Mercoledì, 25 Settembre 2013 17:43

Il vaso di Pandora di Porta Barete e il software del "com'era dov'era"

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Nella macchina della ricostruzione, quattro anni fa, fu inserito il software "com'era dov'era". Sembra che oggi sia molto difficile modificarlo, ammesso che lo si voglia davvero. Fino a quando girerà questo programma, la macchina continuerà a ricevere sempre lo stesso input, e l'output che ne continuerà a venir fuori sarà necessariamente solo quello che conosciamo: una ricostruzione ordinaria dell'esistente, ciò a cui stiamo assistendo sino ad ora.

La questione non si è posta fino a quando non si ci si è imbttuti in quello che può essere definito il vaso di Pandora di Porta Barete, a sua volta conseguenza dell'appalto di dodici milioni per riqualificare le mura antiche.

Perché se tutti sono d'accordo sulla riqualificazione delle mura in sé, ci si è accorti che questa riqualificazione implica altre scelte, come la possibilità di eliminare le speculazioni edilizie degli anni 50'-70' che impattano su quelle mura. Ma queste scelte molto probabilemente non si possono prendere perché il Comune non si è dato i mezzi per intervenire.

Per esempio ad oggi l'Amministrazione, semplicemente, non ha il potere di attuare la sostituzione edilizia dell'edifico appena abbattuto di Via Roma 207 se i proprietari non sono tutti d'accordo, e non lo sono.

Almeno che "in remoto" il Ministero non intervenga, ponendo un vincolo paesaggistico per far tornare all'antico splendore le mura urbiche. Ma allora a non essere ricostruito non sarebbe solo quel palazzo, che ha già ricevuto il contributo per essere ricostruito com'era dov'era, perché il vincolo si estenderebbe a tutta l'area delle mura.

Potrebbe succedere allora che unità edilizie già ricostruite dopo i danni del terremoto possano essere nuovamente, paradossalmente, abbattute.

porta barte duploPerché dal vaso di Pandora di Porta Barete, in cui è coinvolto anche Monsignor Antonini, una cosa esce fuori chiaramente: o tocca a tutti o a nessuno.
E poi? Dove e come dislocare i proprietari, in quali aree, soprattutto, con quali tempi?

Il Sindaco dell'Aquila intanto si sta muovendo: dal quotidiano il Centro apprendiamo che Massimo Cialente ha avuto un'accesa discussione telefonica col Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, in cui racconta di aver posto il problema del "rispetto dei moderni criteri archeologici e paesaggistici. Tra dieci anni - aggiunge il Sindaco - il mondo potrebbe rimproverarci di non aver saputo ricostruire secondo gli attuali canoni culturali". E quando si parla di "10 anni" si parla anche di L'Aquila 2019, candidata a capitale europea della cultura, altro concetto virtuale non trascurabile.

La questione non è banale "perché si tratta di decidere se ricostruire com'era dov'era gli ecomostri costruiti a ridosso delle mura negli anni 50 - 70", conclude Cialente.
Certo, peccato averci pensato solo ora.

La seconda Commissione.

Dopo esser nata nella testa di Monsignor Antonini, recepita da Sindaco e assessori, passata attraverso i media e arrivata nel dibattito pubblico, la discussione su Porta Barete, seguendo un iter davvero particolare, ha raggiunto anche una Commissione Consiliare, la seconda.

Qui il professore d'urbanistica e consigliere comunale Pierluigi Properzi ha chiesto al Comune di dotarsi di strumenti di tipo "ordinativo e prescrittivo" senza i quali comunque nulla si può fare e ogni discussione resta futile.

"La verità è che la ricostruzione è in mano agli stradisti, agli ingegneri strutturisti e ai condomini. Manca un piano strategico e un piano di ricostruzione serio" ha sottolineato Properzi, aggiungendo che "anche le aree a breve sono state un fallimento" .

Concorda su quest'ultimo punto l'assessore Pietro Di Stefano, presente insieme a quello alle opere pubbliche Alfredo Moroni. "Le aree a breve sono state una iattura - afferma Di Stefano - sbagliate perché più di ogni altro luogo, avevano bisogno di strumenti prescrittivi necessari. Ma la decisione è stata presa dalla struttura commissariale.

Per Di Stefano però gli strumenti prescrittivi in mano al Comune ci sarebbero: "Negli ambiti dove si deve intervenire in maniera più robusta si va con i Piani di recupero urbano(PRU). Il blocco è sulle risorse che non ci vengono date. Per un Pru i nostri uffici non bastano, delle 128 persone che dal concorsone sono state assegnate al Comune dell'Aquila, solo sette sono nell'ufficio urbanistico. Mi chiedo: le dieci persone che dal concorsone sono state destinate alla Regione, cosa stanno facendo veramente".

"Su Porta Barete io posso dire quello che c'è - afferma Alfredo Moroni - il 3 di settembre ho chiesto un studio di fattibilità dell'area a cui hanno partecipato anche gli uffici del Comune. Quando ci saranno risultati sulla porta e sul terrapieno di Via Roma si capirà se si potrà fare o meno un'intervento".

Il terrapieno di Via Roma.
Porta Barete oltre che essere un vaso di Pandora è anche un concetto virtuale. Non c'è ancora, ma potrebbe esserci. Singolare che proprio un concetto virtuale abbia portato all'evidenza problemi concreti finora nascosti. Ma nella città che cambia, al di là di vincoli e sostituzioni edilizie, alcune trasformazioni sostanziali, in un modo o nell'altro, stanno già avvenendo. A partire ad esempio dalla zona che dalla mega rotonda di Santa Barbara continua su Viale Corrado IV verso via Roma, via XX settembre e Via Vicentini.
Al centro si erge in tutta la sua nuda concretezza, il terrapieno di Via Roma, che ogni giorno migliaia di aquilani si lasciano al loro fianco transitando con le autovetture per Viale Corrado IV o Viale della Croce Rossa.
"L'asse della città è stato messo in crisi dalla viabilità della rotonda e l'approccio diretto è stato modificato da ampliamenti sinusoidali - sostiene sempre Properzi - Via Roma non è più l'accesso alla città". Secondo il professore questo non sarebbe il frutto di una programmazione ma verrebbe fuori da una confusioni di ruoli o meglio "perché i progettisti di strade si occupano poco di urbanistica".
"L'intervento di riempimento di Via Roma - continua Properzi - è storicizzato, risalente al 1823. E' il caso eliminarlo? Come? Se ne occuperanno stavolta specialisti importanti come archeologi, restauratori urbani, progettisti? Ho sentito parlare di sostituire il riempimento per ridare spazio al convento di Santa croce costruendo una struttura aerea metallica che mantenga l'accesso alla porta e liberi la chiesa. Questo è possibile ma per farlo ci vogliono progettisti seri".

Dentro e fuori.
Altro punto nella discussione dei consiglieri della commissione è stato quello esposto dall'esponente di L'Aquila che Vogliamo Vincenzo Vittorini: "Se non si ricostruisce il palazzo di Via Roma per recuperare Porta Barete allora si deve togliere anche l'ecomostro che ne impedirebbe la visualizzazione. Inutile pernsare a quello che è appena dentro le mura ignorando ciò che è appena fuori". Il sconsigliere si riferisce a Palazzo del Tosto dove il Comune dell'Aquila ha anche degli uffici.

Sostituzioni e social network
Nella discussione Antonello Bernardi, fa cenno a quando "Sulla rete si sviluppò un dibattito su quanto fosse bella San Massimo dopo l'abbattimento del palazzo che si trovava prima del Cinema Massimo. La domanda allora è questa: Quando attuare le sostituzioni?"

Virtuale per virtuale.commisisione porta barete
Se porta Barete è un concetto virtuale ancor di più lo è il tratto murario sponsorizzato dal consigliere Raffaele Daniele in Commissione. Basandosi su un progetto esistente, Daniele propone: "perché non costruire un pezzo di mura che ricongiunga il tratto tra Viale XXV Aprile e Via Vicentini?". Sarebbe un falso storico perché lì le mura non ci sono mai state. Ma perché non immaginare anche questo nella città che cambia, tra la polvere reale delle demolizioni in corso, porte antiche da cercare e mura storiche mai esistite da costruire?

Ritorno
Un punto per niente virtuale lo sottolinea il Consigliere Daniele Ferella: "I condomini di Via Roma 207 stanno aspettando da quattro anni per tornare a casa e ora che finalmente si sentono vicine a questo legittimo obiettivo lotteranno per il proprio diritto acquisito di ricostruire il palazzo dove abitavano e rientrarvi celermente".

Verini, Perilli e le case di Ceausescu                                                                                    

Dopo aver sottolineato a sua volta i problemi legati alla sostituzione edilizia il Consigliere Enrico Verini ha chiesto all'amministrazione "di formulare una proposta in tempi brevi, su dove delocalizzare e su un indennizzo economico da dare. E' chiaro - ammette Verini - che sarebbe un apripista per casi analoghi e che è difficile definirlo a livello giuridico".

"L'importante è evitare la tentazione di ricattare i proprietari - ha continuato Verini - d'altronde non si può fare come fece Ceausescu in Romania che per fare il Palazzo Presidenziale abbatté un intero quartiere senza tener conto della proprietà privata. Di dislocazioni se ne sono fatte già storicamente, come fece Mussolini per i Fori Imperiali che però assegnò subito nuove case agli inquilini, forse più belle di quelle di prima".

"Anche Ceausescu diede nuove case" ha tenuto a specificare il Presidente della Commissione Enrico Perillli.

Ultima modifica il Giovedì, 26 Settembre 2013 18:53

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