Sarà ballottaggio.
Tra due settimane – domenica 25 giugno – gli aquilani saranno chiamati a scegliere il successore di Massimo Cialente; come prevedibile, a sfidarsi saranno Americo Di Benedetto e Pierluigi Biondi.
Il candidato della coalizione civico progressista parte con un vantaggio di oltre 11 punti percentuale: ha ottenuto il 47% delle preferenze, 18mila e 275 voti; l’ex sindaco di Villa Sant’Angelo, invece, si è fermato al 35.9%, con 13mila e 967 voti. Un distacco difficile da colmare, sebbene i ballottaggi abbiano riservato spesso delle sorprese.
Cosa raccontano i numeri?
Di Benedetto ha ottenuto 6 punti e mezzo in più di Massimo Cialente che, cinque anni fa, al primo turno, si fermò al 40.58%: stante il dato sull’affluenza più basso rispetto al 2012 (72.38% contro 67.77%, 43mila e 401 i votanti allora, 40.036 domenica), parliamo di uno scarto di ‘soli’ 800 voti. A differenza di Cialente che era andato 3 punti e mezzo sopra le 6 liste di centrosinistra, Di Benedetto è andato sotto di quasi 4 punti: significa che circa 1600 cittadini hanno preferito il voto disgiunto, accordando la preferenza ad una delle 9 liste della coalizione ‘Vivendo L’Aquila’ e votando, però, un altro candidato sindaco. Un dato politico rilevante.
E' altrettanto importante, però, sottolineare che la lista civica ‘Il Passo Possibile’, costruita candidatura su candidatura dall’ex sindaco di Acciano, ha ottenuto l’8.5% delle preferenze, 3.236 voti, attestandosi come terza lista in assoluto (dietro soltanto a 'Partito Democratico' e 'Forza Italia'); un risultato oltre le aspettative: dovesse vincere il centrosinistra, ‘Il Passo Possibile’ avrebbe un gruppo di quattro consiglieri.
E questo, è il vero nodo da sciogliere: in caso di vittoria al ballottaggio, infatti, non sarebbe affatto semplice per Di Benedetto gestire i ‘rapporti’ di forza dentro una coalizione così ampia e che, con le 9 liste presentate, ha superato ampiamente il 50% delle preferenze.
La lista civica del candidato sindaco è servita proprio a ‘puntellare’ la posizione del presidente del GSA che, come noto, ha dovuto sgomitare, e parecchio, per ottenere le primarie e ribaltare, quindi, i pronostici che davano in vantaggio Pierpaolo Pietrucci, sostenuto dalla segreteria del 'Partito Democratico' e dalle forze a sinistra della coalizione. Di Benedetto temeva il voto disgiunto; immaginava, come molti osservatori in realtà, che sarebbe andato ‘sotto’ le liste e, infatti, tra i seggi allestiti per le elezioni, si vociferava di un'attenzione particolare di alcuni rappresentanti di lista a lui vicini sui voti ai candidati PD espressi col sostegno ad altri aspiranti sindaco. Certo, il successo de ‘Il Passo Possibile’ ha attutito il colpo; contando l’8,5% ottenuto da una lista fatta da candidati che non sarebbero scesi in campo, o non avrebbero sostenuto il centrosinistra - Elia Serpetti e Paolo Romano, quasi mille voti in due, 5 anni fa erano candidati col centrodestra - “sono sopra le liste di 4 punti e mezzo” ha ironizzato Di Benedetto ai microfoni di NewsTown. Se non fosse che anche il Pd ha ottenuto un risultato importante, arrivando al 17,31%, di gran lunga primo partito in città, con 6470 voti; cinque anni fa, i democratici erano arrivati a 6.593 voti, il 16,20%, in una coalizione più compatta e meno insidiosa. Vincesse Di Benedetto, sarebbero 8 i consiglieri PD in assise, alcuni vicini all’ex sindaco di Acciano – Emanuela Iorio (625 voti), Maurizio Capri (367) e Antonio Nardantonio (435) – altri legati, invece, a Pietrucci e alla direzione del partito, il segretario Stefano Albano ovviamente, che ha ottenuto 501 preferenze, oltre a Stefano Palumbo (556), Carlo Benedetti (310) ed Emanuela Di Giovambattista (366).
E’ probabile che la segreteria chieda l’assessorato alla ricostruzione per Palumbo, ed è lecito immaginare che non sarebbe facile, per Di Benedetto, escludere dalla lista dei futuri assessori gli uscenti Capri (ricostruzione pubblica), Iorio (sport), Di Giovambattista (politiche sociali) e Benedetti (presidente del Consiglio comunale per dieci anni) che così tanti voti hanno ‘portato alla causa’; è chiaro, altresì, che il presidente della GSA potrebbe volere nell’esecutivo anche uomini della sua lista civica. Insomma, trovare la quadratura del cerchio non sarà semplice considerate pure le possibili nomine in Giunta che permetterebbero di ‘ripescare’ candidati rimasti fuori dal Consiglio: si pensi ad Alfredo Moroni, primo dei non eletti di Abruzzo Civico, a Giuliano Di Nicola, ‘battuto’ dalla collega di lista Elisabetta Vicini, a Guido Iapadre e Fabio Ranieri di Articolo 1. Se sul taccuino appuntate pure i nomi di Luca D’Innocenzo, Enrico Verini e Nando Galletti, avrete un quadro più completo.
Non vanno meglio le cose in seno al centrodestra. Anzi. Come non bastassero gli 11 punti di distacco tra Pierluigi Biondi e lo sfidante, va sottolineato che – rispetto a 5 anni fa – le forze d’aria hanno perso oltre 5mila e 100 voti: all’epoca, le sette liste che sostenevano la candidatura di Giorgio De Matteis e le due liste a supporto di Pierluigi Properzi arrivarono a 17.886 preferenze, attestandosi al 43,91% (giusto dieci punti percentuali in più dell’ultima tornata elettorale). Pure volessimo considerare Casapound e Giancarlo Silveri come candidati d’area, la forbice resterebbe piuttosto larga.
Biondi è andato due punti ‘sopra’ le liste che, a far di conto, si sono fermate oltre 17 punti ‘sotto’ le forze di centrosinistra: una differenza abissale e che rende ancor più difficile, considerata la fisiologica soglia psicologica, il tentativo di rimonta dell’ex sindaco di Villa Sant’Angelo. Forza Italia ha superato d’un soffio il 10%, 2.671 voti in meno del Partito Democratico; le liste civiche sono andate piuttosto male, quelle partitiche hanno retto, ma sono andate sotto la lista del candidato sindaco di centrosinistra.
Insomma, un quadro nient’affatto edificante e che, oltre gli annunci di facciata, ha finito per acuire mal di pancia che si erano già manifestati al momento di indicare il candidato sindaco. Dovesse vincere Di Benedetto, resterebbero fuori Giorgio De Matteis (anche in caso di vittoria di Biondi, in realtà), Ersilia Lancia, Luigi D’Eramo, Luigi Di Luzio, Sabrina Di Cosimo e Raffaele Daniele; alcuni consiglieri che hanno fatto incetta di preferenze – Roberto Tinari, tra gli altri – hanno lasciato intendere che le cose dovranno cambiare, altri stanno già pensando alle Regionali e, dunque, la sensazione è che Biondi dovrà fare da sé, “de-partitizzando” se possibile la sua candidatura e puntando sul voto di pancia e d’opinione.
Fin qui, i protagonisti del ballottaggio del 25 giugno. E gli altri?
Come tendenza che ha attraversato il Paese, il voto si è fortemente polarizzato: circa l’83% degli elettori si è orientato su Di Benedetto e Biondi, ‘polverizzando’ le altre candidature in campo. Se Claudia Pagliariccio di 'CasaPound' si è fermata all’1,23%, 369 voti che dovrebbero andare a Biondi, ed era difficile ipotizzare un risultato migliore, l’ex manager Asl Giancarlo Silveri si è attestato ad un misero 1.99% di preferenza personale andando persino ‘sotto’ la lista Riscatto Popolare (823 voti, 2.178%). Un risultato assolutamente deludente. Parlando di eventuali apparentamenti, Silveri ha spiegato che il discorso sarà comunque rinviato a dopo mercoledì, quando si riunirà con gli iscritti al movimento, aggiungendo che, “ammesso” qualcuno lo cerchi, “il rapporto sarà basato essenzialmente sull’affermazione dei punti del programma: non siamo a caccia di poltrone”. C’è chi è pronto a giurare che il pacchetto – risibile – di voti andrà a Di Benedetto.
E’ andata molto male, al di sotto delle più pessimistiche previsioni, anche all’ex magistrato, e già vicesindaco del Comune dell’Aquila, Nicola Trifuoggi, arenatosi al 2.7% con le sue liste che hanno ottenuto meno di mille voti. Trifuoggi – all’ultima esperienza politica, l'ha lasciato intendere chiaramente – non darà indicazioni di voto in vista del ballottaggio. Così faranno il 'Movimento 5 Stelle' e la 'Coalizione Sociale' che hanno portato in Consiglio comunale i candidati sindaco Fabrizio Righetti e Carla Cimoroni.
Come altrove, i pentastellati sono andati male anche a L’Aquila: se è vero che hanno triplicato la loro percentuale rispetto al 2012 - dall’1,74% dell’allora candidata Enza Blundo al 4,86% di domenica scorsa - il risultato è ben al di sotto della media nazionale, pure deludente, e lontanissimo dalle proiezioni di voto sulle politiche che, in città, darebbero M5S intorno al 20%; segno che il movimento di Beppe Grillo, dopo aver conquistato Roma e Torino, è tornato al punto di partenza, incapace di radicarsi sui territori e di offrire un programma di governo credibile per le amministrazioni delle città.
In un capoluogo di Regione tendenzialmente ‘bipolare’, insomma, il terzo polo è la coalizione sociale che ha raccolto le esperienze civiche di 'Appello per L’Aquila' e 'L’Aquila che vogliamo' oltre al partito della 'Rifondazione comunista'; gli arancioni “ribelli” si sono attestati al 6,28% con la candidata sindaca Carla Cimoroni (per lei, 2.441 voti) e al 5.6% con le liste (2.183 voti). Dato il contesto, era difficile immaginare che la Coalizione potesse ottenere di più; il contesto, però, è stato - anche - il frutto di un percorso lungo 5 anni, che ha visto le forze civiche unirsi in un unico gruppo consiliare e dare battaglia alla maggioranza di centrosinistra, unica vera opposizione in assise consiliare, con la difficoltà, però, d’incidere fuori dall’aula, allargandosi ‘oltre i confini’ conosciuti e che rappresentano, comunque, importanti istanze che penetrano la città e da cui ripartire, con un bagaglio di voti da non disperdere. In questo senso, la convergenza dei civici con 'Rifondazione comunista' è parsa più un’occasione elettorale che la condivisione reale di un percorso politico delineato.
Sta di fatto che, rispetto a 5 anni fa - sebbene le condizioni fossero diverse e i confronti, dunque, azzardati - le liste civiche (all’epoca divise) e il 'PRC' hanno perso circa 900 voti di lista. Ettore Di Cesare, candidato sindaco di 'Appello per L’Aquila', si attestò allora al 5% con 2.147 preferenze (le due liste a supporto al 4.25%, con 1.732 voti); Vincenzo Vittorini, candidato sindaco di 'L’Aquila che vogliamo', al 5.72% con 2.459 preferenze (la lista a supporto al 3.88%, con 1.582 voti); la lista di Rifondazione, in coalizione col centrosinistra, colse invece il 2.99%, con 1.217 voti. Cinque anni dopo, Di Cesare, Vittorini e Perilli, consiglieri comunali uscenti, non sono stati rieletti.
Le reazioni
M5S: "Gli aquilani preferiscono la continuità ad un vero cambiamento"
"I risultati di questa tornata elettorale a L'Aquila dimostrano come, nonostante le tante lamentele di questi difficili ultimi anni, gli Aquilani preferiscano la continuità al sistema che li ha amministrati rispetto ad un vero cambiamento".
Si legge in una nota del Movimento 5 Stelle. "La dinamica delle elezioni amministrative territoriali è molto specifica e non comparabile con i risultati ottenuti a livello politico nazinale e regionale. In tal senso L'Aquila ha avuto una situazione ancor più particolare: l'estrema frammentazione del voto conseguente alla presenza di ben 24 liste e 800 candidati di cui n. 9 liste a sostegno del centrosinistra e n. 7 per il centro destra, non premia sicuramente chi come il M5S, con una sola lista di 30 candidati, non utilizza questi vecchi 'sistemi partitocratici' utili solo per cercare un consenso per i capilista e sottrarre preferenze agli altri partiti/movimenti".
Di fatto - aggiungono i pentastellati - "analizzando i risultati della tornata elettorale, si vede che vengono 'premiati' quasi tutti ex assessori e consiglieri uscenti. Altri elementi da tenere in considerazione sono l'alto numero di non votanti (circa il 32% ) nonché l'elevato numero di schede nulle (circa il 3% alla stregua di un partito: il cosidetto voto disgiunto se non reso semplice e comprensibile, può essere causa di errori) nonché le spese effettuate nella campagna elettore per le quali il m5s si è completamente autofinanziato spendendo cifre inferiori a 1000 euro".
Rispetto alle precedenti amministrative, "constatiamo una crescita del M5S aquilano che seppur non pienamente soddisfacente, permetterà, secondo le previsioni 'ufficiose', di eleggere un consigliere comunale con il quale potremmo vigilare e rendere più trasparente l'operato dell'amministrazione, elementi in passato molte volte estranei a questa città, e difendere i diritti dei cittadini. D'altro canto le cosidette 'liste civiche' di altri schieramenti non legati formalmente al centro destra o centro sinistra non hanno avuto migliore fortuna se da un lato non sono riuscite o a raggiungere il quorum minimo o come nel caso della 'Coalizione Sociale' che ha avuto un forte ridimensionamento rispetto alle precedenti amministrative pur presentandosi con un numero maggiore di liste (3)". Personalmente - ha dunque concluso il candidato sindaco Fabrizio Righetti - "voglio ringraziare tutti coloro che nella giornata dell'11 giugno u.s. hanno dato il consenso al M5S aquilano. In tal senso continueremo a lavorare ancora con più vigore affinché il movimento si radichi maggiormente a livello comunale".
Silveri: "Responso dell'elettorato è come una sentenza: si accetta e basta"
"Il responso dell’elettorato è come una sentenza giudiziaria: non si discute né si contesta, si accetta e basta".
Così Giancarlo Silveri, candidato sindaco dell’Aquila della lista civica Riscatto Popolare, commentando a caldo i risultati del voto amministrativo di domenica notte. "Domani, mercoledì 14, la nostra associazione terrà una riunione per proseguire l’attività che ha avviato da anni e compiere una prima analisi delle elezioni, soprattutto in termini formativi - spiega - Nel percorso di questa associazione c’è stato questo evento, con questi risultati, che insegnamenti ci dà? Di certo posso dire che continueremo a divulgare il nostro programma, che riteniamo utile per la città".
Quanto agli scenari per il ballottaggio, "parlerò con le amiche e gli amici del nostro movimento e vedremo se muoverci e come muoverci. Se mi cerca qualcuno, rinvio comunque il discorso a dopo mercoledì - chiarisce Silveri - Ammesso che qualcuno mi cerchi, il rapporto sarà basato essenzialmente sull’affermazione dei punti del programma: non siamo a caccia di poltrone", conclude.