Martedì, 12 Febbraio 2019 15:21

Regionali, Di Maio in silenzio dopo il flop del M5S: base in rivolta

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Quasi due giorni interi in silenzio, fuori dalla scena pubblica: nessun post sui social, nessuna dichiarazione ufficiale.

Luigi Di Maio dopo il crollo M5S in Abruzzo ha consegnato alcune considerazioni al Corriere della Sera ma ha scelto, in maniera per lui inusuale, di uscire dai radar. Un'assenza che sarà interrotta, a quanto si apprende da fonti di governo, dalla partecipazione al tavolo sui 'navigator' con le Regioni, in programma alle 15.30 al ministero.

Di Maio domenica ha trascorso la notte elettorale a Milano, dove si è fermato anche nella giornata di ieri, in contatto con Davide Casaleggio e lo staff. In serata ha fatto rientro a Roma ed è a Palazzo Chigi quando il vertice di maggioranza con Giuseppe Conte e Matteo Salvini viene rinviato. Ha deciso poi di disertare, stamane, quello stesso vertice: è nei suoi uffici al ministero, fanno sapere i suoi.

Un silenzio che racconta meglio di tante parole la tensione che si respira in seno al Movimento; d'altra parte, la disfatta dei pentastellati in Abruzzo è andata oltre le peggiori previsioni, col Movimento che, in termini percentuale, ha dimezzato i voti rispetto alle politiche del 4 marzo scorso, andando persino peggio che alle regionali del 2014. C'è chi avrebbe già chiesto la convocazione di una assemblea, chi ha detto basta ai "verticismi, basta essere trattati da pigiabottoni" come il deputato abruzzese Andrea Colletti.

A poco serve il tentativo di gettare acqua sul fuoco. "Cinque anni fa in Abruzzo si votò alle europee e alle regionali contemporaneamente - ha tentato di sostenere il sottosegretario M5S Mattia Fantinati - alle prime prendemmo il 30 per cento, alle seconde il 21. Tante cose pesano per questa differenza, a partire dal sistema elettorale regionale. Se si mettono 10 liste tutte insieme contro di noi sarà sempre molto difficile vincere". I parlamentari semplici avrebbero chiesto a gran voce una struttura che si occupi dei territori non in modo episodico: "Ma il capo politico è in grado di occuparsi del Movimento mentre segue due ministeri e Palazzo Chigi?", la domanda. La risposta implicita è no.

Ma la questione è squisitamente politica, e attiene anche, e soprattutto, all'attività di governo e al rapporto con la Lega. "Tradire la propria identità non paga", si è sfogata la senatrice Elena Fattori. "Di Battista è stato usato male", ha aggiunto Paola Nugnes. Il deputato Davide Galantino ha affondato il colpo: "Gli elettori vogliono vedere i fatti. Le star andavano bene all'opposizione". E l'onorevole siciliano Giorgio Trizzino si è lasciato andare ad un'analisi impietosa: "La Lega ha puntato scientificamente, fin dal primo momento, a indebolire ideologicamente e politicamente il Movimento, con il chiaro obiettivo di usarlo fino in fondo prima di gettarlo via".

Come era già accaduto in campagna elettorale, con Di Maio che aveva aperto un fronte con Salvini sulla Tav, Danilo Toninelli ha provato a lanciare la palla in avanti pubblicando in mattinata l'analisi costi-benefici sull'alta velocità Torino-Lione che da ieri è in mano ai due vicepremier.

I 5 stelle proveranno a ripartire dal no all'opera per frenare il ribaltamento dei rapporti di forza all'interno del governo. Tuttavia, uno dei componenti della commissione, da sempre favorevole all'opera, avrebbe redatto una "relazione di minoranza" che dovrebbe essere allegata all'analisi e su cui Matteo Salvini cercherà senz'altro di fare leva.

Per discutere della Tav, e non solo, era stato convocato il vertice tra Giuseppe Conte e i suoi vice già ieri notte. Saltato alle dieci e mezzo di sera. Senza un perché.

Ultima modifica il Martedì, 12 Febbraio 2019 16:01

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