Martedì, 21 Agosto 2018 13:16

Regionali: intorno alla data del voto si sta giocando una partita politica

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"Salvaguardare e tutelare l'equilibrio e la tenuta non solo giuridica ma anche democratica degli assetti politici della Regione Abruzzo poiché attori istituzionali, a cui sono demandate determinate decisioni, potrebbero non agire con la dovuta imparzialità ed estraneità sulla data nella quale dovranno essere svolte le elezioni per la scelta del nuovo Presidente della Regione Abruzzo e del Consiglio Regionale".

E' la sintesi dell'appello che il consigliere regionale di Forza Italia Mauro Febbo ha messo nero su bianco in una lettera inviata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dove spiega come "sia inderogabile e indifferibile fissare immediatamente la data del rinnovo del Consiglio regionale tra il 25 novembre e il 2 dicembre prossimo. Lo statuto della Regione Abruzzo, la legge elettorale ed il regolamento interno per i lavori del Consiglio sono assolutamente chiari ed inequivocabili sul punto - ha sottolineato Febbo - come d'altronde chiarisce anche la Corte costituzionale (sentenza 196/2003) ed il Consiglio di Stato".

Una presa di posizione che segue, di qualche giorno, l'affondo della consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, Sara Marcozzi, che aveva parlato di "sequestro istituzionale".

"Si è arrivati alle dimissioni del presidente Luciano D'Alfonso in notevole, ingiustificato e voluto ritardo", ha inteso ribadire Febbo; "il Presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio ha firmato il Decreto di scioglimento solo il 16 agosto, quando poteva farlo già il 13 o 14, per poi giustificare la sua pubblicazione sul BURA per domani, 22 Agosto. Si tratta di miseri e infimi escamotage per far passare l'interpretazione, esclusivamente della maggioranza, dei 120 giorni per lo scioglimento del Consiglio e arrivare così al 22 dicembre, per far slittare le elezioni a marzo", ha aggiunto il consigliere regionale azzurro.

In effetti, sarebbe facile per la maggioranza di centrosinistra giustificare lo slittamento: a Natale non si può votare, ed a gennaio e febbraio neppure considerato che in Abruzzo ci sono più di 100 comuni montani oltre gli 800 metri e ci sarebbe il rischio di una scarsa affluenza per le avverse condizioni metereologiche. "Ci troviamo dinanzi ad una ignobile e scandalosa sveltina senza precedenti", l'affondo di Febbo.

Quindi – si legge nella missiva inviata a Mattarella – qualsiasi "forzatura" interpretativa intrapresa "emanerebbe un acre odore che inevitabilmente ognuno di noi potrebbe ricondurre quasi automaticamente, per non dire naturalmente, a considerazioni legittimamente collegate alle vicende descritte negli ultimi due mesi da diversi articoli giornalistici e da noi ampiamente anticipate. Per essere ancora più chiari – ha proseguito Febbo – i giochetti del Partito democratico e dell'attuale maggioranza sono chiari e sotto gli occhi di tutti, hanno lo scopo di prendere tempo per organizzarsi dal punto di vista elettorale e di reperire o sbloccare la disponibilità di singoli individui a candidarsi".

Chiaro il riferimento a Giovanni Legnini, possibile candidato governatore del centrosinistra, che terminerà il suo mandato da vice presidente del Consiglio superiore della magistratiura il 24 settembre prossimo. "È tanto il malessere che il Partito Democratico percepisce nei propri confronti e di questo Esecutivo regionale che ha necessità di guadagnare ulteriormente tempo utile e magari mentire su una candidatura che difficilmente ci sarà perché, ad oggi, è in forte difficoltà finanche a formare le liste con il proprio simbolo, tant'è che preannuncia civiche. Una sceneggiata – ha concluso Febbo - che non salverà il PD abruzzese dall'arrivare terza (con o senza Legnini) alle prossime elezioni regionali ma che produrrà solo ulteriore avvelenamento al clima istituzionale ed elettorale".

Di qui, l'appello al Presidente Mattarella.

Ora, è evidente come la campagna elettorale sia già iniziata e, in questo senso, l'atteggiamento del Movimento 5 Stelle e del centrodestra è assolutamente comprensibile: sfruttare l'incertezza del momento, mettere con le spalle al muro il vice presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli e il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio premendo pubblicamente affinché si torni alle urne in 90 giorni, evocando "sequestri istituzionali" e "forzature interpretative" delle norme. Tuttavia, è altrettanto evidente come, in realtà, ci sia la diffusa convinzione che sarà difficile tornare alle urne in tempi così brevi e, d'altra parte, a microfoni spenti, sia i pentastellati che le forze di centrodestra non hanno alcun interesse a votare in anticipo, anzi. 

Partiamo col dire che c'è una questione che attiene alla garanzia di coloro che intendano concorrere all'elezione a consigliere regionale: in effetti, c'è da assicurare a tutti, a sindaci ed esponenti istituzionali a vario titolo, la possibilità di candidatura; ecco il motivo per cui una lettura approfondita delle diverse norme potrebbe consigliare di fissare le elezioni in 120 giorni, e non 90, anche per mettere al riparo l'Ente da possibili ricorsi. Così fosse, si arriverebbe a ridosso del Natale, come ha sottolineato Febbo, con le elezioni che slitterebbero inevitabilmente al 2019; e qui, si apre un'altra questione che attiene, stavolta, a ragionamenti di ordine economico: il ritorno alle urne costerebbe alle casse dell'Ente tra i 6 e gli 8 milioni di euro e, dunque, per garantire un risparmio agli abruzzesi, si potrebbe chiedere al Governo di accorpare le regionali con le europee.

Dunque, arriviamo alle considerazioni politiche: siamo sicuri che al centrosinistra converebbe allungare così tanto i tempi, col rischio di ritrovarsi con le urne aperte in concomitanza delle Europee? E' chiaro che il vento nazionale che spira nelle vele di Movimento 5 Stelle e Lega, in particolare, potrebbe influire, ancor più pesantemente, sul risultato elettorale di una coalizione progressista che, al contrario, con un voto puramente regionale, laddove incidono, anche, logiche localistiche, potrebbe sperare di ottenere un risultato migliore. Di contro, ai pentastellati e alle forze di centrodestra farebbe piuttosto comodo poter sfruttare il traino del voto europeo, che è un voto d'opinione evidentemente. 

Non solo. 

Se il centrodestra abruzzese è ancora alle prese con le beghe tra i diversi partiti, lo scontro tra Forza Italia e Lega è di quache giorno fa, ed è scolpito nella memoria il disastro che la coalizione ha combinato a Teramo, a partita elettorale già vinta, il Movimento Cinque stelle non se la passa affatto meglio: sebbene si sia tentato in ogni modo di ridimensionare la vicenda, la sospensione delle 'Regionarie' - senza spiegazioni e senza l'indizione di una nuova data per il voto - sta lasciando strascichi pesanti, anche nella percezione dell'opionione pubblica, e le fratture non sono state ancora ricomposte, anzi.

Per questi motivi, tornare alle urne tra ottobre e novembre - come pure viene richiesto a gran voce, almeno pubblicamente - non converrebbe affatto né al centrodestra né ai pentastellati; conviene, invece, lasciare il cerino in mano al centrosinistra che si trova in una situazione davvero difficile da gestire, per vari motivi, eredità delle scelte dissennate di Luciano D'Alfonso che, come non bastasse, ha pure evocato le primarie, a mettere i bastoni tra le ruota al difficile lavoro di ricomposizione che si sta tentando intorno alla candidatura di Giovanni Legnini. 

L'ultimo regalo di un presidente che ha lasciato il Partito democratico ai minimi storici di gradimento.

 

 

Ultima modifica il Mercoledì, 22 Agosto 2018 01:56

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