Sabato, 08 Luglio 2017 00:27

A Sinistra, D'Innocenzo: "Dinamiche interne al Pd hanno risucchiato la coalizione". Ranieri: "Non si riparte da dove ci siamo lasciati"

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"Errori ce ne sono stati tanti: in questi giorni, ho provato a ragionare su cosa li ha prodotti, sui motivi che ci hanno impedito di correggerli: ebbene, l'unica risposta che mi sono dato è che - dalle primarie in poi - la coalizione è divenuta una proiezione del Pd; in altre parole, le dinamiche interne ai dem hanno finito per avvolgere, risucchiare le altre esperienze".

Luca D'Innocenzo, ispiratore della lista di Territorio Collettivo, prova a ragionare sui motivi che hanno portato alla clamorosa debacle della coalizione civico progressista; e non nasconde i limiti dell'esperienza di un centrosinistra allargato con un rapporto di forze, però, nettamente sbilanciato dal Partito Democratico. In questo senso, "il risultato del primo turno ha avuto un effetto devastante: di fatto, si è prodotta una sorta di bilaterale tra il Pd e il candidato sindaco; tra l'11 e il 25 giugno, le altre soggettività politiche non hanno avuto la forza d'incidere".

D'Innocenzo è convinto che se le forze di sinistra avessero trovato la 'quadra' per presentare alle primarie una candidatura unitaria, non di facciata, come pure si era tentato di fare con la così detta 'Cosa Rossa', "al di là del risultato si sarebbe costruita una polarità altra che avrebbe costretto la coalizione a funzionare in quanto tale"; al contrario, "c'è stata una trazione troppo forte del Pd e una sostanziale difficoltà delle altre forze a produrre un reale cambiamento".

Difficoltà percepite dall'elettorato che, spiega D'Innocenzo, "ha pensato di non essere più dinanzi ad una coalizione collegiale, ma al Partito Democratico e alle sue dinamiche interne, dalla dicotomia tra pietrucciani e dibenedettiani e fino ai temi di campagna elettorale; penso al collegamento ferroviario con Roma: sul programma di coalizione era scritto che si sarebbe lavorato sul progetto di collegamento attraverso Rieti e l'area della Sabina, tra il primo e il secondo turno, invece, si è parlato d'altro. Vale lo stesso per l'Aeroporto dei Parchi: sul manifesto programmatico, si progettava di rilanciare lo scalo ai fini di Protezione Civile e non di perseguire l'ipotesi dei voli commerciali. Per non parlare del dibattito sulla composizione dell'eventuale Giunta, sulle nomine al gabinetto del sindaco o su ex assessori da recuperare: purtroppo, chi di noi ha provato a chiedere di correggere il tiro, d'approcciarsi in maniera diversa su alcuni temi, non ha avuto più la forza di far sentire la propria voce".

D'Innocenzo lo ribadisce, a rafforzare il ragionamento: un'altra polarità forte avrebbe potuto confrontarsi alla pari col Pd, facendo valere le ragioni delle altre anime della coalizione; "per questo, sono convinto che ci sia bisogno di costruire una soggettività politica, un livello di coordinamento e riflessione fuori dai dem, guardando a sinistra, per non essere residuali e marginali. Ovviamente, il Pd resterà interlocutore con cui confrontarsi, alla pari però. LE alleanze servono, ma soltanto se bilanciate".

Si pensi al modello Padova, laddove l'esponente della coalizione civica Arturo Lorenzoni, che al primo turno aveva conquistato il 22%, al ballottaggio ha portato i suoi voti in dote al candidato di centrosinistra Sergio Giordani, che l'11 giugno si era fermato al 29.2%, consentendogli di battere l'uscente Massimo Bitonci, espressione del centrodestra. Oggi, Giordani è sindaco e Lorenzoni vice. "E' il modello che avevo proposto alle forze di sinistra", sottolinea D'Innocenzo; "a L'Aquila, purtroppo, alcune forze hanno posto il vincolo che non si sarebbe potuto discutere col Partito Democratico. E così, abbiamo costruito la coalizione civico progressista sapendo benissimo che la sfida sarebbe stata difficilissima: sin dalle primarie, però, siamo finiti avvolti dalla scontro tra Di Benedetto e Pietrucci, subendo le dinamiche di casa dem".

"Non si riparte da dove ci siamo lasciati, perché ci siamo lasciati il 25 giugno alle 23 addosso ad un muro, nel momento della sconfitta più clamorosa per la storia del centrosinistra in questa città: non si può far finta di niente. Non si può che ripartire dagli errori commessi: per questo, l'analisi del voto va fatta in modo più puntuale", aggiunge Fabio Ranieri di Articolo 1.

Un'analisi senza sconti: "Non ha inciso l'astensionismo e non credo abbiano inciso gli elettori degli altri candidati a sindaco, se non in minima parte: al primo turno, ha votato il 67% degli aventi diritto, al ballottaggio il 52%, più o meno la stessa percentuale di voti che avevano ottenuto le due coalizioni l'11 giugno. Piuttosto, c'è stato uno spostamento di voti dal centrosinistra al centrodestra".

Come è potuto accadere? "Sono tante le concause, è evidente però come sia emersa, tra primo e secondo turno, la debolezza del progetto politico e amministrativo del centrosinistra aquilano. La spiego così: il centrosinistra a livello nazionale non esiste più, non aggrega, non scalda i cuori, gli elettori sono in enorme difficoltà; a L'Aquila, abbiamo provato a costruire una sorta di laboratorio, abbiamo lavorato per mesi ad una coalizione che abbiamo chiamato civico-progressista per ridare un'anima valoriale e culturale al progetto che volevamo presentare per la città. In parte, ci siamo riusciti, ed eravamo riusciti persino a declinare il brutto dibattito su continuità e discontinuità rispetto all'amministrazione uscente argomentando che, oggettivamente, si apriva una fase diversa che non atteneva più alla ricostruzione materiale e alla battaglia per i fondi, ma all'idea di città che si voleva mettere in campo. Abbiamo retto fino alle primarie che, a dire il vero, non sono state fatte per dar forza al progetto ma perché c'era un problema in seno al Partito Democratico sulla scelta del candidato sindaco: le primarie, in realtà, non le voleva nessuno, tant'è vero che si sono celebrate, sostanzialmente, senz'altri candidati del centrosinistra; in quel momento, forse, è stato commesso un errore: le forze di sinistra, in modo più coordinato, avrebbero dovuto mettere in campo una candidatura. Passate le primarie è saltato tutto, e ancora per i problemi interni al Pd: non si è più dato seguito ai motivi che ci tenevano insieme, al progetto politico e amministrativo. C'è stato un fiorire di liste, forse troppe, e si è persa completamente una guida generale e un accordo di coalizione. Ognuno ha pensato alla propria campagna elettorale e qualcuno ha teorizzato persino che la politica non servisse, che bastassero i portatori d'interessi e di voti. L'idea si è quasi concretizzata, al primo turno: sparite liste e candidati, però, avendo abbandonato completamente il progetto politico, verso il ballottaggio siamo andati a mani nude".

Al contrario, Biondi non ha avuto paura a risvegliare l'orgoglio politico della destra - sottolinea Ranieri - "non si è nascosto, ha tenuto in coalizione 5 partiti e non liste civiche come accaduto nel centrosinistra; ha incarnato meglio la discontinuità, ovviamente, e ha fatto una campagna elettorale più popolare, attenta alle esigenze di chi, in questi anni, ha sofferto di più. Se si aggiunge che a livello nazionale, persino tra primo e secondo turno, il Partito Democratico si è divertito ad attaccare i suoi alleati piuttosto che la destra e il Movimento 5 Stelle, ecco che si è fatta la frittata".

Ranieri ribadisce il concetto: "Non si può ripartire da dove ci siamo lasciati, è l'unica cosa certa. Non si tratta di scaricare le colpe sui dem, di cui tuttavia non mi è piaciuto il protagonismo, le continue uscite e interviste, dannosissime tra il primo e il secondo turno e persino dopo la sconfitta elettorale; è il partito più grande, figurarsi, ci militavo fino a qualche mese fa, ma la coalizione è rappresentanta per il 33% da altre forze politiche e soltanto per il 17% dal Pd. L'idea che involontariamente è arrivata all'Aquila dell'autosufficienza dem ha rappresentato davvero un problema".

E' chiaro come il ragionamento di Luca D'Innocenzo e Fabio Ranieri vada oltre l'analisi delle amministrative appena celebrate; entrambi si dicono convinti sia necessario coordinare l'opposizione in Consiglio comunale, senza portavoce però, sbarrando così la strada a chi, tra i democratici, ha proposto che Americo Di Benedetto sia la sintesi delle forze d'opposizione. Piuttosto, a L'Aquila, come a livello nazionale, si ragiona, da un lato, della costruzione di un partito di sinistra, e dall'altro della strutturazione più ampia di forze progressiste. "Dobbiamo ricostruire un'opposizione, un progetto alla pari con chi ci sarà. Martedì prossimo, in conferenza stampa, Articolo 1 presenterà la sua soggettività che proverà a costruire con la presunzione di porsi come soggetto politico capace di raccogliere molto di ciò che si è disperso in queste elezioni", svela Ranieri a NewsTown. "Certamente, non ci faremo condizionare dal dibattito interno al Pd sui futuri assetti partitici".

"Non c'è dubbio che chi voglia ricostruire un partito di sinistra dovrà partecipare allo sviluppo, ancora embrionale, di Articolo 1", chiarisce D'Innocenzo; "non basterà, però: anche a livello nazionale, serve un coordinamento delle forze fuori dal Pd. In questo senso, in molti stanno guardando con interesse all'idea lanciata sabato scorso da Piazza Santi Apostoli, all'appello di Giuliano Pisapia, ad una soggettività più ampia - Insieme, appunto - di sensibilità di centrosinistra alternative al Partito Democratico".

Lo sguardo è ai prossimi appuntamenti elettorali, alle politiche e, stando in Abruzzo, alle regionali. "Ho invitato le forze di coalizione a vederci, settimana prossima: davanti ci sono le politiche, il contesto porta lì, ma un coordinamento oltre il Pd serve a prescindere, come modello di rappresentanza", ne è convinto D'Innocenzo.

"In vista delle politiche, i margini sono strettissimi e non per colpa nostra: abbiamo idea che ci sia bisogno di un centrosinistra in totale discontinuità con le politiche economiche, sociali e di welfare che sono state perseguite in questi anni", gli fa eco Ranieri. "Il Pd pretende di racchiudere in sé tutto il centrosinistra e pretende di racchiudere in Renzi tutto il Pd: è una strada che non ci interessa. Il sistema elettorale con cui ci costringeranno a votare sicuramente sarà proporzionale, penseremo dunque a riorganizzare un'area di centrosinistra alternativa al Pd. Dopo quel voto, ragioneremo".

Sulle regionali, D'Innocenzo è ancora più chiaro: "Vista dalle aree interne, l'esperienza del governo D'Alfonso è drammatica; bisogna immaginare velocemente una strada alternativa, di qui alla fine della legislatura. Chi non si riconosce nelle politiche dell'esecutivo deve interrogarsi, e farlo subito".

 

Ultima modifica il Martedì, 11 Luglio 2017 15:04

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