Mercoledì, 05 Settembre 2018 22:55

Zingaretti a L'Aquila: "PD deve rifondarsi su crescita ed equità"

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Era stato presentato come un dibattito incentrato sui rapporti tra L’Aquila e Roma, per discutere delle prospettive strategiche di alleanza tra Abruzzo e Lazio. In realtà, Nicola Zingaretti – arrivato in città nel tardo pomeriggio, accolto da decine di militanti ed esponenti dem che hanno affollato la sala Rivera di Palazzo Fibbioni – ha disegnato la traiettoria di rilancio del partito che ha in mente e, stando all’entusiasmo che l’ha accolto, e alla presenza dei più influenti esponenti del Pd, ha ricevuto una sorta di investitura in vista del congresso nazionale che vedrà il governatore del Lazio sfidare la corrente renziana.

Intorno al tavolo, il segretario comunale Stefano Albano, il presidente facente funzione della Giunta regionale Giovanni Lolli, il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, la deputata Stefania Pezzopane, che pare aver preso le distanze dall’ex segretario e Presidente del Consiglio, e la presidente del TSA, Annalisa De Simone; in platea, l’ex sindaco dell’Aquila Massimo Cialente, il capogruppo dem in Consiglio comunale Stefano Palumbo, alcuni esponenti dell’esecutivo cittadino, il segretario provinciale Francesco Piacente, il presidente dell'assemblea provinciale Pietro Di Stefano, diversi sindaci del cratere – un breve intervento è stato affidato a Marco Giusti e Giacomo Carnicelli, c'erano anche Francesco Di Paolo e Silvano Cappelli – oltre a rappresentanti di Articolo 1, in particolare Fabio Ranieri e Giustino Masciocco, e del Passo Possibile, era presente il capogruppo Paolo Romano

“La domanda che ci stiamo ponendo tutti, dopo la sconfitta del 4 marzo scorso, è drammatica eppure semplicissima: ce la possiamo fare? Non è una domanda retorica: la portata della sconfitta è stata terribile, e sta portando milioni di simpatizzanti, tanti militanti a dare una risposta non positiva. Se vogliamo costruire riscatto dobbiamo ripartire da qui”, ha chiarito Zingaretti. “Ce la possiamo fare? Con molta franchezza, credo proprio di sì: dobbiamo voltare pagina però, insieme, e rimetterci in cammino”.

Pur non nominandolo mai, il governatore di Regione Lazio prova a ‘disegnare’ un partito alternativo a quello forgiato da Matteo Renzi. “Dobbiamo ricostruire una cultura dello stare insieme. Abbiamo bisogno di avere fiducia uno nell’altro, di ritrovare le forme per discutere e non litigare. Dobbiamo imparare a fare una cosa semplice e rivoluzionaria: ascoltarci. Il diritto di parola va a braccetto col dovere di ascoltare e, fatemelo dire, bisognerebbe tornare a provare l’ebbrezza di cambiare idea se quella degli altri è migliore della nostra”.

Più chiaro di così.

Zingaretti insiste: “ce la possiamo fare”, ribadisce tra gli applausi, “ma soltanto se troviamo il coraggio di andare fino in fondo al problema; non possiamo continuare a denunciare solo le idee eversive di questa destra, che sono eversive: dobbiamo chiederci il motivo per cui gli italiani condividano le idee eversive di Salvini. E lo dico chiaro, per sgomberare il campo da equivoci: dobbiamo chiederci cosa è successo in questo Paese negli ultimi decenni, non negli ultimi 4 o 5 anni, cosa è successo alla sinistra italiana ed europea. Altrimenti, diventiamo funzionali a chi sta portando l’Italia ad una pericolosa deriva”.

Il governatore del Lazio mette sul piatto due dati, il primo politico e l’altro sociale, che restituiscono un “quadro d’insieme devastante: dal 2008 ad oggi, il Pd ha lasciato per strada 6 milioni e mezzo di voti; abbiamo perso il referendum, poi le amministrative, ancora le politiche e di nuovo le amministrative, vivendo un declino che sembra inarrestabile. D’altra parte, in questo decennio in Italia si è registrato il più drammatico crollo della quantità di ricchezza prodotta e, allo stesso tempo, il più grande incremento di disuguaglianza tra i grandi paesi Europei. E la disuguaglianza non sta soltanto nella differenza di reddito, piuttosto attiene all’improvviso stravolgimento nella vita di milioni di individui, nella loro condizione umana, di salario e di prospettiva. Così, tra le persone è cresciuta la percezione della solitudine”. Zingaretti lo dice chiaramente: la storia dei riformismi italiani ha sempre avuto, come anima e come senso, la riduzione delle distanze tra chi ha e chi non ha, la riduzione della condizione di disuguaglianza tra gli individui. “E’ questa la storia della sinistra. Purtroppo, paghiamo in modo devastante il malessere crescente che si è diffuso tra i nostri simpatizzanti, un malessere che ha determinato paura: in quel momento, noi non ci siamo stati. E lì è esplosa la rabbia”.

A valle, l’effetto è presto detto: quando la politica non risolve i problemi, l’antipolitica può “giocare le sue carte, rappresentando il malessere, denunciandolo, utilizzandolo, strumentalizzandolo”.

In questo decennio, “il nostro pensiero politico ha vissuto i processi di globalizzazione illudendosi che fosse sufficiente accompagnare l’economia piuttosto che preoccuparsi di come l’innovazione potesse essere messa al servizio del riscatto umano”, l’affondo. Ecco perché “non c’è nulla di più moderno che aprire una grande sfida culturale per capire come il futuro si possa ridisegnare all’insegna di una missione etica”.

zingaretti2E’ il cuore del progetto politico di Nicola Zingaretti.

“Dobbiamo costruire in fretta una alternativa, non dobbiamo illuderci: se questa maggioranza di Governo fallisce, non è detto, e non è vero, che l’elettorato deluso tornerà a guardare verso di noi”. E l’esecutivo giallo-verde fallirà, il Presidente di Regione Lazio ne è convinto: “Questa maggioranza vive al suo interno almeno tre contraddizioni; innanzitutto, è tenuta insieme da un programma irrealizzabile - in fondo, è la somma di due programmi - lo hanno capito, cominciano a dirlo, è evidente come il ‘contratto’ di Governo non abbia un’anima. Ed infatti, l’unica azione di governo a memoria è la vicenda degli immigrati. Inoltre, verrà fuori la contrapposizione tra le risposte che si vorrebbero dare ai problemi, su pensioni, reddito minimo, tasse, infrastrutture, sul rapporto con i privati: il contratto non produce leggi, non ci sono, perché le visioni sono diametralmente opposte. E poi, c’è un ulteriore elemento di crisi: la forza egemone di Salvini ha scelto quella collocazione non per attuare il ‘contratto’ di governo ma per lanciare una grande sfida di leadership sul paese, per divorare noi e chi oggi gli permette di farlo. Questo è un governo di destra con una maggioranza parlamentare del Movimento 5 Stelle, che è altra cosa rispetto alla destra: ed oggi, i pentastellati sono complici e vittime, allo stesso tempo, dell’azione di governo”.

Contraddizioni che pagherà l’Italia, che pagheremo tutti noi, “e dobbiamo denunciarlo con forza. Attenzione, però”, avverte Zingaretti: “Salvini si sta preparando all’atto secondo del populismo, non ammettere le colpe ma indicare nelle istituzioni repubblicane ed europee le responsabilità del fallimento dell’azione di governo aprendo, così, uno scontro che ha come cuore la stessa democrazia liberale. Hanno già iniziato. Ecco perché sono convinto che ce la possiamo fare, a patto che inneschiamo una marcia che ci permetta di dare la percezione che abbiamo capito e che siamo davvero utili: quando arriverà, e arriverà, il momento della rottura, dobbiamo presentarci agli italiani con un progetto politico credibile”.

Lo ripete tre volte, Zingaretti: “credibile, credibile, credibile. Il congresso, che auspico unitario, dovrà servire proprio a questo: dobbiamo chiamare l’Italia a scrivere un nuovo manifesto economico e culturale fondato su due parole: crescita ed equità”.

Così, il governatore arriva alla radice culturale delle divisioni che hanno lacerato il Pd, tra chi si è illuso che il tema fosse solo quello di produrre ricchezza e chi, d’altra parte, si è posto semplicemente come soggetto della solidarietà. "Ma non c’è ricchezza senza solidarietà, e viceversa. Quando ci incontreranno per strada, dovranno sapere che i democratici italiani sono quelli che vogliono crescere e non si vergognano di dire che quella crescita va redistribuita in maniera equa”.

Questo è il punto. “E su questo dobbiamo cimentarci, su crescita ed equità, che dovranno essere il nostro manifesto culturale”.

Ultima modifica il Giovedì, 06 Settembre 2018 14:48

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