Martedì, 17 Ottobre 2017 16:43

Partecipate: bocciata in commissione proposta su audizioni pubbliche

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Non è passata in quarta commissione consiliare (Affari istituzionali e Regolamenti, presidente Fabrizio Taranta, Noi con Salvini) la proposta di delibera presentata da Carla Cimoroni (Coalizione sociale) che suggeriva di introdurre un meccanismo di audizioni pubbliche, aperte anche alla cittadinanza, per la scelta degli amministratori unici delle società partecipate dal comune.

La proposta è stata bocciata con 25 voti contrari, 3 a favore e 2 astensioni.

A votare contro, oltre a tutto il centrodestra, è stata anche una buona parte del centrosinistra: Nardantonio (Pd), Iorio (Pd) e Serpetti (Il passo possibile). Hanno votato sì, invece, Angelo Mancini (L’Aquila sicurezza lavoro) e Giustino Masciocco (Mdp) mentre Elisabetta Vicini (Socialisti riformisti) si è astenuta, insieme a Lelio De Santis (Cambiare insieme).

Le nomine dei vertici delle partecipate di un comune spettano, per legge, al sindaco, che sceglie sulla base di un atto di indirizzo approvato dal consiglio comunale.

La delibera della consigliera di Coalizione sociale proponeva - fatto salvo il diritto del primo cittadino, garantito appunto dall’ordinamento, di avere l'ultima parola - di rendere trasparente tutto il processo mediante un sistema di audizioni pubbliche che prevedeva che cittadini, stampa, rappresentanti di associazioni e organizzazioni - professionali o espressione diretta della società civile - potessero porre pubblicamente domande ai candidati, i cui curricula avrebbero dovuto essere resi noti con congruo anticipo per dar modo alla collettività di conoscerne e valutarne il profilo professionale e politico, la condotta nell'esercizio di altre cariche ricoperte in precedenza, i rischi di possibili conflitti di interesse, eventuali precedenti penali, nonché programmi, proposte, intenzioni, riguardanti l'adempimento del mandato.

Una procedura trasparente, ha spiegato la consigliera illustrando la proposta di delibera alla commissione, per sottrarre un atto così importante all’opacità di scambi e accordi stretti sottobanco tra partiti e cacicchi locali e mettere i cittadini nelle condizioni di valutare la correttezza delle scelte, superando il meccanismo della delega pura.

Una proposta farraginosa, di scarsa efficacia e anche un po’ demagogica” è stata la risposta tranchant di Pierluigi Biondi, presente alla seduta. Il primo cittadino, nel suo intervento, ha voluto difendere il primato e l’autonomia della politica e dei partiti - a cui spetta il compito di svolgere la funzione di indirizzo nel governo della cosa pubblica  - contro il “furore dell’antipolitica, che in questi anni ha portato alla dismissione di asset pubblici strategici e alla diminuzione dei servizi essenziali”.

Chi è stato eletto democraticamente, in base al principio di rappresentanza, ha detto in sostanza Biondi, non può tornare a delegare ai cittadini nel momento in cui è chiamato a prendere delle decisioni. “E poi” ha obiettato Biondi “come si svolgerebbero le audizioni? Quando si farebbero? Chi sarebbe chiamato a parteciparvi? La proposta non eliminerebbe, peraltro, la discrezionalità del sindaco nel restringere la rosa dei nomi in caso di presentazione  di un alto numero di candidature. La partecipazione, invece, deve avere metodi, regole e soprattutto tempi certi”

La difficile applicabilità del sistema proposto dalla Cimoroni è stata la motivazione a cui si sono appellati anche gli altri consiglieri che hanno votato no, compresi quelli della maggioranza: “Così ci sarebbe il rischio di trasformare la scelta dei vertici delle partecipate in un talent show alla X-Factor” ha affermato Raffaele Daniele (Udc).

Le uniche due eccezioni all’interno dell’opposizione, come detto, sono venute da Masciocco e Mancini, che hanno votato a favore. “Le partecipate, è inutile nasconderlo” ha detto Masciocco “sono un pezzo di potere importante della città ma sono diventate serbatoi elettorali e luoghi di clientele. Noi non abbiamo mai partecipato alle nomine, nemmeno nella passata consiliatura, quando Cialente faceva le riunioni con i partiti ma poi decideva tutto da solo. Il socio unico delle partecipate non è il sindaco ma il comune ed è il consiglio comunale che delega il sindaco”.

“Mentre discutiamo la proposta della consigliera Cimoroni” ha affermato Mancini “constatiamo l’assenza di una proposta della maggioranza sulle partecipate, sulle quali il sindaco si gioca una buona fetta di credibilità e del cambiamento tante volte invocato. Ricordiamo che la condizione odierna in cui versano le partecipate è frutto soprattutto delle assunzioni scellerate fatte dal centridestra tra il 2002 e il 2007, quando a governare c'erano molte persone che fanno parte anche dell'attuale maggioranza”.  

Mancini, all’inizio dei lavori, ha anche provato a chiedere la sospensione della seduta a causa dell’assenza del dirigente - nella fattispecie l’avvocato Domenico de Nardis - che aveva dato parere tecnico non favorevole alla proposta di delibera. Alla fine De Nardis non si è presentato e il parere è stato letto da un suo sostituto.

La proposta di delibera della Cimoroni è arrivata proprio nel momento in cui la maggioranza è alle prese con una discussione interna sulla scelta dei nuovi vertici delle spa.

Un confronto che si sta avvitando intorno alla querelle sul titolo di studio: parte del centrodestra (Noi con Salvini soprattutto) chiede che tra i requisiti necessari per concorrere alle nomine ci sia la laurea, ma c’è chi (Forza Italia) non è d’accordo.

Le difficoltà della maggioranza non sono nascoste, ormai, nemmeno dai diretti interessati e oggi è stata la consigliera di Forza Italia Elisabetta De Blasis a ribadirle pubblicamente a chiare lettere nel corso della seduta della commissione.

Secondo l’opposizione quella della laurea è solo una foglia di fico che la maggioranza sta usando per nascondere le divisioni e gli appetiti dei partiti, ciascuno dei quali, sulle partecipate, vuole riscuotere le proprie cambiali elettorali.

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