Mercoledì, 01 Novembre 2017 03:19

Centro d'accoglienza in via Roma: la goffa riunione della III Commissione

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Viene da chiedersi se sia accettabile convocare una Commissione consiliare su argomenti che attengono ad altri livelli istituzionali; se sia accettabile l'esborso di soldi pubblici per riunioni che, di fatto, non affrontano alcun atto amministrativo. Viene da chiedersi se l'amministrazione possa davvero permettersi di tenere impegnati tre assessori comunali - il vice sindaco Guido Quintino Liris, Francesco Bignotti ed Emanuele Imprudente - per quasi tre ore, col solo scopo di assecondare le "reazioni emotive" (così le ha definite Liris) di un sedicente comitato di cittadini.

Ieri mattina, la Terza commissione consiliare presieduta dalla consigliera forzista Elisabetta De Blasis si è riunita con all'ordine del giorno la "sicurezza del centro storico. Situazione migranti che vivono in via Roma".

Premessa, necessaria: ad inizio ottobre, alcuni residenti degli aggregati insistenti nel quarto di San Pietro hanno avuto un incontro col prefetto del capoluogo Giuseppe Linardi "per le problematiche conseguenti la collocazione di migranti in pieno centro storico"; il riferimento era al centro d'accoglienza straordinaria di via Roma, gestito da quasi tre anni da Fraterna Tau. "Il centro storico dell’Aquila va restituito agli aquilani e non può più essere presidio dei migranti", le parole della portavoce del gruppo Andreina Pellegrini, da anni residente a Pescara - come ha ricordato Amedeo Esposito in un bellissimo articolo pubblicato su 'Il Messaggero' qualche giorno fa - proprietaria di una signorile abitazione affacciata su via Roma, che ha minacciato di restituire le chiavi dell'alloggio riparato a seguito del terremoto. "Numerosi cittadini che devono rientrare nelle proprie abitazioni, proprio a causa della Casa d'accoglienza migranti che si trova in via Roma, da tempo manifestano serie preoccupazioni non sentendosi al sicuro nel dover vivere fra persone che non rispettano le nostre regole", ha sottolineato.

Un mese dopo, la vicenda è arrivata in Commissione 'Politiche sociali, culturali e formative'; in sala, uno sparuto gruppo di cittadini - una decina di persone - guidati dalla signora Pellegrini che, dopo aver apostrofato alcuni consiglieri come 'inutili' e aver manifestato insofferenza per le "zecche rosse" presenti in aula, non ha trovato di meglio che rivolgere insulti dall'amaro retrogusto sessista alla consigliera Carla Cimoroni costringendo la presidente De Blasis ad allontanarla.

Intemperanze che hanno imbarazzato anche i consiglieri di centrodestra, e in particolare gli esponenti 'forzisti' che si sono prestati alla convocazione della Commissione tentando di trovare pure un modo per giustificarla, normalizzandone i significati.

Ci ha provato la presidente De Blasis che ha spiegato di aver voluto riunire l'assise per discutere dei due "argomenti" in "tempi diversi", prima la situazione dei migranti di via Roma e poi la sicurezza del centro storico, come a tenerli separati, sebbene la convocazione evocasse chiaramente un collegamento tra la presenza dei migranti e la presunta insicurezza del cuore della città, come a volersi smarcare da una convocazione dettata, invece, da una chiara presa di posizione di un gruppo di cittadini avverso la presenza del centro d'accoglienza in via Roma. Ci ha provato pure il vice sindaco Guido Liris che ha ribadito come l'amministrazione non possa limitarsi a dar seguito a "reazioni emotive" dei cittadini né abbandonarsi, tuttavia, ad un eccessivo "permissivismo", assicurando che la Giunta intende dare risposte alle preoccupazioni dei proprietari delle abitazioni di via Roma "ripristinando l'illuminazione pubblica" e ricollegando la zona, oggi isolata, "accelerando la riapertura del ponte Belvedere".

Cosa si volesse ottenere con la Convocazione dei consiglieri commissari, però, non è stato affatto chiarito. Anzi, con l'incedere della discussione - tra i mugugni dei pochi residenti di San Pietro presenti che non hanno apprezzato affatto l'andazzo della riunione - è emerso come un argomento di discussione, in fondo, non ci fosse. In effetti, l'assessore Bignotti ha ribadito come la presenza di richiedenti asilo a L'Aquila sia assolutamente in media con le altre città italiane (388, lo 0.5% circa della popolazione residente), che non c'è alcuna invasione, anzi; la stessa presidente De Blasis ha aggiunto che la nostra è una città sicura, considerata l'incidenza di episodi violenti o criminosi. D'altra parte, non si è verificato alcun caso - neanche uno - di rilevante gravità commesso da uno dei 102 ragazzi ospitati nel centro d'accoglienza straordinario di via Roma. E dunque?

Si è capito che il problema sarebbe la percezione d'insicurezza diffusa tra i residenti della zona che transitano nelle ore notturne in via Roma, buia e isolata, per la presenza così massiccia di richiedenti asilo. Per questo, De Blasis ha messo sul tavolo della discussione un documento - "uno spunto di riflessione per i consiglieri commissari" - che intendeva impegnare l'amministrazione ad estendere la rete Sprar a tutti i casi d'accoglienza, superando la condizione straordinaria dei centri d'accoglienza, "poiché rimette la governance in mano alla comunità locale" - ha spiegato la presidente in aula - che potrebbe così "tornare a decidere numeri, modalità e soggetti da coinvolgere per organizzare l'accoglienza sul territorio". Tra l'altro, l'assessore Bignotti ha sottolineato l'impegno della Giunta affinché la rete Sprar sia estesa anche ai minori. Non solo. La proposta voleva impegnare il sindaco a richiedere al Prefetto "il rispetto della clausola di salvaguardia che esenta ciascun comune aderente al sistema Sprar da ulteriori nuovi arrivi", sebbene la Prefettura abbia già chiarito che il numero di migranti ospitati sul territorio della Provincia rimarrà invariato (parliamo di circa 1000 persone) e sebbene, con i numeri attuali, il Comune dell'Aquila sia al di sotto della suddetta clausola. Infine, si chiedeva la costituzione di una consulta comunale sull'immigrazione.

Ovviamente il documento non è stato messo ai voti, trattandosi di una bozza scritta dalla presidente che, comunque, si è impegnata a rielaborarla e inviarla ai consiglieri per una discussione compiuta in altra seduta di Commissione. In linea teorica, l'intenzione della consigliera forzista è stata accolta favorevolmente dai colleghi di centrosinistra che un anno e mezzo fa, nel marzo 2016, allo scoppiare della protesta dei cittadini di Fossa per l'apertura di un centro d'accoglienza nel borgo, avevano avanzato una proposta simile anticipando il protocollo sottoscritto, di lì a qualche mese, dal Ministero dell'Interno con l'Anci per la definizione di un sistema d'accoglienza che ponga al centro la rete degli enti locali che realizza progetti di 'accoglienza integrata' sul territorio: il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), appunto.

Ma qual è la differenza tra Sprar e centri d'accoglienza straordinari, come il caso di via Roma? Con il precedente piano operativo nazionale, varato dal governo nell'estate 2004, erano stati individuati i cosiddetti hub, ossia i centri di primissima accoglienza, laddove si registravano gli sbarchi ovviamente. La seconda accoglienza, invece, era sostanzialmente di competenza dei sistema Sprar, progetti che hanno un grado di strutturazione elevato e un controllo analitico della spesa, concordati attraverso bandi tra i soggetti accreditati al ministero e gli enti locali (i Comuni). Soltanto una piccola percentuale di centri di seconda accoglienza sarebbero dovuti essere 'straordinari', per sopperire alle richieste in eccesso, slegati da lacci, accreditamenti e dal controllo cui sono sottoposti i programmi dello Sprar. Al contrario, dei quasi 99mila migranti sul suolo italiano al 10 ottobre 2015, soltanto il 20% era parte del progetto Sprar; il restante 80%, dopo aver transitato negli hub, era stato trasferito in strutture nate ad hoc nei mesi dell'emergenza, i Cas, affidati a soggettti gestori individuati dalle prefetture attraverso bando, senza alcuna concertazione con l'ente locale. E' accaduto in via Roma, come altrove.

Il 'protocollo Minniti', dal nome del Ministro dell'Interno, è stato sottoscritto proprio per tentare di mettere ordine nel sistema d'accoglienza, così come è andato strutturandosi in questi anni. E il Comune dell'Aquila - con la proposta De Blasis, almeno - sarebbe intenzionato a porsi in questo 'solco', già delineato, come detto, dai consiglieri di centrosinistra nel marzo dell'anno passato. Se non fosse che, allora, i consiglieri di 'Noi con Salvini', oggi in maggioranza, avevano accusato il Partito Democratico di volere una "invasione pianificata del territorio". Avranno cambiato idea? Lo scopriremo se, e quando, la presidente De Blasis riporterà la sua proposta sul tavolo della Terza Commissione.

Intanto, l'assise riunita ieri non ha potuto far altro che agitarsi intorno ad una discussione sostanzialmente inutile, un esercizio di stile dei consiglieri commissari e poco più. Di sicurezza del centro storico non si è parlato affatto, e di cose ce ne sarebbero pure da dire, considerato che alcune attività commerciali insistono in zona rossa, che decine di cittadini sono persino tornati a viverci - e assumono su di sé i rischi di entrare e uscire da casa - per non parlare dei giovani, italiani e stranieri, che ogni sera, il giovedì in particolare, attraversano in massa zone che, teoricamente, sarebbero interdette. Sui richiedenti asilo di via Roma si è potuto dire poco, se non che incutono timore di notte per il solo fatto di esserci, di aggregarsi e frequentare la zona. Per il resto, non è certo il Comune dell'Aquila - tantomeno la Terza Commissione - che può determinare le politiche d'accoglienza obbligata messe in campo dai diversi Governi che recepiscono, anche, i dettami dell'Unione Europea; non è certo l'amministrazione comunale che può affrontare a livello amministrativo le criticità - e ce ne sono, figurarsi - del sistema d'accoglienza italiano. Il fenomeno si può evitare di 'subirlo' governandolo, certo, e la proposta di De Blasis, in questo senso, è certamente condivisibile a patto che si sfugga dalla logica emergenziale ed emotiva, definiamola così, di sparuti gruppi di cittadini. Per come è avvenuta, però, la convocazione dell'assise - l'accostamento tra sicurezza e migranti - non ha fatto altro che soffiare sul vento "dell'inaccoglienza che si è levato forte sull'Aquila" a citare ancora Esposito. Un vento preoccupante, pericolosissimo.

Se poi - come pure è accaduto ieri - si vuol discutere di episodi di violenza o prostituzione legati alla presenza di stranieri sul territorio comunale allora andrebbero, innanzitutto, ben chiariti i contorni dei fenomeni migratori: un conto è discutere dei richiedenti asilo e dei sistemi d'accoglienza, un altro dei cittadini stranieri, regolari o irregolari, che vivono in città; poi, andrebbero affrontati gli eventuali episodi di illegalità per quello che sono, ovvero questioni di ordine pubblico, che a compierli sia un cittadino straniero o italiano. E di nuovo, non è certo la Terza Commissione che può sostitursi alle forze dell'ordine.

Altrimenti, non si fa altro che correre il rischio di alimentare "le manifestazioni ideologiche" che rappresentano "più che prodromi del leviatano della destra estrema, oramai dilagante entro le mura di Palazzo Fibbioni", per parafrasare, di nuovo, Amedeo Esposito.

Ultima modifica il Mercoledì, 01 Novembre 2017 18:57

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