Sabato, 10 Novembre 2018 11:55

Regionali, insistenti le voci su rinvio a maggio. Centrodestra nel limbo, in attesa dell'investitura di Marsilio. Centrosinistra 'appeso' a Legnini

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Si fanno di giorno in giorno più insistenti le voci che vorrebbero uno slittamento delle elezioni regionali, dal 10 febbraio - così come deciso dal presidente vicario di Regione Abruzzo Giovanni Lolli, di concerto col Presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazione e con la presidente della Corte d'Appello Fabrizia Ida Francabandera - al mese di maggio, con l'accorpamento delle regionali alle consultazioni Europee. 

A pensare al rinvio è la Lega, col ministro degli Interni Matteo Salvini che, sfruttando l'argomento del risparmio economico, potrebbe forzare la mano, così da valutare gli accadimenti politici di qui alla fine dell'anno, con la Legge di Bilancio all'attenzione dell'Europa e i possibili rischi per la tenuta economica del paese in caso di procedura d'infrazione. Salvini non ha abbandonato l'idea di lanciare un progetto 'sovranista', dovessero rompersi gli equilibri con l'alleato di governo, ed è chiaro che il traino delle Europee, in questo senso, darebbe via libera alla Lega per provare a prendersi le Regioni. 

D'altra parte un rinvio non dispiacerebbe a nessuno, stante la situazione di impasse, nel centrodestra come nel centrosinistra. 

Qui centrodestra. Sul tavolo resta la triade di nomi indicata da Fratelli d'Italia, ma le segreterie nazionali dei partiti tradizionali, il movimento di Giorgia Meloni, Forza Italia e Lega non si è ancora riunito. Tra un veto e l'altro, un affondo e una carezza, la realtà è che il candidato forte di FdI è Marco Marsilio, e non è un caso che il senatore romano, di genitori abruzzesi, si stia muovendo con decisione sul territorio; di ieri, la visita al carcere di Sulmona ed al Tribunale della città peligna che, dal 2020, dovrebbe essere dismesso. Qualche giorno prima, Marsilio aveva pubblicato un video su Facebook denunciando i rischi di un trasferimento del terminal bus da Tiburtina ad Anagnina. Si attende l'investitura ufficiale: guarda il caso, però, sebbene Giorgia Meloni abbia chiesto un vertice nazionale già due settimane fa, risposte non sono arrivate e, dunque, si resta in una sorta di limbo che sta logorando la tenuta della coalizione. 

Intanto, Fabrizio Di Stefano tira dritto per la sua strada: lunedì mattina terrà una conferenza stampa a L'Aquila e potrebbe arrivare l'annuncio di una candidatura di 'rottura', fuori dalla coalizione partitica, con la speranza che, non dovesse trovarsi un punto di caduta, il centrodestra possa confluire sul percorso che l'ex parlamentare ha disegnato con le 'Civiche d'Abruzzo'. Un perimetro che va allargandosi, se è vero che, in queste ore, è stato presentato il progetto 'Avanti Abruzzo', lanciato da Daniele Toto e che raccoglie anche i socialisti che fanno riferimento a Giorgio D'Ambrosio, l'Italia dei Valori del segretario Lelio De Santis e l'ex sindaco di Avezzano Gianni Di Pangrazio, pezzi del 'fu' centrosinistra che hanno deciso di fare il grande salto. 

E se il coordinatore regionale della Lega Giuseppe Bellachioma ha invitato all'unità - "con molta sincerità dico che Di Stefano è uno de politici più esperti, capaci e credibili che abbia l'Abruzzo, ma credo che un centrodestra diviso consegnerebbe la nostra regione non tanto ai Cinque Stelle, che rappresentano una forza comunque di tutto rispetto, ma al Partito Democratico" - d'altra parte ha ribadito le sue perplessità sulla terna indicata da Fratelli d'Italia, "ognuno ha le sue criticità"; un punto di vista condiviso dal coordinatore di Forza Italia, Nazario Pagano: "il centrodestra ha bisogno di un candidato presidente che deve essere non solo condiviso, ma altresì autorevole e soprattutto capace di apportare un valore aggiunto alla coalizione. Su questo profilo devono convergere indicazioni e scelte". 

Insomma, sebbene si stia tentando di gettare acqua sul fuoco, dall'Abruzzo continuano ad arrivare segnali d'insofferenza che, di certo, non aiutano il tavolo romano a trovare una quadra. Se la si sta cercando, ovviamente.

Qui centrosinistra. Sul fronte della possibile coalizione progressista, si attende che Giovanni Legnini possa sciogliere i nodi a giorni. Nella lettera inviata al Messaggero, l'ex vice presidente del Csm ha ribadito di essere pronto a candidarsi ma "soltanto per un progetto nuovo e plurale".

In altre parole, Legnini non vuole presentarsi come "il capo della coalizione uscente di centrosinistra". Si sta lavorando ad un'alleanza tra progressisti e liberali, "capace di coltivare i valori del lavoro e dell'innovazione, della solidarietà e della legalità. Solo se arriveranno tante risposte da altre personalità abruzzesi, donne e giovani, rappresentanti del mondo del lavoro, dell'impresa, delle professioni e della cultura, mi deciderò a fare un passo che non era nei miei propositi e progetti di vita", ha avvertito Legnini. 

Di certo, le condizioni politiche non paiono favorevoli, anzi; in particolare, le fratture mai sanate in seno al Pd regionale potrebbero creare più di un problema e le recenti elezioni provinciali, in questo senso, hanno offerto un quadro piuttosto desolante. Sebbene il centrosinistra avesse i numeri per eleggere i presidenti nel pescarese e nel teramano, ad imporsi è stato il centrodestra e proprio per la litigiosità dei democratici.

Donato Di Matteo, tra gli artefici della spaccatura a Pescara, ha spiegato che sarà della partita a patto che si segni una totale discontinuità con la Giunta D'Alfonso: "guardo con attenzione ai possibili alleati in questo viaggio: se c'è un pericolo per Legnini, che è un mio grande amico, lavorerò affinché non venga mischiato in una storia che ha come prospettiva la sconfitta". E ha poi aggiunto, per chiarire le sue parole: "starò accanto a Legnini solo se non ci saranno uomini pronti ad affondarlo, figli della mala politica che ha generato un governo regionale che ha fatto un vero disastro sul territorio"; parole condivise da Andrea Gerosolimo che ha chiesto "discontinuità e serietà". 

Situazione ancora più calda nel teramano. Il sindaco di Crognaleto Giuseppe D'Alonzo, candidato sconfitto alle provinciali, si è autosospeso dal partito trovando sponda nei consiglieri regionali uscenti Sandro Mariani e Luciano Monticelli che hanno denunciato di tradimento la frangia dem che fa capo all'assessore Dino Pepe e all'ex deputato Tommaso Ginoble. D'Alonzo ha annunciato la nascita di "un nuovo contenitore politico d'ispirazione civica" col Pd che si ritroverebbe spaccato. 

Non proprio il modo giusto per rispondere all'appello di Legnini. 

Ultima modifica il Sabato, 10 Novembre 2018 17:39

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