Venerdì, 09 Maggio 2014 15:46

Panico in maggioranza sul Gran Sasso. Lolli attacca, rischio ricorso al Tar

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Come scrivevamo ieri, intorno allo sviluppo del Gran Sasso è in corso una dura battaglia politica, a colpi di incontri pubblici e comunicati stampa. Da un lato, l'amministrazione Cialente ha già approvato da tempo il piano industriale per lo sviluppo della montagna aquilana, che prevede – come priorità – il rifacimento dell'impianto Le Fontari a Campo Imperatore. Dall'altro, prendendo spunto da un incontro pubblico organizzato da alcune associazioni ambientaliste abruzzesi sabato scorso, Rifondazione Comunista – per bocca del suo numero uno regionale Maurizio Acerbo e del consigliere comunale Enrico Perilli – ha contestato il piano, promettendo battaglia e appoggiando le associazioni che si oppongono a quella che chiamano "cementificazione del Gran Sasso".

C'è però un piccolo ma importante dettaglio aggiuntivo: Rifondazione Comunista è con Cialente da ben due legislature, ed esprime un consigliere di maggioranza e persino un assessore in giunta. Il fatto che tra quindici giorni si voti per il rinnovo del consiglio regionale e, soprattutto, che i partiti di Cialente e di Perilli siano competitors elettorali e appoggino due candidati governatori alternativi tra loro (D'Alfonso e Acerbo) può spiegare, almeno in parte, la confusione che regna nella maggioranza al governo della città in questi giorni.

Dopo il botta e risposta tra Pietrucci e Perilli, sul quale sono intervenuti anche Cialente, Acerbo e Di Stefano, oggi il dirigente del Partito Democratico Giovanni Lolli ha tenuto una conferenza stampa per dire la sua sullo sviluppo della montagna di cui è un noto frequentatore.

La questione del tanto sbandierato sviluppo del Gran Sasso è estremamente complessa ed è, prima di tutto, legata alla sostenibilità economica degli attuali impianti di Campo Imperatore. La Funivia di Fonte Cerreto può sostenere, al massimo del suo (potenziale) sforzo, circa 2500 persone al giorno. Una cifra troppo bassa per essere appetibile agli occhi e al portafoglio di un eventuale investitore privato. Un raggio d'azione così limitato da essere antieconomico per le casse del Comune dell'Aquila che, attraverso la municipalizzata del Centro Turistico del Gran Sasso (CTGS), gestisce le infrastrutture. Basti pensare che, nella stagione appena conclusa (che ha visto un flusso di persone soddisfacente, rispetto agli anni passati), il Ctgs ha incassato circa 1 milione di euro, spendendone quasi il doppio per costi cosiddetti "incomprimibili", quelli di esercizio per il personale, i carburanti etc. Come se non bastasse, c'è anche la manutenzione ordinaria e quella straordinaria come, ad esempio, il cambio delle funi della Funivia, che dovrà essere effettuato il prossimo anno, come prevede la legge.

aaa lolliE allora come è sopravvissuto il Ctgs finora? Attraverso il ripianamento dei debiti da parte del Comune. Una piaga che molte pubbliche amministrazioni devono affrontare in tutto il Paese, tanto che secondo le leggi sulla spending review del defunto governo Monti il prossimo anno le municipalizzate passeranno da 8mila a mille. Sopravviveranno solo quelle che offrono servizi essenziali alle popolazioni e che non determinano costi per i comuni. Per questo motivo l'amministrazione Cialente ha stilato, con l'approvazione del consiglio comunale, il piano industriale che porterà alla privatizzazione della gestione del Gran Sasso. Una privatizzazione della gestione, appunto, non della proprietà della montagna, che rimarrà nelle mani del Comune e della comunità.

Ma, se privatizzazione dev'essere, chi sarà il privato che investirà in strutture che garantiscono margini così bassi di guadagno, quando non addirittura perdite? Partendo da questo presupposto il Comune ha cercato e ottenuto finanziamenti da altri enti, al fine di migliorare le infrastrutture di tutta l'area e renderla appetibile all'investimento privato e allo sviluppo turistico: 5 milioni sono arrivati dalla Regione (finalizzati allo sviluppo degli impianti di Montecristo) e 15 milioni (di cui 10 già nelle casse del Comune) dal famigerato 5% del Cipe destinato alla ripartenza delle attività produttive dopo il terremoto. "Dobbiamo ammodernare gli impianti, per evitare che i privati, in cambio di una gestione del Gran Sasso che costa 40 milioni di euro di interventi, chiedano cubatura residenziale, e quindi cementificazione vera, che giustifichi l'investimento e renda redditizia l'operazione", ha ribadito oggi Lolli. L'accordo con il Ministero prevede che l'agenzia ministeriale Invitalia affitti per sei mesi il ramo d'azienda del Ctgs, traghettando il Comune verso la privatizzazione. "Invitalia non gestirà il Gran Sasso, ma ha solo il compito e le competenze per valutare la solidità finanziaria dell'investitore privato, come ha fatto con Accord Phoenix". Certo, l'esempio di Lolli non lascia dormire sonni tranquilli: come abbiamo rilevato più volte nella nostra inchiesta, Accord Phoenix è, ad oggi, un'impresa tutt'altro che solida (e trasparente) dal punto di vista finanziario, considerando che non sono noti persino i tre quarti della società.

E' proprio sulla costruzione e sullo "spostamento" degli impianti che è in corso lo scontro politico. Perilli chiede conto al Comune soprattutto sull'impianto Le Fontari, che – lascerebbe intendere il Prc – non sarebbe dentro il Piano d'Area del Gran Sasso. L'amministrazione, sull'inclusione o meno delle nuove Fontari nel Piano d'Area, ha lasciato rispondere il dirigente di partito Lolli: "Come è possibile vedere dalle carte (vedi foto a destra, ndr) – ha affermato l'ex Deputato – il nuovo impianto rientra nel territorio di competenza del Piano d'Area". Dentro il perimetro del Piano, approvato dieci anni fa, c'è la possibilità di allargare l'imbuto della Funivia, creando un'altra via di "arroccamento". Da qui anche l'idea degli impianti di Montecristo, contestati duramente dalle associazioni ambientaliste.
Montecristo, secondo Lolli e l'amministrazione, è una scelta prioritaria rispetto ad altre zone, come quella della Fossa di Paganica: "Lì andremmo davvero a cementificare – evidenzia l'esponente democrat – creando nuove strade e un piazzale. Su Montecristo tutto questo già c'è. Nella zona ci sono ben sei impianti abbandonati, completi di stazioni di partenza, di arrivo: ruderi dove sono presenti addirittura ancora le funi. Nel Piano d'Area è previsto che questi vengano smantellati e sostituiti dai nuovi”.

Le obiezioni al piano industriale di sviluppo del Gran Sasso mosse dalle associazioni ambientaliste durante l'incontro di sabato a Fonte Cerreto, e appoggiate da Rifondazione Comunista, sono state confutate da Lolli. In questo quadro di reciproche accuse di cementificazione e ostruzionismo allo sviluppo, si è trattato probabilmente dei passaggi più importanti del discorso del dirigente del Pd: "Rispetto alla prima obiezione, e cioè che ci occuperemmo solo di sci da discesa, è falso. Ci sono attività per le quali la nostra montagna è particolarmente vocata: sci alpinismo, free rider, snowboard, sci da fondo, cui bisogna aggiungere la parte estiva: escursionismo, arrampicata, biciclette e parapendio".

"Dobbiamo dialogare e trovare una soluzione – ha auspicato Lolli – ma non possiamo accettare il non potete fare niente, perché stiamo parlando del nostro futuro". Il forte timore da parte di Lolli e Cialente è un ricorso al Tar, da parte delle suddette associazioni, volte a fermare il progetto di ricostruzione de Le Fontari. Per questi ultimi impianti, infatti, i tempi sono strettissimi: bandita la gara europea, si è dovuta attivare la procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale, di competenza della Regione) perché l'impianto non verrà rifatto esattamente dov'era, ma a una distanza di circa 200 metri. Se i lavori dovessero partire a luglio, l'impianto sarebbe pronto giusto per l'apertura della nuova stagione invernale. Con un ricorso, invece, salterebbe tutto.

L'ammodernamento dell'impianto Le Fontari è stato prorogato negli ultimi anni e non è più rinviabile: "E' un impianto sbagliato – spiega Lolli – sta su un crinale esposto a tutti i venti. Inoltre non è collegato con l'impianto della Scindarella da un lato, e con la Funivia dall'altro. Questo è assurdo: il progetto prevede di spostarlo e allungarlo, per collegarlo".

Su Le Fontari si sono scatenate le polemiche di questi giorni. Perilli ha chiesto al Sindaco della sua maggioranza spiegazioni riguardo il passaggio dell'impianto sull'orto botanico di Campo Imperatore, e sulla strada che in estate porta all'Osservatorio. Lapidarie le risposte di Lolli: "Come si può vedere dalle carte, l'orto dista almeno 70 metri dal punto più vicino dell'impianto. Inoltre, non c'è posto al mondo dove gli impianti attraversino strade, in Austria persino autostrade. Non faremo neanche una casetta, non ci sarà nessuna infrastruttura residenziale e neanche un centimetro di cementificazione. La residenzialità turistica dovrà essere sviluppata nei borghi già esistenti: Aragno, Camarda, Assergi, Castel del Monte etc.".

Sull'eventuale ricorso al Tar è duro anche Massimo Cialente, intervenuto sul finale: "Se ci dovesse essere un ricorso e se questo dovesse risultare infondato, chiederemo i danni". E lo faranno anche gli operatori della montagna, alcuni dei quali presenti all'incontro.

L'azione legale da parte delle associazioni che si oppongono all'idea dell'amministrazione Cialente potrà essere scongiurato solo da una mediazione politica dentro l'amministrazione stessa: quella tra il Sindaco e Rifondazione, uno dei partiti della sua maggioranza.

Ultima modifica il Domenica, 11 Maggio 2014 01:09

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