E' stata avviata alla Camera dei Deputati la discussione sul 'Decreto sisma', passato dalla Commissione Ambiente che, di fatto, accogliendo alcuni emendamenti ha allargato il perimetro d'azione del provvedimento inserendo norme per il cratere 2009. Tuttavia, le reazioni sono contrastanti: se la deputata Stefania Pezzopane ha inteso sottolineare l'importanza degli emendamenti approvati in favore dei territori colpiti dal terremoto di dieci anni - dalla proroga dei precari al finanziamento dei sottoservizi nei comuni del cratere - il sindaco Pierluigi Biondi, al contrario, ha parlato di "elemosina con i soldi degli aquilani", contestando il mancato accoglimento delle proposte pervenute dal tavolo istituzionale.
"Il solo fatto che un tema così importante si riduca ad una diatriba tra due persone, seppur con ruoli politici apicali, dà la dimensione del problema", è la riflessione del capogruppo del Pd in Consiglio comunale, Stefano Palumbo, in una intervista a newstown. "Innanzitutto, il consiglio comunale, e quindi la città, viene ormai completamente bypassato rispetto a queste dinamiche. Ricordo come in passato ogni proposta, prima di approdare in parlamento, fosse preceduta da un ampio confronto tra la politica, le parti sociali e il tessuto produttivo e, sui temi più importanti, sostenuta anche dal voto del consiglio comunale. Le cose sono decisamente cambiate: basti pensare che, proprio in merito al decreto sisma, sono stati presentati emendamenti per chiedere fondi da destinare al trasporto pubblico locale aquilano, due giorni prima che il consiglio comunale si riunisse per approvare la ricapitalizzazione lacrime e sangue di AMA, senza che nessun consigliere comunale ne fosse stato informato. Ritengo sia un fatto molto grave, come reputo stucchevoli le accuse rivolte da Biondi all’attuale Governo in merito alla bocciatura degli stessi emendamenti; solo un anno fa quando richieste identiche furono respinte dal governo giallo-verde aveva scelto, stranamente, il silenzio. Allo stesso modo, per onestà, va detto che alcuni degli emendamenti approvati dall’attuale governo non rappresentano certo una novità essendo stati accolti anche dai precedenti. È un gioco delle parti che non fa onore ai 10 anni di duro lavoro e di importanti risultati raggiunti che ci lasciamo alle spalle, che rischiano di essere vanificati dalla miopia di chi oggi si mostra incapace persino di raccoglierne i frutti".
Palumbo è convinto che L'Aquila rischi di finire nell'ombra, se non sarà in grado di perseguire progetti strategici di vero rilancio. "Sta per concludersi l’anno del decennale e sulla città rischia di calare il sipario del dibattito pubblico nazionale che l’ha vista suo malgrado protagonista in questi anni rispetto al tema, sempre attuale, della messa in sicurezza del Paese", sottolinea amaro. "Non si può pensare di essere questione nazionale rispetto a problematiche di gestione locale simili a quelle di tante altre città italiane, bisogna invece pretendere di esserlo su temi che non saremmo mai in grado di affrontare da soli (penso alla vicenda ancora aperta della restituzione delle tasse, al destino del progetto CASE e alla ricostruzione pubblica ancora al palo); si può però assurgere a rango nazionale anche per merito rispetto al perseguimento di progetti strategici che purtroppo l’attuale classe politica cittadina fa fatica a concepire e mettere in pratica. Quello che la città attualmente sconta, e che rischia di pagare a caro prezzo, è infatti proprio una visione chiara sul suo futuro".
In quest'ottica, però, qual è il ruolo che sta giocando il Partito Democratico che è tornato, tra l'altro, forza di governo? "Bisogna essere onesti: rispetto ad un governo cittadino che sta dimostrando di non essere all’altezza del gravoso compito che ha sulle spalle, il PD è colpevolmente latitante, ridotto a sporadiche testimonianze individuali. Così non va, a maggior ragione in virtù del ruolo di governo che il partito ricopre a livello nazionale e che andrebbe declinato a livello locale in funzione di quelle risposte che il territorio aquilano attende, e che la Lega aquilana in un anno e mezzo in cui è stato alla guida del Paese non è riuscita a dare. È alla città che bisogna guardare, alle sue esigenze quotidiane, alla sua prospettiva e su queste necessità porsi una domanda: il PD è in grado di essere forza trainante (non egemone) nella costruzione di una proposta politica alternativa all’amministrazione Biondi oppure, in virtù dell’inerzia e dell’incertezza che lo caratterizza, ne rappresenta un ostacolo? È banale dirlo ma un partito, al pari di qualsiasi altro organismo, ha senso di esistere se esercita una funzione e se incarna dei bisogni; in questo momento il PD all’Aquila non lo fa in modo adeguato alle aspettative della città".
E dunque, che cosa dovrebbe fare il PD? "Innanzitutto dovrebbe chiedere scusa per i tanti errori fatti negli ultimi anni; la considero una precondizione necessaria per ristabilire una sintonia con il proprio elettorato. Ma anche avere più coraggio nel rivendicare le tante cose buone realizzate in condizioni decisamente più difficili di quelle di oggi. Dovrebbe poi chiedere aiuto, aprendosi convintamente alle tante energie presenti in città. Il PD ha bisogno di rigenerarsi mettendosi in discussione, di superare una fase di stallo e di indecisione, di riaprire un dialogo al suo interno e mettere a punto nuove progettualità. Per farlo è indispensabile avviare un’interlocuzione con tutti i corpi sociali perché un partito che si definisce democratico non può prescindere dalla partecipazione e dal confronto. L’Aquila merita molto di più di quanto la giunta Biondi è in grado di offrirgli ma è esattamente per questo motivo che candidarsi ad esserne alternativa richiede un impegno serio nella definizione di una proposta solida e credibile; è una sfida che impone sin da ora una consapevolezza e una dedizione molto maggiore di quella espressa finora".