Il Pd dell’Aquila si spacca ed è una di quelle rotture che fanno rumore.
Americo Di Benedetto, Emanuela Iorio e Antonio Nardantonio lasciano il gruppo dei democratici in consiglio comunale e aderiscono al Passo possibile, che con questi ingressi diventa il principale gruppo di opposizione, almeno in termini numerici.
All'uscita del gruppo seguirà, forse, anche quella dal partito, benché, per il momento, Nardantonio e Iorio abbiano detto di voler restare, mentre è quasi certo l'addio di Di Benedetto
Una decisione non certo inaspettata, quella dei tre consiglieri, anzi nell’aria da giorni, che potrebbe anche essere il preludio a una scissione più profonda, a fuoriuscite future di altri iscritti. Per ora il segretario comunale, Stefano Albano, nega che esista questo pericolo e che dietro i tre vi sia una corrente organizzata.
Comunque la si voglia vedere, è uno strappo che non resterà senza conseguenze.
L’addio più pesante è ovviamente quello di Di Benedetto, il candidato sindaco del centrosinistra alle amministrative dello scorso anno. L’ex sindaco di Acciano ed ex presidente della Gsa è un amministratore molto stimato e gode di un seguito personale importante, come ha dimostrato lo scorso anno riuscendo a portare nella coalizione elettorale progressista molte persone che, per storia, retroterra politico e valori, non avevano nulla a che fare con il centrosinistra e che hanno accettato di candidarsi solo in virtà di un rapporto di stima per la sua persona. La sua lista, Il passo possibile, ha ottenuto l’8.57% delle preferenze ed è stata la terza più votata dopo Pd e Forza Italia.
Anche l’uscita di Emanuela Iorio e quella di Antonio Nardantonio sono due segnali forti. La Iorio era stata la candidata più votata nelle fila dei democratici (650 preferenze) mentre Nardantonio - presidente, tra le altre cose, degli Usi civici di Preturo - il terzo (450 preferenze).
Di Benedetto: "Decisione non contro il Pd". Ma Iorio critica la segreteria del partito
"Si tratta di una decisione meditatata a lungo e non dettata da rancore o voglia di rivalsa" ha spiegato Di Benedetto "Non nutro sentimenti negativi verso nessuno. Ma dopo un anno provavo un sentimento di difficoltà interiore e la mia capacità di sopportazione, che pure è alta, era finita. Si stava affievolendo il nostro entusiasmo e quando ciò accade non si può lavorare bene. Non vogliamo additare nessuno né accusare il Pd. Ma la linea politica che il partito ha oggi non mette d'accordo tutti ed eravamo arrivati a un punto in cui nessuno era più utile all'altro".
Non saranno accuse, ma le parole pronunciate da Di Benedetto nei confronti del Pd non sono nemmeno zuccherini.
Emanuela Iorio, invece, ha posto un problema politico, parlando di un "gruppo dirigente che non riesce a trovare una lingua unitaria e degli argomenti concreti per comunicare con le persone e che non sente la necessità di condividere all'interno del partito quello che accade. Sulla vicenda degli uffici regionali" ha aggiunto la Iorio "ho visto abdicare il mio partito alle finzioni della politica e questo mi ha persuaso ad abbandonare una casa che per me aveva ancora nelle potenzialità ma che aveva ormai anche troppe crepe. In consiglio ho fatto il mio dovere difendendo con la mia presenza la mia dignità e quella della città. I chiarimenti che avvengono a cose ormai accadute, specie dopo mesi di silenzio, non servono. Vogliamo fare un'altra opposizione, più sensibile ai bisogni dei cittaidni. Vogliamo un centrosinistra più vicino ai problemi della gente, meno legato alle funzioni politiche. Il Passo possibilie è un gruppo dinamico, inclusivo: sono sicuro che saprà lavorare bene".
Anche Di Benedetto non ha lesinato critiche al gruppo dirigente, sebbene sempre secondo il suo modo tranquillo e ragionevole: "All'interno del partito c'è stata un'interlocuzione, ci sono stati eventi e confronti interni che ci hanno fatto capire che era meglio agire da fronti diversi ma complementari piuttosto checontinuare a dividersi quotidianamente. Questa nostra iniziativa, paradossalmente, non indebolirà ma rafforzerà il Pd. Noi vogliamo fare un'altra proposta, complementare, non antitetica, iniziando dal ricoprire gli spazi di ascolto che oggi in città mancano. Non si può gioire se qualcosa fallisce o va male solo perché così ci si può riaccreditare agli occhi della città. Le problematiche non vanno esaltate ma risolte".
L'ex presidente della Gsa qualche sassolino nella scarpa da togliersi ce l'ha eccome: "Per un anno, dopo le elezioni, sono stato disciplinato e obbediente, ho fatto tutto quello che mi è stato chiesto di fare. Avremmo potuto ottenere tutto, aprire una violenta contrapposizione interna, ma non avrebbe giovato a nessuno. Mi dispiace per questo epilogo, entrai nel Pd quando ero ancora sindaco di Acciano, portando nel partito, credo, un arricchimento, per quanto piccolo possa essere stato. E anche quando ho perso le primarie sono sempre rimasto leale, votando per chi mi aveva sconfitto".
Anche il giudizio su ciò che il partito è diventato, sia a livello regionale che nazionale, è poco lusinghiero: "Vedevo nel Pd un partito moderno, inclusivo, proiettato nel futuro. Prendo atto che non è stato così. Ringrazio quelli che mi hanno dimostrato affetto e vicinanza, la politica è diventata troppo arida, ha messo da parte i sentimenti che per me invece sono la cosa più importante. Quanto al Pd regionale, in questo momento il partito è sospeso, come dimostra il fatto che non è ancora stata convocata una direzione per parlare della sconfitta lacerante che c'è stata il 4 marzo".
Perché, è stata la domanda rivolta a Di Benedetto dai giornalisti presenti in conferenza stampa, se malcontento e malessere covavano già da tempo, la scelta di andarsene è maturata proprio adesso?
E quanto hanno pesato gli strascichi, le illazioni, i sospetti su una sconfitta, quella alle amministrative dello scorso anno, arrivata in maniera clamorosa proprio quando sembrava che la vittoria fosse già in cassaforte?
"La tempistica è quella giusta invece" ha ribattuto Di Benedetto "Se me ne fossi andato prima delle primarie, non sarei stato corretto nei confronti delle regole imposte dal mio partito, le cui direttive ho sempre rispettato. Certo, ci siamo lacerati e questa lotta intestina ha disperso un patrimonio. Se avessi lasciato dopo le elezioni, avrei dato l'impressione di non voler accettare il risultato o di voler addossare a qualcun altro le colpe della sconfitta. Le elezioni, invece, le ho perse io, la colpa è mia. Non mi chiedo perché la città non mi abbia votato, ma dove ho sbagliato io a non convincere gli elettori sul fatto che la nostra proposta di governo poteva essere giusta, credibile, seria e di qualità".
Quanto al Passo possibile, Di Benedetto, che si è dimesso da presidente della commissione Garanzia e Controllo, ha assicurato che resterà un movimento civico aperto, anche se l'intenzione è quella di dargli una struttura e un radicamento più solidi a livello territoriale. A breve, ha annunciato il coordinatore Fabrizio Ciccarelli, verrà aperta anche una sede in centro.
Quanto alle appartenze, il perimetro di riferimento rimarrà sempre quello del centrosinistra, ammesso che questo termine abbia ancora un singificato: "Parlare di centrosinistra oggi è difficile perché ci sono esigenze che vanno oltre le parti" ha osservato Di Benedetto "Ognuno di noi ha, intimamente, un pensiero politico. Il mio è sempre stato di centrosinistra, sebbene di una parte più moderata, europeista e liberale".
E a chi mormora che i tre siano già pronti a correre in soccorso di Biondi qualora dovesse scattare l'anatra zoppa (la sentenza del Tar arriverà a fine mese) e il primo cittadino dovesse ritrovarsi senza più maggioranza, Di Benedetto nega qualsiasi tentazione "inciucista" così come esclude, per il momento, saldature con altre liste civiche in vista delle elezioni regionali: "Non è assolutamente in discussione un aspetto utilitaristico o consociativistico in questa nostra scelta, se andremo in soccoso di qualcuno quel qualcuno sarà la città. Se poi la nostra forza dovrà affrontare una prova di resistenza, lo vedremo. L'ultima cosa di cui ho voglia è gettarmi in un'altra campagna elettorale, anche perché non necessariamente ci si deve candidare per essere a disposizione".
Non si sa ancora quali ripercussioni questa mini scissione avrà all'interno del Pd, se ci sono altri dibenedettiani pronti a fare le valigie.
Certo è che alla conferenza stampa che si è tenuta a Palazzo Fibbioni c'erano anche diversi iscritti al Pd.
La scelta della location non è stata per nietne casuale, come ha voluto rimarcare Paolo Romano, capogruppo del Passo possibile: "E' la prima volta, dopo un anno, che un gruppo della minoranza fa una conferenza stampa qui: era ora che entrasse una luce diversa in un palazzo che che dovrebbe essere la casa di tutti i cittadini e che invece vive un po' troppo di grigiore ed è diventato la roccaforte della maggioranza. Sono molto soddisfatto per questi ingressi, che stanno a dimostrare la bontà di un progetto partito dalla campagna elettorale e che stiamo portando avanti in consiglio attraverso un lavoro sempre inclusivo e mai preclusivo e un'opposizione fatta sempre sul controllo degli atti e su un lavoro di ascolto e sintesi".
La nota del Pd