“Essere giornalista oggi è pericoloso, in Turchia non sono l'unico ad aver subito delle ripercussioni per aver detto la verità. In questo momento la Turchia è la più grande prigione al mondo per i giornalisti, sono più di 160 quelli che sono stati incarcerati. Ma sono sicuro che alla fine vinceremo”.
Can Dundar riesce ancora a essere ottimista sul suo futuro e su quello del suo paese. Malgrado tutto - malgrado l’ingiusta condanna inflittagli dal regime di Erdogan unicamente per aver svolto coscienziosamente il suo lavoro; malgrado lo scampato attentato, subìto per mano di un nazionalista filogovernativo; malgrado la lontananza dalla famiglia, dalla moglie “prigioniera” in Turchia da quando le è stato ritirato il passaporto e dal figlio, che vive a Londra; malgrado l’esilio forzato a Berlino – Dundar crede che, alla fine, la giustizia e la verità prevarranno. Perché, come ha scritto anche nel suo libro Arrestati, che ripercorre la sua angosciante vicenda, "l'amore è resistenza e noi non desistiamo mai".
Can Dundar è stato ieri all'Aquila, ospite dell’Università dell’Aquila in una tavola rotonda sui diritti umani e la libertà di stampa in Turchia organizzata da Amnesty International. alla quale hanno partecipato anche Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, Elisa Marincola, portavoce di Articolo 21, e Simone Gozzano, direttore del Dsu (dipartimento Scienze umane). E poche ore dopo, è stato raggiunto dalla notizia - inattesa - della sua candidatura al 'Premio Nobel per la Pace', condivisa col giornale Cumhuriyet.
Prima di prendere parte all’incontro, Dundar (che nel fine settimana sarà al festival di Internazionale a Ferrara) ha visitato il muro sul quale è stato realizzato il murales a lui dedicato, un’opera firmata dallo street artist Luca Ximenes e realizzato con il contributo del consorzio L’Aquila 2009.
Dundar - giornalista, regista, documentarista - è costretto a vivere in esilio a Berlino dopo che, due anni fa, venne arrestato e tenuto in carcerazione preventiva per tre mesi assieme al collega Erdem Gul con l’accusa di spionaggio per aver mostrato in un servizio giornalistico che i servizi segreti turchi avevano dato armi agli estremisti islamici in Siria. Dopo essere tornato a piede libero, nel maggio del 2016, fu condannato in primo grado a cinque anni e 10 mesi di reclusione per aver rivelato segreti di stato.
Dundar ha subito anche un tentativo di omicidio da parte di un sostenitore del governo di Erdogan che gli sparò al grido di “traditore” mentre attendeva la sentenza davanti al tribunale. Fu l’intervento della moglie Dilek a sottrarlo dalla traiettoria delle pallottole che ferirono però un collega.
Dopo il fallito golpe del luglio 2016, mentre si trovava già in Europa, è stato inserito al vertice di una lista di 73 giornalisti da arrestare per appartenenza a organizzazione terroristica.
"A Instanbul regna il terrore" dice Dundar "c'è censura, c'è il monoplio dei media, Erdogan ha tutto sotto controllo".
E la colpa, afferma il giornalista, è anche dell'Europa, che, con l'accordo sul controllo del traffico di migranti siglato lo scorso anno, ha, di fatto, rafforzato il potere assoluto del presidente Turco, voltando la testa dall'altro lato sulle costanti e ripetute violazioni dei diritti umani perpetrate nel Paese specialmente dopo il fallito golpe del luglio 2016: "Quell'accordo ha reso la turchia il guardiano dei migranti e ha dato a Erdogan il potere di fare quello che vuole. L'Europa non si cura di quello che accade nel paese, la sua unica preoccupazione è tenere lontani i migranti dai propri confini, i governi europei sono corresponsabili di questa situazione".
Le politiche di accoglienza dei migranti sono state uno dei cavalli di battaglia con cui l'Afd, il partito nazionalista di estrema destra tedesco, è arrivato al 13% alle elezioni che si sono tenute in Germania domenica scorsa. Se l'Europa, su questo tema, non troverà una voce unica e una strada comune, sarà costretta a assistere, fatalmente, alla nascita e al proliferare di altri partiti e movimenti populisti di matrice nazionalista e xenofoba.
Quello dei migranti, osserva Dundar, "non è un problema che riguarda solo l'Europa, è un problema globale, basti pensare agli Stati uniti e alle politiche di Trump. La Germania è solo l'ultimo dei casi. Non è un trend nuovo ma è un trend molto pericoloso. Stiamo pagando il prezzo delle varie politiche imperialiste fatte dall'Occidente nei confronti del Medio Oriente, basti pensare alle invasioni di Iraq, Libia e Siria, ma non penso che stoppare i migranti sia la soluzione giusta".
Qui sotto, le interviste al presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi, e all'autore del murales dedicato a Can Dundar, Luca Ximenes.