Giovedì, 06 Giugno 2013 14:40

San Massimo: il bando invisibile che ha scatenato la guerra tra Curia e costruttori

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La natura dei consorzi di proprietari è assolutamente privatistica, svincolata dal perseguimento di interessi pubblici. Il rapporto tra committente ed impresa affidataria dei lavori di ricostruzione è fiduciario. Cosa significa, praticamente? Vuol dire che i consorzi di proprietari degli aggregati possono affidare i lavori a chi credono, impostando il bando come meglio ritengono. Non c’è alcun obbligo di legge.

Lo ha ribadito il Tar qualche settimana fa: la cooperativa consortile L’Aquila 2009, nell’aprile del 2012, ha fatto richiesta al consorzio Madonna del Carmine (nel cuore del centro storico) del verbale di assemblea con cui si erano appena affidati i lavori all’impresa Mancini. Il consorzio non ha inteso fornire alcun verbale e il Tribunale amministrativo regionale gli ha dato ragione.

Ci eravamo chiesti, raccontando la vicenda, se i consorzi di proprietari non perseguano comunque un interesse pubblico visto che stiamo parlando della ricostruzione di una città con fondi dello Stato. In realtà, nell'ordinanza 4013 del 23 marzo 2012 (art. 7, comma 1), l’allora ministro Fabrizio Barca ha imposto che "ai fini di assicurare la concorrenza e la trasparenza nell'affidamento dei lavori, le domande di contributo siano corredate da un minimo di cinque offerte acquisite da imprese e da tre offerte di progettisti", modificando la procedura anteriore che non lo prevedeva. Il Ministro faceva cenno ad un principio di trasparenza che il Tar apparentemente reputa secondario. E che non è riconosciuto, lasciando angoli oscuri di manovra ai consorzi di proprietari.

Se una riflessione sul rilievo dei consorzi di privati sarebbe assolutamente auspicabile, è ancor più necessaria quando si tratta di aggregati dal grande valore artistico, sociale ed economico. La polemica a distanza tra costruttori e Curia, consumata a colpi di comunicati, è emblematica.

Oggetto del contendere, il centralissimo aggregato di piazza Duomo, che comprende il palazzo sede dell’Arcivescovado e la cattedrale di San Massimo. Un appalto da 45 milioni di euro. Il consorzio privato Sant’Emidio, con a capo il presidente Augusto Ippoliti, punto di riferimento della commissione consultiva che affianca l’ufficio ricostruzione della Curia, guidato da don Alessandro Benzi, ha pubblicato un avviso pubblico per la preselezione dell’azienda a cui verranno affidati i lavori che ha fatto infuriare i costruttori locali.

Il bando, infatti, è stato pubblicato solo sul quotidiano economico “Il sole 24 ore”, una scelta già di per sé discutibile vista la rilevanza dell’aggregato, ed escluderebbe del tutto le imprese del territorio perché presenterebbe criteri assai stringenti e, si vocifera, assolutamente anomali. Per dire, viene richiesta una fidejussione bancaria di 4 milioni di euro. Impossibile da ottenere per la stragrande maggioranza delle imprese italiane.

Gianni Frattale, presidente Ance L’Aquila, ha così preso carta e penna e, a fine maggio, ha inviato una lettera all’arcivescovo Giuseppe Molinari per richiedere la modifica dei termini di preselezione: “Illustrissimo monsignore - si leggeva nella missiva - è certamente nota la situazione di sofferenza di molte imprese edili locali che, oltre ad aver subìto i danni del sisma, non riescono ad accedere al mercato della ricostruzione, conteso da grandi marchi dell’edilizia, quasi sempre di fuori regione, che sempre più spesso finiscono sulle cronache per insolvenze e fallimenti ai danni dei terremotati. Ricordiamo che gli imprenditori locali creano lavoro e indotto sul territorio e sono da sempre uno dei principali motori dello sviluppo. Con tali motivazioni, l’Ance dell’Aquila chiede formalmente una modifica dell’avviso di prequalificazione del Consorzio Sant’Emidio. Il bando in questione, per le caratteristiche fortemente restrittive a cui fa richiamo, esclude di fatto le imprese dell’intera regione”.

Poi la richiesta, esplicita, di maggiore trasparenza: “chiediamo, inoltre, di conoscere quali siano i programmi edilizi della Curia per i prossimi mesi e quali le assegnazioni di lavori in corso. Se non verrà fatta chiarezza siamo pronti a investire della questione gli alti vertici ecclesiastici”.

La Curia ha preso tempo, rispondendo con un comunicato ufficiale solo quando i termini della preselezione erano oramai scaduti: “il testo del bando - recita il comunicato - è stato redatto considerando la particolare tipologia di lavori da eseguirsi, nonché le qualità tecniche e finanziarie che l’aggiudicatario deve possedere a garanzia dell’esatta esecuzione delle opere”.

Il documento sottolineava poi che “la gara è stata bandita per permettere, nella massima trasparenza, a imprese sia italiane che europee di parteciparvi: la selezione diretta senza prequalifica, pur consentita dalla legge e modus operandi normale dei vari consorzi obbligatori, non è stata reputata garanzia sufficiente in ragione degli importi in gioco, nonché della provenienza dei fondi pubblici. La peculiare importanza, non solo da un punto di vista artistico, ma religioso e sociale, che la ricostruzione degli immobili ricadenti nell’aggregato edilizio di piazza Duomo rappresenta, richiede, infatti, una più che mai attenta scelta dell’operatore economico aggiudicatario: le procedure d’individuazione devono, quindi, essere trasparenti e rigorose”.

Questione chiusa, dunque. Qualche dubbio resta, però. Se è vero che il comportamento della Curia dal punto di vista di legge è ineccepibile, è vero anche che le procedure sono parse tutt’altro che trasparenti e rigorose come auspicabile vista l’importanza dell’aggregato. Perché il bando è stato pubblicato solo su "Il sole 24 ore"? Perché non è stata data la giusta rilevanza pubblica all’avviso? Era davvero necessaria la pretesa di una fidejussione da 4 milioni di euro?

La vicenda, si è detto, è emblematica di un problema ben più importante: sarebbe necessario ridiscutere la natura dei consorzi che hanno una funzione assolutamente pubblica non solo perché finanziati dallo Stato ma perché impegnati nella ricostruzione di uno dei centri storici più importanti d’Europa. Sarebbe auspicabile una maggiore trasparenza nella definizione e nella pubblicazione dei bandi.

Dovrebbero battersi per questo anche i costruttori, e non solo dinanzi ad aggregati milionari e, dunque, assai ghiotti.

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