Una mozione, da far votare in consiglio comunale, per dire no alla riforma della legge elettorale e a quella del Senato, sulla scia di quanto sta accadendo in altre principali città, come Pisa, il cui consiglio l'ha approvata lo scorso giovedì.
E' quanto chiede il comitato aquilano di Possibile Leone Ginzubrg in una lettera aperta indirizzata al sindaco dell'Aquila Massimo Cialente e ai consiglieri comunali.
Il testo della lettera
Pregiatissimo Sindaco dell'Aquila,
Pregiatissimi Consiglieri comunali,
con la presente lettera aperta chiediamo che in tempi rapidi venga messa in discussione e votazione una mozione sulle riforme costituzionali (allegata), con la quale il Consiglio comunale dell'Aquila esprima la propria contrarietà a riforma della legge elettorale e riforma del Senato, il cui combinato disposto, da una parte, offrirà un potere praticamente assoluto al partito o alla lista che, con il 40% dei voti, conquisterà il 55% dei seggi alla Camera con una maggioranza che determinerà la composizione di Corte costituzionale, Consiglio superiore della magistratura e l'elezione dello stesso Presidente della Repubblica (in caso di ballottaggio, basterà avere un voto in più); dall'altra comprimerà ulteriormente il diritto alla sovranità popolare dei cittadini modificando e mortificando gli istituti costituzionali di democrazia diretta, alzando le soglie per il loro esercizio (da 500.000 a 800.000 firme per i referendum abrogativi e da 50.000 a 150.000 per le leggi di iniziativa popolare).
Per questa ragione vi presentiamo una bozza di mozione per esprimere - a presidenti di Camera e Senato, capigruppo parlamentari di Camera e Senato ed all'Anci nazionale -l'allarme contro una deriva autoritaria contro la quale si stanno costituendo in tutta Italia Comitati referendari per il No al Referendum confermativo sulla riforma costituzionale e per ribadire che l'obiettivo della "stabilità del governo del paese e dell'efficienza dei processi decisionali nell'ambito parlamentare" non può "produrre un'alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, come ha scritto la Corte costituzionale nella sentenza 1/2014.