Mentre le associazioni ambientaliste chiedono più soldi per le riserve naturali regionali e il confronto/scontro sullo sviluppo turistico del Gran Sasso ristagna senza riuscire ad approdare a una sintesi condivisa dai vari contendenti in campo, c'è un'altra questione riguardante il destino dei parchi abruzzesi, che, pur essendo di importanza forse ancora maggiore di quelle appena citate, rischia di passare in secondo piano.
Un mese fa il Senato ha votato il cosiddetto "ddl Parchi", il disegno di legge che riforma i parchi nazionali modificando la famosa legge quadro (la 394) del 1991.
Il provvedimento è stato approvato a larga maggioranza (dopo oltre tre anni di discussioni e approfondimenti) ma ha provocato una levata di scudi delle associazioni ambientaliste. Diciassette di loro, praticamente tutte, avevano scritto, pochi giorni prima del voto a Palazzo Madama, un documento condiviso in cui chiedevano modifiche del testo partorito dalla commissione e portato in aula. L' appello - firmato anche da scienziati, intellettuali, esperti e docenti universitari - è rimasto però inascoltato.
Anche se per l'approvazione definitiva del ddl manca ancora il voto della Camera - passaggio nient'affatto scontato vista la crisi politica in atto - gli ambientalisti sono molto preoccupati. Questa legge, sostengono, rischia di mettere una pietra tombale sulla tutela dei parchi nazionali.
Al centro delle critiche ci sono soprattutto due questioni.
La prima riguarda il cosiddetto sistema delle royalties. Il disegno di legge stabilisce che le attività già presenti e attive all'interno dei parchi - ad esempio gestori di impianti idroelettrici, attività estrattive, impianti di biomasse, coltivazione di idrocarburi e simili - dovranno corrispondere un contributo agli enti parco se la loro produzione è superiore a una certa soglia. Questo sistema, sostengono governo e maggioranza, garantirà ai parchi risorse preziose per l'autofinanziamento. Gli ambientalisti, però, obiettano che quest'ultimo "non può essere legato all’ipotesi di royalties derivanti da attività impattanti presenti nelle aree protette, perché si finirebbe per condizionare gli Enti nel rilascio di eventuali pareri relativi a tali attività". Alcune attività, inoltre, sono in scadenza e, in molti casi, le autorizzazioni sono state rilasciate senza adeguate valutazioni ambientali. Inoltre, il loro eventuale rinnovo sarebbe soggetto a parere del Parco.
E qui entra in ballo la seconda questione, quella della governance. La legge cambia l'iter delle nomine degli organi direttivi dei parchi: i consigli saranno formati per un quarto da componenti scelti dalla comunità del parco (i comuni e le persone che vivono nell'area), per un altro quarto dai sindaci e per metà da esperti. Tra gli esperti, però, rientrano anche portatori di interesse economico (le associazioni agricole nazionali, ad esempio) con il rischio che la tutela dell'area passi in secondo piano.
Il direttore del parco, poi, sarà nominato dal presidente dell'ente, su proposta del ministero dell'Ambiente. Se fino ad oggi la scelta era tra gli iscritti a un albo di soggetti giudicati idonei alla carica, nel testo della nuova legge si fa riferimento a bandi senza specificare se sia prevista iuna commissione di valutazione e chi ne faccia parte.
Il testo, sostengono sempre gli ambientalisti, è molto approssimativo anche del definire quali competenze un direttore debba possedere. "Il direttore" recita la nuova legge "è nominato dal Consiglio direttivo nell'ambito di una terna di nomi di soggetti in possesso di laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica".
"E' necessario" ribattono però gli ambientalisti "che questa figura resti legata a competenze tecniche specifiche, relative alla tutela e alla conservazione della natura". Il rischio, insomma, è che ai vertici dei parchi siano scelti non professionisti dell'ambiente iscritti a un albo nazionale ma funzionari di tipo giuridico-amministrativo, con qualche anno di esperienza nella pubblica amministrazione, espressi da una selezione locale. O magari qualche politico trombato alle elezioni smanioso di trovare un'altra collocazione a compensazione della sua mancata rielezione.
Sia il senatore del Pd Massimo Caleo, relatore in aula della legge, che il ministro dell'Ambiente uscente Galletti hanno definito il ddl un passo avanti per "rilanciare le aree protette e integrarle meglio nel territorio, semplificare la burocrazia, aumentare le prospettive di tutela, di sviluppo e di lavoro nei parchi".
Il provvedimento istituisce inoltre due nuovi parchi nazionali, quello del Matese, nel Molise, e quello di Portofino, in Liguria (portando il numero complessivo a 25) e prevede inoltre la delega per la creazione del parco interregionale del Delta del Po.