Venerdì, 18 Luglio 2014 18:44

Dirty job: la Cgil vuole costituirsi parte civile. E denuncia il "lavoro grigio"

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Dopo l'inchiesta dirty job - che pone al centro del suo impianto accusatorio lo sfruttamento del lavoro tramite il caporalato o "intermediazione illecita" che dir si voglia - la Cgil torna a fare la voce grossa sulle norme sul lavoro nella ricostruzione.

Lo ha fatto convocando all'Aquila - per un incontro - i vertici nazionali del suo settore edile (la Fillea), e cioè il segretario generale Walter Schiavella, quello nazionale Salvatore Lo Balbo e quello regionale Silvio Amicucci. Presenti ovviamente anche il segretario provinciale di Fillea Riccardo Verrocchi ed il segretario confederale Umberto Trasatti.

"Le nostre priorità sono difendere i lavoratori e garantire la trasparenza nella ricostruzione - ha affermato il segretario Schiavella - per questo la Fillea si costituirà parte civile in tutti i processi per sfruttamento di manodopera e fornirà ai lavoratori l'assistenza legale adeguata per la tutela dei diritti contrattuali ed etici, a partire dal processo che verrà celebrato contro gli imprenditori arrestati di recente all'Aquila. Bisogna che tutti facciano la loro parte per far rispettare le regole - ha proseguito Schiavella - e per questo invitiamo anche gli altri soggetti economici ed istituzionali a fare altrettanto". Ed ogni riferimento all'Anci non risulta proprio puramente casuale.

"Quanto accaduto è una sconfitta di tutti, ma tutti hanno fatto la loro parte?" si chiede il segretario Trasatti. "Noi l'avevamo detto che non si stavano applicando le norme e per questo siamo stati anche attaccati". Effettivamente, circa un anno fa questo giornale riportando le parole di Trasatti e Verrocchi titolava: "La Cgil denuncia: norme sul lavoro non applicate, ricostruzione nell'illegalità".

Infatti, molte delle richieste del sindacato - accolte nel DPCM Barca del 4 febbraio 2013 - non sono state di fatto applicate: "Gli arresti sono solo la punta di un iceberg di diffusa irregolarità e illegalità nelle opere di ricostruzione, in particolare nei lavori privati che più facilmente sfuggono ai controlli" ripete il giovane segretario provinciale di Fillea Verrocchi. "Dall'analisi dei dati della cassa edile dell'Aquila, emerge un mix di irregolarità preoccupanti: la bassa media di ore lavorate per operaio insieme con l'alto livello di mancati versamenti da parte delle imprese ci raccontano una storia di lavoro grigio in cui si insinua l'illegalità. Non esageriamo se diciamo che il lavoro nei cantieri all'Aquila vive sotto ricatto".

Certo nessuno sul territorio era preparato "al cantiere più grande d'Europa, più grande e con un giro di denaro maggiore di quello dell'Expo di Milano". Per la Cgil è necessario quindi rafforzare la presenza nei cantieri: "Operatori provenienti dalla regione Lazio, già affiancano quelli abruzzesi nei cantieri e da settembre arriveranno altre sei unità dalle regioni da cui provengono la maggior parte dei lavoratori", ha annunciato il segretario nazionale Salvatore Lo Balbo.

Per il resto, ecco il da farsi che indica il sindacato: "Rafforzare il tavolo di monitoraggio per il controllo preventivo sulle imprese e sui fenomeni di sfruttamento e caporalato ("si è riunito la prima volta solo lo scorso gennaio"); scrivere il VI capitolo delle linee guida Antimafia che abbia al centro il tema della tutela del lavoro e del contrasto allo sfruttamento dei lavoratori, allargando ai lavori privati e selezionando quelle clausole antimafia previste dalle attuali Linee Guida per i lavori publbici; un protocollo di legalità per il cratere sismico con specifica definizione degli interventi sui flussi di manodopera (badge) con lettura dei dati da parte del tavolo di monitoraggio con protocollo d'intesa con uffici speciali della ricostruzione; una legge per la ricostruzione per agganciare il denaro pubblico per i lavori privati alla white list, rendendola obbligatoria ed estendendola a chi esegue il lavoro; avviare corsi di formazione sulle linee guida antimafia per il personale dei Comuni".
Il tutto da mettere in pratica in brevissimo tempo, "basta volerlo".

Fatto sta che finora non si è fatto, nonostante indiscrezioni su quello che gli inquirenti hanno poi chiamato sistema Di Tella pare fossero arrivate dal mondo operaio, passando per i sindacati, fino alle stesse istituzioni, coi lavoratori che però - ricattabili - non hanno mai presentato denuncia. Il sistema giudiziario invece ha fatto il suo corso tramite i suoi mezzi.

A monte, secondo Schiavella, ci sarebbe un "sistema edile caratterizzato da un'eccessiva frammentazione del mercato e della struttura produttiva con ricorso eccessivo a subappalti ed altre forme che generano una compressione verso il basso della dimensione dell'impresa". Il che secondo il segretario "determina una debolezza complessiva dell'impresa e infine del lavoro".

Per questo secondo il pensiero della Fillea "le politiche industriali e le norme di regolazione del settore devono tendere a rafforzare l'impresa". E le piccole? "Non si tratta di scegliere tra un modello di piccola o grande impresa perché al Paese servono le une e le altre, ma una direzione il governo della politica del mercato deve prenderla e deve andare in direzione del rafforzamento della struttura di impresa come accade in Europa. La Germania ha un terzo delle imprese italiane".

 

Ultima modifica il Sabato, 19 Luglio 2014 09:17

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