“Il Dl appena varato per la liquidità alle imprese sembra del tutto insufficiente sia garantire la tenuta di quelle in perfetta salute sia a far sopravvivere quelle che già tentennano per il lockdown, ma l’aspetto più preoccupante è che, stando così le cose, chi viveva già momenti di difficoltà al 31 dicembre del 2019, in particolar modo le aziende nelle aree cratere 2009 e 2016, avrà serie difficoltà a ricevere anche questo minimo supporto”.
Ad affermalo, in una nota, è il segretario generale di Apindustria L’Aquila Massimiliano Mari Fiamma.
“Stiamo infatti parlando di un finanziamento a tasso zero restituibile in 6 anni con la possibilità, questa almeno è una nota positiva, di un preammortamento fino a 24 mesi, ma che non deroga ai parametri di valutazione bancaria e, soprattutto, non è riservato a chi non risultava perfettamente in regola con gli stessi alla fine dello scorso anno”.
“Nessun supporto quindi a chi, vedendosi costretto ad interrompere per decreto la propria attività, quindi i flussi in entrata, continua a sostenere spese non derogabili per legge (debiti verso fornitori, affitti, bollette) per le quali necessita di soldi veri, immediati ed utilizzabili, possibilmente a fondo perduto (anche se per somme esigue) invece di un ulteriore indebitamento senza che si intervenga sulla tassazione o sulle contribuzioni se non per un mero rinvio”.
“Oltre ciò nel testo del decreto si specifica che le misure devono ancora passare il vaglio dell’UE e devono rispettare le regole del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), cosa che a noi terremotati ricorda molto la vicenda delle tasse, sospese, abbattute, oggetto di legge per poi essere bocciate con tutta l’annosa querelle che siamo ancora costretti a vivere”.
“Altro passaggio inaccettabile del decreto è che, chi decidesse di ricorrere alla garanzia, si vedrà costretto per forza ad un successivo confronto con i sindacati per la gestione dei propri livelli occupazionali, altra deroga alle libertà imprenditoriali, il che, scritto così, non vuol dire solo in caso di licenziamenti ma anche per ogni ristrutturazione e riorganizzazione che si rendesse necessaria per le mutate condizione imposte dal COVID-19”.
“Del resto anche per la cassa integrazione appena varata, motivata esclusivamente dalle chiusure imposte e dalle restrizioni del lockdown, non si è rinunciato alla forzatura dell’accordo sindacale, del tutto inutile se non per ribadire un ruolo primario delle organizzazioni dei lavoratori, che ha però causato notevoli problemi alle imprese, alle loro associazioni, ai commercialisti ed ai consulenti del lavoro”.
“A questo punto riteniamo sia necessario iniziare da subito una programmazione per le riaperture progressive e parziali delle attività per poter stabilire regole, parametri e modalità che, nella salvaguardia della salute di tutti, consenta anche alle imprese di non morire di COVID-19”.
“Bisogna guardare in faccia la realtà e procedere alla ripresa del lavoro dovunque sia possibile con l’utilizzo dei dispositivi idonei oppure ripensare subito un’azione di supporto agli imprenditori che tenga presente come, già da 2 mesi ormai, tutto si sia congelato e che il domani è una incognita totale che non consente certo di valutare se si sarà ancora in grado di sollevare la saracinesca”.