"Le donne sono discriminate e retribuite meno degli uomini, ma su questi argomenti ho cercato, inutilmente, nei programmi elettorali dei quattro candidati presidenti e delle liste a loro collegate, le proposte che servissero ad indicare le soluzioni. Sui principi, almeno quelli, sono tutti d’accordo, o quasi. Sui fatti un po’ meno, visto che sono rimaste solo parole".
L'accusa è di Letizia Marinelli, consigliera di parità della Regione Abruzzo, balzata qualche mese fa agli onori della cronaca per la notte trascorsa con il presidente Gianni Chiodi nella stanza 114 di un lussuoso albergo della capitale. Stando all'inchiesta della Procura di Pescara sulla 'rimborsopoli d'Abruzzo', a spese dei contribuenti. In seguito, gli inquirenti hanno aperto un altro fascicolo d'indagine per valutare se l’incarico pubblico affidato alla Marinelli due mesi dopo quell’incontro sia stato assegnato in maniera corretta e se la selezione, alla quale hanno partecipato 22 donne, sia stata regolare.
"Alle regionali - ha spiegato Letizia Marinelli - si può esprimere una sola preferenza e va diretta nell’ambito dello schieramento che esprime il futuro presidente, senza possibilità di voto disgiunto. Purtroppo tra le tante modifiche apportate alla legge elettorale abruzzese, l’introduzione della doppia preferenza di genere è rimasta una promessa elettorale priva di risultato cosa che dimostra lo scarso interesse di tutte le forze politiche. Auspico una forte percentuale di votanti donna - ha sottolineato - nonostante nei programmi elettorali manchino proposte e considerazione in loro favore".
Parole che non sono affatto piaciute a Simona Giannangeli, candidata consigliera nella lista Un'Altra Regione che sostiene la candidatura a presidente di Maurizio Acerbo. Giannangeli non ha mancato di ricordare le responsabilità della consigliera di parità nella scellerata gestione dei fondi destinati alle attività del Centro Antiviolenza dell'Aquila. "Sono candidata nella lista regionale Un'Altra Regione con Acerbo presidente. Sono stata cofondatrice all'Aquila del Centro Antiviolenza per le Donne, all'interno del quale svolgo la funzione di consulente legale. Dal 6 aprile 2009 mi sono adoperata, affinché i tre milioni di euro contenuti nel decreto Carfagna del 2009 e destinati a sostenere la ripresa dell'attività dei centri antiviolenza danneggiati dal sisma (ossia quello dell'Aquila), fossero destinati concretamente alla corretta finalità", ha attaccato.
"Ho denunciato l'operazione di sottrazione dei fondi operata nel 2011 dall'ordinanza Chiodi che, suddividendo i tre milioni, ne destinava 1.5 alle diocesi e 1.5 alla Consigliera di Parità (Letizia Marinelli). Quest'ultima avrebbe dovuto realizzare un fantomatico Centro Poliedrico delle Donne - ricorda la candidata consigliera aquilana - pur non avendo alcuna competenza funzionale in materia, in quanto la consigliera di parità è figura istituzionalmente competente a vigilare e denunciare le discriminazioni di genere compiute in ambito di lavoro. Ho denunciato in tutte le sedi questa operazione di scippo di risorse destinate alle donne dell'Aquila, ho convocato molte conferenze stampa insieme alle donne del Centro Antiviolenza dell'Aquila e dell'Associazione Donne TerreMutate, di cui sono portavoce, per rivendicare l'attribuzione dei tre milioni di euro al Centro Antiviolenza dell'Aquila, che nonostante gli effetti del sisma non ha mai interrotto l'attività di accoglienza delle donne".
Sottolineo questi passaggi, incalza Giannangeli, "perché probabilmente sono sfuggiti a Letizia Marinelli, investita di un ruolo con il consueto metodo maschile, ruolo di conseguenza improduttivo di riflessi positivi per le donne. I tre milioni di euro non sono mai arrivati all'Aquila e noi del Centro Antiviolenza delle Donne operiamo in condizioni estremamente difficili, forse sconosciute a chi ci ha sottratto risorse fondamentali per contrastare la violenza maschile. Mi sono battuta anche per il rifinanziamento della legge regionale n. 31/2006 in materia di violenza sessuale e anche in questo caso non ci sono stati esiti positivi".
Poi, l'affondo: "Voglio sottolineare che io, insieme a tante altre donne, mi occupo da anni di violenza maschile, la denuncio fuori e dentro le aule di Tribunale, la contrasto attraverso il rafforzamento delle relazioni fra donne a partire dal riconoscimento di autorevolezza reciproco, a differenza di tante donne, oltre ovviamente che di tanti uomini, che a livello regionale e non solo, non hanno mai speso un'azione concreta ed autentica per opporsi alla violenza maschile".