Giuseppe Conte ha dovuto cedere: si è dovuto arrendere ai numeri che, in Senato, non ci sono e non ci sarebbero sulla relazione sullo stato della giustizia del Guardasigilli, Alfonso Bonafede; se il Governo dovesse essere sfiduciato a Palazzo Madama, per il premier sarebbe impensabile un reincarico.
Per questo, stamane Conte durante il Consiglio dei Ministri, terminato dopo appena 40 minuti, ha annunciato la sua volontà di dimettersi. I capi-delegazione al governo di M5s, Pd e Leu avrebbero subito dopo ribadito il loro sostegno al premier. A mezzogiorno Conte salirà al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Come scriviamo da giorni, il Presidente del Consiglio ha provato in ogni modo ad evitare le dimissioni; una via stretta e rischiosissima, così viene considerata dal premier che teme - a ragione - l'incertezza possa logorarlo e che la ragion di Stato possa spingere le forze di maggioranza e Italia Viva, e chissà che il perimetro non possa addirittura allargarsi, a trovare infine la sintesi su un altro profilo, magari su una personalità indicata dal Presidente della Repubblica a guidare un governo Istituzionale, di responsabilità.
Tuttavia, non ci sono alternative.
Dal momento delle dimissioni, Mattarella avvierà consultazioni lampo con tutte le forze politiche; Pd, M5S e Leu ribadiranno la fiducia nel premier uscente che, dunque, potrebbe ottenere a stretto giro il reincarico, che accetterebbe con riserva, per capire se è possibile ricostruire una maggioranza forte in Parlamento; dopodiché, scioglierà positivamene o negativamente la riserva.
E' chiaro che diventa imprescindibile ricucire con Matteo Renzi, a meno che le dimissioni non facciano uscire allo scoperto un drappello di 'responsabili' pronti a costituirsi in gruppi parlamentari di sostegno alla maggioranza giallorossa; in questo senso, Pd e M5s - puntando sulla volontà dei parlamentari 'centristi' di non tornare al voto, hanno ribadito per tutta la giornata che l'alternativa a Conte sono le urne.
Ma è chiaro che dem e pentastellati faranno di tutto per evitare il voto.
C'è un tema di responsabilità: la fine della legislatura porterebbe il paese al voto in un momento delicatissimo, in piena pandemia e con la campagna di vaccinazione in corso, e metterebbe a rischio il recovery plan e le misure di sostegno, a partire dal Decreto Ristori 5, che il Governo ha in cantiere; c'è un tema di opportunità: le elezioni potrebbero consegnare il paese alla destra sovranista che, così, potrebbe avere i numeri per eleggersi il Presidente della Repubblica.
E' su questo che ha scommesso Renzi aprendo la crisi, è ciò che teme Conte, appunto: Italia viva proverà ad alzare il tiro, per rientrare in maggioranza da una posizione di forza; si facesse impraticabile la strada dell'accordo però, e i numeri dovessero restare 'ballerini' in Senato, non si potrebbe certo escludere una convergenza delle forze che hanno sostenuto il 'Conte bis', magari aperte ai moderati di centrodestra, su un governo di responsabilità guidato da un altro premier. A quel punto, diventerebbe determinante la posizione del M5s che, da una parte, tiene il punto chiudendo a Renzi e ribadendo il pieno a Conte, dall'altro, però, potrebbe vedere saltare i gruppi parlamentari, considerato che diversi esponenti grillini temono di non essere rieletti.
Sul tavolo resta l'ipotesi di una convergenza politica su Dario Franceschini; Mattarella, al Colle, tiene pronto il profilo istituzionale di Marta Cartabia.