"Evitiamo di farci del male cercando autoassoluzioni o capri espiatori. Ha perso Americo e con Americo ha perso il centrosinistra e quindi ho perso anche io: nessuno si deve sentire escluso. Sempre colmi sono i carri dei vincitori ma per una volta, con onestà, facciamo posto anche su quello degli sconfitti".
A dirlo è il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, sconfitto alle primarie del 10 aprile da Americo Di Benedetto che, alle amministrative, è stato superato da Pierluigi Biondi. "Ripartire dagli errori è un primo indispensabile passo", sottolinea Pietrucci; e gli errori, "occorre dichiararli senza infingimenti".
Non basta imputare la sconfitta a un generico disimpegno - aggiunge - "addossando furbescamente la responsabilità agli elettori o, peggio, ai 'nostri' elettori, o ai portatori di voti. Chi sono i 'nostri' elettori? Categoria consunta, riflesso illusorio di un modo di fare politica che non esiste più, tanto più al secondo turno in cui il voto è d'opinione, diretto o negato ai candidati sindaco. Alludere a un elettore, a un cittadino, accostandogli l’aggettivo 'nostro' equivale a mancargli di rispetto e di considerazione. Primo errore evidente, di cui è strettissimo parente la concezione del portatore di voto, gli stregoni che spostano le preferenze da un candidato all’altro, a pacchi, a migliaia. Chi è oggi in grado di farlo in un contesto di ballottaggio dove il voto stesso si esprime nella sua forma più spontanea? Io no, lo riconosco, e francamente nemmeno ambirei a farlo. Esiste il mio impegno e la mia credibilità, tutti spesi per Americo".
Un modo per rispondere alle accuse, velate, corse di bocca in bocca, rispetto ad un presunto mancato impegno di Pietrucci e di altri esponenti democrat che, sostengono i maligni, non si sarebbero spesi per muovere voti su Di Benedetto.
Pietrucci non ha mancato, però, si sottolineare gli errori che Di Benedetto ha compiuto in campagna elettorale: "un candidato non è solo la persona che lo incarna ma sicuramente anche il percorso che compie e le scelte che fa, specialmente in campagna elettorale".
In Americo, "forte è stato l’imprimatur delle primarie, dove mi ha battuto con una affermazione impressionante - riconosce Pietrucci - perché lui ha superato me che mi sono superato, rispetto a tre anni fa alle elezioni regionali, e già allora fu un grande risultato. Mi fu chiesto di candidarmi, e mi sono messo a disposizione. Sono fiero di essermi battuto perché rimango convinto di avere dato un contributo importante anche se alla fine non è servito, non è bastato".
Dopo quella prova di forza, quel pieno di partecipazione (oltre diecimila persone al voto), non avrebbe dovuto essere tutto facile? "Dico intanto che forse le primarie sono uno strumento, ma non lo strumento. Che possono essere migliorate, regolamentate, che portano alla scelta di un candidato ma che questo candidato non è detto sia il migliore possibile. Vince il migliore candidato per le elezioni primarie, dico con una ovvietà che è solo apparente: colui che tende a essere più inclusivo, a raccogliere e ad aggregare piuttosto che incidere. Perché alla primarie la scelta di votare o meno è prevalente ma alle elezioni conta il chi, non il se. E quando si sceglie il sindaco, quando il sindaco si sceglie al ballottaggio, questo conta ancora di più".
Un lungo giro di parole, per sottolineare - seppure non esplicitamente - che le primarie sono state 'drogate' da un voto non storicamente collocabile nel centrosinistra. Con le conseguenze che, su NewsTown, abbiamo provato a tracciare in un approfondimento post elezioni [qui]. Dunque, la necessità di regolamentarle: "albi degli elettori, svolgimenti in contemporanea per gli schieramenti: va avviato un ragionamento a livello nazionale, a tutti i livelli", sostiene Pietrucci. Che ribadisce, tuttavia, come le primarie - nonostante tutto - abbiano rappresentato un evento storico, "perché al di fuori di ogni evento ordinario. Quella grande partecipazione rivolta a un confronto vero, tra due persone (fermo restando il bel contributo di Lelio De Santis) che sono nuove alla contesa politica, specialmente se si considera che il nostro campo all’Aquila ha conosciuto e 'speso' per decenni gli stessi esponenti, doveva essere considerato un messaggio politico. Così non è stato, o almeno non è stato quel tanto che serviva. A chi ci chiedeva di cambiare abbiamo risposto timidamente, riproponendo una fase che si chiudeva proprio quella notte, la notte del 10 aprile, che quindi è stata una occasione mancata".
E si torna, così, agli errori di Di Benedetto: Pietrucci rimprovera al candidato di centrosinistra di non aver preso le distanze dai maggiorenti del centrosinistra, dal sindaco uscente Massimo Cialente, da Stefania Pezzopane, da Giovanni Lolli. La richiesta di cambiamento non si è dissolata, da un giorno all'altro, "è rimasta e si è concretizzata nella elezione di Pierluigi Biondi, a cui ho già augurato buon lavoro e che spero possa essere un buon sindaco per L’Aquila. Noi, non chiudiamo gli occhi come abbiamo già fatto, e diciamoci fino in fondo la verità".