Martedì, 20 Giugno 2017 16:06

Sottoservizi, botta e risposta Biondi-Gsa su concessione riserve

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Un’evidente forzatura”.

Così il candidato sindaco del centrodestra, Pierluigi Biondi, definisce l’atto con cui la Gran Sasso Acqua, l’azienda di cui è presidente Americo Di Benedetto, suo avversario nella corsa alla poltrona di primo cittadino, ha concesso, in qualità di stazione appaltante, riserve per 740 mila euro all’Ati Asse Centrale Scarl (l’associazione di imprese formata da Acmar, Edilfrair e Taddei), esecutrice dei lavori nell’ambito del maxi appalto da 40 milioni di euro (primo lotto) dei nuovi sottoservizi.

Due sono le anomalie segnalate da Biondi: la velocità e l’efficienza “prussiana” - entrambe “singolari” visti i tempi di risposta biblici della Pubblica Amministrazione italiana - con cui quelle riserve sono state deliberate; e il riferimento normativo a cui è stata ancorata la transazione tra la Gsa e l’impresa appaltatrice, un decreto legislativo – il 163 del 2006 – non più in vigore in quanto abrogato dal nuovo codice degli appalti.

Tutto inizia il 21 febbraio, afferma Biondi carte alla mano, quando Gianni Frattale, proprietario della Edilfrair, scrive alla Gsa a nome dell’intera Ati (nelle vesti di rappresentante delegato) per presentare otto riserve.

Nell’ambito degli appalti pubblici, le riserve sono somme aggiuntive che le aziende appaltatrici possono chiedere agli enti appaltanti in caso di maggiori spese - dovute a vari imprevisti - sostenute nel corso dell’esecuzione dell’opera.

Nella lettera che Frattale invia alla Gsa, la richiesta delle riserve viene motivata dai ritardi con cui le ditte “entrano in possesso” delle aree in cui effettuare materialmente i lavori di posa dei sottoservizi.

Ritardi dovuti, dice Asse centrale, tanto alla “carenza di programmazione, gestione e coordinamento da parte della stazione appaltante”, cioè la Gsa, quanto a una serie di eventi organizzati dal Comune dell’Aquila (Festival della Partecipazione, Jazz festival, Street Food e altri). L’ammontare delle riserve è calcolato in base alle spese che le aziende, pur stando ferme, devono comunque sostenere per pagare personale, macchinari, attrezzature, ammortamenti e così via.

Delle otto riserve presentate alla Gsa, una, la prima, è da 1,8 milioni; sei - dalla due alla sette – sono pari a zero perché l’azienda vi rinuncia unilateralmente; l’ultima non viene quantificata - perché mancano i dati che consentirebbero di farlo - ma viene ugualmente presentata in base a una stima secondo cui sarebbe superiore al 10% dell’importo contrattuale. 

E’ questo, dice Biondi, un passaggio cruciale perché se le riserve superano il 10% dell’importo contrattuale, la stazione appaltate è tenuta a cercare un accordo bonario e a transare.

Pochi giorni dopo la ricezione della lettera da parte della Gsa - il 2 marzo - il direttore dei lavori, l’ingegnere Alessandra Marono, rigetta tutte le riserve, giudicandole “inammissibili in punta di fatto e di diritto”.

Lo stesso giorno, però, il Rup, ossia il direttore tecnico della Gsa, Aurelio Melaragni, ignora il parere del direttore dei lavori e scrive un’altra relazione, nella quale dichiara invece ammissibili le riserve, anche se prende atto che l’ottava non è stata ancora quantificata e che alcune voci inserite nella prima – per esempio la sottoutilizzazione di alcuni macchinari - sono troppo alte e non trovano riscontro nei report sulle giornate di lavoro stilate dalla stessa azienda. In virtù di tali osservazioni, l’ammontare della prima riserva viene ridimensionato da 1,8 milioni a 740 mila euro. In riferimento agli altri importi, invece, viene scritto che, anche se non sono stati quantificati, in linea orientativa supereranno il 10%.

Il 3 marzo il dirigente amministrativo della Gsa, Raffaele Giannone, scrive al presidente dell’azienda e al Rup per far presente che occorre convocare un’audizione con la ditta esecutrice dell’appalto. Cosa che Melaragni fa il giorno stesso, con una lettera che porta il numero di protocollo successivo a quello della lettera di Giannone.

Il 26 aprile la transazione è praticamente fatta: la Gsa propone alla Scarl un accordo di 740 mila euro su tutte le riserve, anche su quelle che non sono ancora state quantificate.

“La cosa strana”, dice Biondi, “a parte la velocità con cui viene chiusa la faccenda (passano due mesi dalla richiesta delle riserve all'accordo transattivo, ndr), è che  in tutti questi passaggi si fa riferimento al decreto legislativo 163/2006 art 239. Un decreto abrogato dal nuovo codice degli appalti approvato nel 2016”.

Biondi non accusa né chiama in causa in alcun modo in maniera diretta Di Benedetto - anche perché la concessione delle riserve è stata fatta tramite atti dirigenziali, senza passare per il cda – ma solleva comunque una serie di quesiti: “Perché il Rup riconosce le riserve lo stesso giorno in cui il direttore dei lavori dice che non sono ammissibili? E perché da quel giorno il direttore dei lavori scompare da tutto questo carteggio? come mai, infine, la Gsa non ha chiamato un soggetto terzo a fare da mediatore nella transazione, visto che parliamo di soldi pubblici?”.

La risposta della Gsa

Pubblichiamo di seguito la replica della società Gran Sasso Acqua, firmata dal direttore amministrativo Raffaele Giannone

In qualità di Responsabile dell’Ufficio gare della Gran Sasso Acqua S.p.A. ed a tutela della società, la prego di pubblicare il seguente commento alle dichiarazioni del candidato Sindaco Pierluigi Biondi […] altamente lesive dell’onorabilità della struttura dirigenziale della Gran Sasso Acqua S.p.A. medesima.

Innanzitutto si respinge decisamente l’accusa che al caso di specie sia stata applicata una normativa errata (Dlgs 163/2006 attualmente abrogato dal Dlgs 50/2016) giacché, come dovrebbe essere ampiamente noto (e ci si stupisce che non lo sia), alle procedure ad evidenza pubblica bandite sotto l’egida del vecchio codice degli appalti quest’ultimo si applica fino alla fine della procedura anche se nel frattempo è intervenuta una nuova normativa; e questo sulla base del consolidato principio derivante dal diritto romano “tempus regit actum”.

Successivamente, si chiarisce che il rigetto delle riserve apposte sul registro di contabilità da parte del Direttore dei Lavori rappresenta una mera clausola di stile che consente alla Stazione Appaltante di meglio ponderare la bontà delle contestazioni della Ditta appaltatrice fino al momento in cui le medesime vengono regolate nella forma giudiziale o stragiudiziale (come nel caso di specie) ritenuta più opportuna.

Non corrisponde a verità che la transazione sia stata risolta troppo rapidamente poiché la stessa è stata attentamente ponderata ed è stata chiusa in tempi efficienti al fine di evitare che le somme in gioco potessero lievitare a livelli maggiori proprio in ragione della stigmatizzata riserva n. 8 che non è stata quantificata dalla Ditta appaltatrice proprio perché in fase di maturazione per somme ulteriori a suo vantaggio e che con la transazione è stata definitivamente chiusa ed azzerata.

Si ricorda infine che il valore delle riserve, in relazione ad un appalto di Euro 30.424.512,91 e tenuto conto delle condizioni della città a seguito del sisma (interferenze dei lavori di ricostruzione degli immobili privati e pubblici, numerosi ritrovamenti archeologici, interferenze e con altri gestori di servizi a rete ecc.) appaiono assolutamente fisiologiche ed anzi, in verità, assolutamente contenute.

Per quanto riguarda le ultime perplessità di Pierluigi Biondi si comunica che il Direttore dei Lavori scompare dal carteggio perché nella procedura di cui all’art. 239 del Dlgs 163/2 2006 il suo intervento semplicemente non è previsto e per quanto riguarda la richiesta dell’intervento di un soggetto o terzo che avrebbe dovuto fare da mediatore nella vertenza è facile e replicare che il soggetto terzo previsto dalla procedura è il sottoscritto: il dirigente competente per le gare di appalto.

L’intervento di un terzo mediatore rappresenterebbe nel caso di specie un evidente danno erariale giacché nella pubblica amministrazione l’intervento di soggetti esterni alla medesima è possibile solo nel caso in cui ciò sia previsto dalla legge oppure manchino professionalità interne. Nessuna delle due eventualità sussiste nel caso qui in commento.

In ogni caso la documentazione relativa alla transazione è pubblica e chiunque ne abbia voglia potrà constatare se i tratti di una procedura frettolosa e raffazzonata oppure di un percorso altamente documentato, meditato, professionale nonché rispettoso di tutte le normative tempo o per tempo  vigenti.

Si rimane naturalmente a disposizione per chiarimenti e si coglie l’occasione per porgere cordiali saluti.

Raffele Giannone

Ultima modifica il Mercoledì, 21 Giugno 2017 04:26

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