Il Consiglio straordinario sulla ricostruzione, convocato per il pomeriggio di ieri, è stato rinviato a martedi prossimo su richiesta dei consiglieri di opposizione Di Pangrazio e D'Amico. A margine dei lavori, NewsTown ha incontraro Gianni Chiodi, che non ha mancato di criticare l'operato di Cialente e dell'ex ministro Barca. "E' stata una pazzia tornare alla gestione ordinaria in una situazione così complicata come quella del cratere", ha sottolineato il governatore. Negli stessi minuti, il sindaco annunciava l'arrivo dei 500 milioni di euro dal Cipe rivendicando l'operazione alla "manifestazione delle carriole" del 16 aprile, a Palazzo Chigi. Anche se in quell'occasione, le richieste erano state altre.
"Abbiamo chiesto il rinvio del Consiglio straordinario sulla ricostruzione a causa del grande ritardo con il quale si è giunti alla conclusione del Consiglio ordinario. Per evitare che la seduta straordinaria, il cui argomento richiede un confronto aperto e sostanziale con l'assunzione di impegni concreti ed importanti rispetto alla città Capoluogo ed al suo territorio colpito dal sisma, rischiasse di trascinarsi in un'aula disattenta”.
Con queste parole i consiglieri regionali del Partito Democratico, Giovanni D’Amico e Giuseppe Di Pangrazio, hanno motivato la richiesta di rinviare a martedi 28 maggio, alle ore 15, il Consiglio regionale straordinario sulla ricostruzione che avevano richiesto, per il pomeriggio di ieri, con all’ordine del giorno la “definizione della legislazione e del ruolo della regione Abruzzo nella ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009”.
Appuntamento rimandato, dunque. Il consiglio era stato convocato per definire in sede ufficiale la posizione della Regione relativamente ai processi di sviluppo del cratere e per deliberare un documento di indirizzo vincolante per l’azione dell’assise e della Giunta regionale. "A distanza di quattro anni dal terremoto", avevano spiegato i consiglieri in una conferenza stampa, "non si è ancora in grado, nei diversi livelli di governo e di gestione, di tradurre le premesse di contenuto generale relative alla ricostruzione e allo sviluppo delle aree interessate e del contesto regionale abruzzese in atti normativi ed operativi efficaci". Una assoluta anomalia quella abruzzese, hanno sottolineato i consiglieri democrat, perché per la prima volta, dopo una tragedia simile, il livello fondamentale della legislazione e del governo regionale è stato e resta completamente esautorato da ogni potere decisionale.
Se ne parlerà martedi prossimo. A margine del Consiglio, NewsTown ha incontrato il presidente della Regione, Gianni Chiodi, per fare un punto alla luce dell’impasse che vive la ricostruzione e delle pesanti critiche al governatore accusato, dal sindaco Cialente in particolare, di aver giocato un ruolo assolutamente marginale nella battaglia per ottenere fondi certi per il cratere. "Vasco Errani ha ottenuto i sei miliardi per l’Emilia Romagna perché si è chiuso per tre giorni dentro palazzo Chigi e l’ex premier Monti, pur di non vederlo girare per i corridoi, gli ha concesso i fondi. Da noi le cose sono andate molto diversamente", aveva denunciato il primo cittadino all’indomani dell’audizione congiunta delle commissioni Ambiente e Lavori pubblici del Senato. "L’inefficienza di Chiodi, incapace a spendere le risorse a disposizione, ha dato un’idea distorta. Tutti i nostri interlocutori della capitale ci hanno fatto capire che se Chiodi ha rimandato mezzo miliardo indietro, e se le aree del cratere hanno in tasca i 2,2 miliardi del Cipe, non c’erano ragioni per tornare a scocciare sulla carenza di risorse".
Presidente Chiodi, qualche giorno fa il governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, ha solennizzato il primo anno di impegno per la ricostruzione dei 59 comuni colpiti dalle scosse del 20 e 29 maggio 2012 annunciando di avere in cassa più di 10 miliardi. La ricostruzione in Emilia procede in tempi rapidi con fondi certi. A differenza di quanto accade qui nel cratere.
"Beh, se si va in Emilia i cittadini non sono così soddisfatti. Detto che il terremoto dell’Aquila è stato molto più complesso, lì le istituzioni hanno saputo comunque propagandare meglio l’emergenza e hanno saputo creare un clima di fiducia e di speranza che a L’Aquila, invece, non c’è mai stato. Bisogna saper essere una comunità e non tutti hanno voluto farne parte. Inoltre, si sono fatte delle scelte sbagliate che miravano a far si che le decisioni sulla ricostruzione restassero ad un livello aquilano. Anche per mantenere un certo clientelismo locale".
Come Presidente della Regione e Commissario per la ricostruzione, sente di non avere nessuna responsabilità?
"Ho fatto tutto quello potevo per affrontare una situazione che nessuno si era mai ritrovato ad affrontare. Un merito ce l’ho, però: mi sono assunto le mie responsabilità da Commissario. Il sindaco Cialente, allora, era vice-Commissario: si è reso conto che la ricostruzione sarebbe stata difficile, che probabilmente avremmo disilluso le aspettative dei cittadini. Qualcuno aveva fatto credere che in 5 anni si poteva ricostruire tutto, di anni invece ce ne vorranno venti. E quindi il primo cittadino ha preferito dimettersi, non ha mantenuto il mio stesso senso di responsabilità, per poter giocare il ruolo del giaguaro e dell’amico del giaguaro".
La realtà è che, ad oggi, la ricostruzione è ferma.
"La stessa cosa si diceva fino al 31 agosto del 2012, fino a quando sono stato Commissario. In realtà, grazie al nostro lavoro, in tre anni 35mila persone erano rientrate nelle loro case, avevamo fatto tutta la normativa, avevamo esaminato più di 7500 progetti , ci eravamo occupati delle abitazioni B e C, avevamo messo in sicurezza più di 800 edifici, i bambini erano tornati a frequentare scuole sicure, avevamo finanziato i beni pubblici. Ero riuscito a spendere due miliardi e mezzo di euro, poi però si è scelto di tornare alla ordinarietà. Una vera e propria pazzia in una situazione del genere e con dei Comuni che, a sentire i cittadini, non sono neanche in grado di dare risposta velocemente alle pratiche quotidiane".
A suo parere, bisognava mantenere lo stato di emergenza?
"Assolutamente si. Tornare all’ordinario è stata una scelta precisa del Partito democratico, attraverso la filiera che nasceva con l’allora ministro Barca, il sindaco Cialente e la senatrice Pezzopane. Hanno ritenuto di tornare alla ordinarietà per controllare da vicino i processi di ricostruzione. La realtà è che dopo il 31 agosto si è bloccato tutto. Il fallimento di questo sistema mi sembra assolutamente evidente".
Al di là del solito rimpallo di responsabilità, cosa si può fare ora per uscire dall’impasse?
"Si possono fare due cose: si può collaborare per far si che l’esecutivo, quando finiranno gli 800milioni di liquidità dell’ultimo stanziamento del governo Berlusconi, stanzi per competenza almeno 1 miliardo di euro l’anno. Bisognerà, poi, facilitare il percorso attraverso una legislazione regionale che oggi riteniamo di poter fare perché abbiamo constatato il fallimento del sistema voluto dal governo nazionale e dalla filiera Barca-Cialente. C’è la necessità di ricollegare il territorio, L’Aquila con i comuni del cratere. Qui si è ragionato come fossero due corpi separati invece di pensare come fossimo di fronte ad una città di 150mila abitanti".
Ci sta dicendo che vi impegnerete ad approvare una legge regionale?
"No, oramai non si può riportare tutto in seno alla Regione perché c’è una normativa nazionale, voluta da Barca, che ha restituito tutti i poteri alla gestione ordinaria. Ad oggi, la Regione Abruzzo non ha i compiti dei Comuni o dello Stato".
A cosa servirà, dunque, il Consiglio straordinario rinviato a martedi prossimo?
"Servirà a ragionare intorno alla ricostruzione della città e del cratere: in molti ne parlano senza averne alcuna idea, anche qui in Consiglio. A valutare le iniziative che si potranno assumere in seno all'Assise. La realtà, purtroppo, è che le scelte sono già state fatte e non si può tornare indietro. Se fosse per me sosterrei un’idea: è vero o non è vero che la ricostruzione dell’Aquila è una questione nazionale? Se è vero, lo Stato deve essere impegnato non solo con lo stanziamento delle risorse, ma con uomini e task force operative. Altro che ritorno alla ordinarietà, ci vuole un ritorno alla straordinarietà dell’emergenza".
Ha parlato di vent’anni per ricostruire L’Aquila e i comuni del cratere.
"Se guardo a quanto accaduto dopo il 31 agosto, se questo sarà il ritmo degli enti locali, non ci scommetterei".
Il Sindaco Cialente e la senatrice Pezzopane l’hanno accusata di non aver giocato un ruolo decisivo in una fase particolarmente delicata per il cratere. In effetti, tornando all’Emilia, Errani ha ottenuto lo stanziamento di 12 miliardi di euro, in due tranche, attraverso la Cassa deposito e prestiti. Qui a L’Aquila sono arrivati solo 2 miliardi, e la Cassa non è stata prorogata. Come mai?
"Noi abbiamo avuto 10 miliardi, dal 2009 ad oggi, e abbiamo voluto che una parte di questi fondi fosse erogata attraverso la Cassa deposito e prestiti che inventammo insieme al ministro Tremonti. A L’Aquila non la voleva nessuno, tutti pretendevano il contributo diretto che ora abbiamo chiaro quanti disastri stia facendo. Oggi, a distanza di tempo, si comprende che quello era il meccanismo giusto. E’ chiaro che, per i futuri stanziamenti, la Cassa deposito e prestiti è il meccanismo più agevole. Sono contento che se ne siano accorti tutti. E’ difficile tornare indietro, però".
Proverà a far qualcosa per smuovere la situazione a Roma?
"Intervengo in continuazione nei tavoli romani. Ho vissuto la ricostruzione da Presidente e da Commissario, sono legatissimo a questa vicenda. La prossima settimana incontrerò Enrico Letta, con cui mi sono sentito al telefono più di una volta, e il ministro Saccomanni per provare a sbloccare almeno 1 miliardo l’anno per il cratere. Più di questo non posso fare".
Qualcosa si poteva fare negli anni scorsi. L’Abruzzo non si è dotata di una legislazione efficace, come l’Emilia.
"La legge scritta in Emilia non è altro che la riproduzione del nostro modello: faccio riferimento agli aggregati, ai consorzi, ai piani di ricostruzione. Si ritrovano, in quella legge, gli stessi termini noti a L’Aquila. Hanno appreso da noi, che avevamo affrontato una vicenda simile, molte cose buone e altre ne hanno introdotte per chi in futuro affronterà tragedie come queste".
La vera preoccupazione è che, in questo momento, L’Aquila pare isolata politicamente.
"Non si viene isolati, ci si isola. Avere una interlocuzione con livelli istituzionali di così alto grado, con il Presidente della Repubblica, il Ministro dell’Economia, il Presidente del Consiglio, non è affatto semplice. Bisogna essere affidabili, credibili, autorevoli. Qualità che non vengono riconosciute a chi dice un giorno una cosa e il giorno dopo un’altra, a chi è confusionario nelle rappresentazioni, a chi fa continui colpi di testa, scenografie che servono solo a far credere alle persone che si stanno facendo delle cose. Serve credibilità, non casino: il casino arriva da tutte le parti, le manifestazioni sono continue. Quello di cui c’è bisogno è una leadership credibile. Per quel che mi riguarda, sono sempre stato onesto: ho detto le cose con lealtà, ho detto sin dall’inizio che i tempi sarebbero stati lunghi. Non immaginavo, però, che la ricostruzione passato il commissariamento si sarebbe bloccata in modo così tragico".
Il Presidente della Regione, insomma, non ha risparmiato pesanti critiche all’operato del sindaco, Massimo Cialente, che negli stessi minuti, annunciava con soddisfazione che sono pervenuti al Comune dell'Aquila i 300 milioni di euro e ai comuni del Cratere i 200 della seconda tranche della delibera CIPE 135 del dicembre 2012: "ringrazio Fabrizio Barca, che all'indomani del 16 Aprile, quando insieme ai sindaci del cratere, ai consiglieri di maggioranza ed ai consiglieri di minoranza Liris e Properzi con l'assessore Di Stefano, spiegammo al Governo Monti, nella persona del sottosegretario Catricalà, l'estrema urgenza di avere disponibilità di fondi", ha scritto in una nota il primo cittadino.
"Si tratta di un risultato importantissimo, anticipato di oltre sei mesi, poiché con queste somme che si aggiungono ai 255 milioni arrivati nei giorni scorsi, grazie all'impegno dell'assessore Di Stefano che ha sottoscritto lo scorso mese l'accordo con l'Abi che introduce un nuovo meccanismo per il rilascio dei contributi, potremo far partire cantieri per più di 800 milioni di lavoro. In questo modo speriamo di smaltire buona parte dei 2700 progetti della periferia e quelli del centro storico, in particolare dell'asse centrale che attendono dall'ottobre dello scorso anno. Chiaramente resta l'assoluta necessità che al Comune dell'Aquila arrivino per quest'anno altri 800 milioni di cassa poiché nel momento in cui siamo finalmente in condizione di dare il contributo a migliaia di famiglie, sarebbe assurdo negarlo ad altri che lo aspettano dallo stesso periodo ma sono solo uno o due posizioni al di sotto nella graduatoria; in altre parole si tratta di far partire il crono programma approvato dal Consiglio Comunale e consegnato nelle mani dell'allora Ministro Barca. L'arrivo in tempi così rapidi di questi 500 milioni si deve indubbiamente all'impegno della Ragioneria, di Fabrizio Barca e della struttura diretta dall'Ing. Mancurti ma soprattutto alle iniziative assunte dal comune dell'Aquila con i sindaci del Cratere. Non per polemica ma per verità storica, devo ricordare che la decisiva "manifestazione delle carriole” di Roma, risultata così proficua, fu definita dal vice presidente del Consiglio Regionale De Matteis come"l' ennesima pagliacciata " e fortemente contestata dai consiglieri Ferella e Di Cesare. Costoro hanno ancora una volta perso l'occasione per stare dalla parte degli aquilani".
Così il Sindaco. Non per polemica, ma per verità storica è giusto ricordare che la manifestazione di Palazzo Chigi nasceva dall’esigenza di ottenere il famoso miliardo per sbloccare i cantieri entro la fine del 2013. Il mezzo miliardo che il primo cittadino oggi rivendica era già stato annunciato in audizione al Senato dall’allora ministro Fabrizio Barca. Sono soldi trovati tra le pieghe del Cipe. Niente di nuovo, in altre parole. Come ricorda Cialente nella nota, è il miliardo che manca ancora. Che non si sa se e come arriverà. Il sindaco aveva annunciato che avrebbe sciolto il Consiglio comunale se non si fosse trovata una soluzione in una decina di giorni. “Ci stanno condannando a morte”, aveva detto. Cosa è cambiato negli ultimi giorni?