico, sebbene la voce pesi per oltre il 50% del bilancio – a fare di conto, ogni dipendente costa circa 50mila euro l’anno - con poco personale effettivamente in strada, un alto tasso di prescrizioni mediche, dovute in parte all’età avanzata dei dipendenti e in parte ai mezzi non più adatti, vetusti, che costano molto in termini di manutenzione. Si spiega anche così la percentuale di raccolta differenziata ferma al 37%, ben al di sotto dell’obiettivo del 65% entro il 2020 indicato dal testo unico ambientale, e anzi l’anno passato è persino aumentato il conferimento di rifiuti indifferenziati, e il 40% circa di territorio non ancora coperto dalla raccolta ‘porta a porta’.
In sostanza, il problema è strutturale.
Per assicurare un servizio adeguato alle esigenze dei cittadini, ci sarebbe bisogno di una programmazione pluriennale, di un piano industriale a lungo termine che sottenda una profonda ristrutturazione aziendale, investimenti sui mezzi e la riorganizzazione del personale. D’altra parte, servire con efficienza un territorio vasto come quello del Comune dell’Aquila, fatto di 64 frazioni e ulteriormente esploso con i 19 quartieri post sisma del progetto Case, è uno sforzo enorme. Invece, si continua a navigare a vista.
Il contratto di servizio per il prossimo triennio, prorogabile per altri 2 anni, è più o meno identico a quelli sottoscritti negli anni passati, con la somma assicurata dal Comune dell’Aquila per la copertura dei servizi che è rimasta invariata: 14.5 milioni di euro, in parte coperti dal trasferimento statale per il riequilibrio di bilancio.
Qui sta il punto.
Se in questi ultimi anni Asm, di fatto, non ha prodotto utili, restando in linea di galleggiamento, impossibilitata ad investire, garantendo ai cittadini un servizio evidentemente al di sotto delle aspettative, come potrà migliorare la situazione nei prossimi anni se l’amministrazione si limita, pigramente, a riproporre lo stesso contratto di servizio? Accade proprio questo: non è ASM che, a fronte di un piano industriale dettagliato, con obiettivi fissati e strumenti per raggiungerli, fissa un prezzo per l’affidamento del servizio in house; piuttosto, è il Comune dell’Aquila che stanzia una somma, sempre la stessa dal 2013, con l’azienda partecipata che, di fatto, si adegua, ‘piegando’ le esigenze aziendali alle possibilità della politica.
Che poi, ci sarebbero altre storture da correggere: innanzitutto, non è chiaro come mai pur essendo aumentate, con l’avanzare della ricostruzione, le superfici assoggettabili a Tari, il gettito è rimasto invariato; non è chiaro come mai non si è portato avanti il lavoro che era stato avviato dall’allora assessore al bilancio, Anna Lisa Di Stefano, poi defenestrata, che aveva chiarito come fosse possibile recuperare circa 1 milione di euro di evasione ed elusione rispetto al gettito Tari; non è chiaro come siano state gestite le assunzioni di personale, in particolare quello interinale, con alcuni consiglieri di maggioranza che hanno evocato assunzioni clientelari in seguito delle elezioni regionali, e sul punto pure i sindacati, nelle settimane passate, erano stati molto critici. E poi c’è l’ombra del conflitto d’interesse sulla nomina di Paolo Federico, essendo l’amministratore unico anche sindaco del comune di Navelli, servito dal Cogesa, e dunque espressione di due voti in sede di assemblea – quello del comune di Navelli e quello di Asm, appunto – oltre che commissario straordinario della comunità montana ‘Montagna di L’Aquila’.
Ma il problema, come detto, è profondo, strutturale.
Ecco il motivo per cui il contratto di servizio per i prossimi tre anni, e potrebbero diventare cinque, rischia di divenire un cappio al collo dell’azienda, se non si procederà con la stesura di un piano industriale capace di indicare obiettivi certi e misurabili assicurando gli strumenti per raggiungerli. E d’altra parte, c’è un’altra questione non opportunamente affrontata: un contratto di servizio a lungo termine è una scommessa, stante la consapevolezza che, nei prossimi anni, il contributo straordinario riconosciuto dal Governo per il riequilibrio del bilancio potrebbe subire dei tagli. A quel punto, si correrebbe il rischio di dover aumentare comunque la Tari ai cittadini aquilani a fronte di un servizio che rischierebbe di restare insufficiente.
Per questo, sono più che condivisibili i dubbi espressi dai consiglieri d’opposizione Stefano Palumbo (Pd) e Giustino Masciocco (Articolo 1), e così dal capogruppo di Fratelli d’Italia Giorgio De Matteis che hanno auspicato, appunto, una programmazione pluriennale capace di dare una sterzata all’azienda partecipata.
“Sottoponiamo al Governo una proposta concreta, a valle di un piano industriale ambizioso, affinché riconosca negli anni un contributo certo che ci permetterebbe di rilanciare l’azienda”, la proposta di Palumbo. “Si potrebbe far ricorso ai fondi restart”, ha rilanciato De Matteis; “il Comune dell’Aquila, finalmente, istruisca dei progetti di sviluppo da sottoporre al Cipe attraverso la Regione che potrebbero riguardare, anche, il rilancio delle società partecipate. E’ incredibile come siano disponibili ancora 105 milioni di euro del programma restart - e mi taccio su come sono stati spesi i fondi fin qui investiti – e ci si accapigli su come finanziare lo sfalcio dell’erba. E’ arrivato il momento che l’amministrazione attiva inizi a elaborare progetti – ha ribadito De Matteis – per fare in modo che le risorse servano realmente al rilancio della città”. A partire proprio da un grande piano sulle società partecipate che, bene ribadirlo, erogano servizi essenziali per la collettività.