La sentenza della Cassazione n.40272 del 2015 ha riconosciuto la depenalizzazione della elusione fiscale quando la stipula di un contratto di prestito abbia la funzione unica di ottenere un vantaggio fiscale, sulla base del fatto che il nuovo art. 10 bis introdotto dal D.lgs. 128 del 2015 esclude espressamente che operazioni che siano prive di sostanza economica, ma che realizzano vantaggi fiscali possono dar luogo a fatti punibili soltanto dalla legge tributaria.
L'elusione fiscale si configura nell'ipotesi in cui il contribuente, al fine di abbattere il carattere impositivo, faccia ricorso ad un uso distorto di istituti giuridici leciti, attraverso i quali riesce ad ottenere un risparmio di imposta, mentre, al contrario, nella condotta di evasione, il contribuente viola in modo diretto le norme fiscali.
Prima del D.lgs. 128 del 2015, la giurisprudenza comunitaria ed italiana era concorde nel ritenere che nell'ordinamento fosse presente un principio anti elusivo, che preclude, in ogni modo, al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali indebiti. Prima della legge di riforma, cioè, la giurisprudenza aveva affermato la rilevanza penale dell'elusione fiscale, purché questa derivasse da condotte corrispondenti a violazione di specifiche fattispecie tributarie: infatti, si riteneva che se il bene tutelato è la corretta percezione del tributo, allora devono essere punibili tutte le condotte che siano idonee a determinare una sostanziale riduzione della base imponibile.
Questa tesi era fortemente osteggiata dalla dottrina che in più di un'occasione ribadiva che l'elusione può essere penalmente rilevante, ma per assurgere a tale livello deve passare attraverso il vaglio della tipicità, in quanto l'elusione fiscale mal si presta ad essere tipizzata entro schemi generali ed astratti. Secondo l'orientamento dottrinale, al fine di ricomprendere quale reato penale le condotte di elusione fiscale, mancherebbe una descrizione tassativa del bene giuridico tutelato e delle modalità di aggressione del bene. La dottrina maggioritaria, in sostanza, non ritiene convincente la tesi secondo cui condotte elusive automaticamente sarebbero penalmente rilevanti.
Il nuovo art. 10 bis del D.Lgs del 128/2015 ha ritenuto di dover distinguere condotte elusive da quelle evasive: le prime sarebbero penalmente rilevanti e consisterebbero in operazioni fiscali contrastanti con le disposizioni tributarie specifiche, mentre condotte abusive o elusive sarebbero penalmente irrilevanti e si configurerebbero in operazioni che, pur prive di sostanza economica, sono dirette a realizzare un vantaggio economico, ma nel rispetto formale della normativa di cui al D.lgs 74 del 2000.
Chiarito una volta per tutte quale sia il discrimen tra condotte penalmente rilevanti e non, si pone un altro problema: infatti, con l’entrata in vigore della nuova normativa è necessario stabilire il regime intertemporale tra la vecchia disciplina tributaria e il nuovo decreto legislativo. Posto che la nuova legge introduce un vero e proprio favor rei, suscettibile di applicazione anche a fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, l’art. 1 del D.lgs128/2015, statuisce che le nuove disposizioni hanno efficacia a decorrere dal primo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge e che esse si applicano anche “alle operazioni poste in essere in data anteriore alla loro efficacia per le quali non sia stato notificato il relativo atto impositivo”. Pertanto, per salvaguardare l’attività dell’Amministrazione Finanziaria, la nuova normativa introduce un vero e proprio limite temporale all’applicabilità del D.Lgs. 128/2015.
La modifica della disciplina sull’elusione fiscale, però, comporta una vera e propria abolitio criminis ex art. 2 comma 2 c.p. e quindi non vi può essere un limite temporale all’introduzione della nuova legge, in quanto il principio generale del codice penale e della normativa europea è quello della “retroattività della legge penale meno severa” .
Tutto ciò comporta che l’art. 1 del D.lgs 128/2015 deve essere interpretato come limite temporale esclusivamente alla disciplina tributaria e non a quella penale.